Arte nei campi di prigionia - dal taccuino di disegni di Anna Felice Sobrero (prima parte)

Le immagini artistiche realizzate dai militari rinchiusi nei lager della Grande Guerra costituiscono una documentazione piuttosto rara, di assoluto interesse storico e umano. Accanto alle testimonianze scritte, permettono di cogliere il punto di vista precipuo del prigioniero sul sé, sulla propria condizione di recluso e sulle modalità adottate per sopravvivere a condizioni tanto disumane e oppressive. 

Motivi diversi, legati anzitutto alla censura e, ancora più, all’autocensura, imponevano spesso al detenuto delle limitazioni nell’utilizzo della comunicazione scritta. Qualora questi volesse esprimere contenuti di natura strettamente personale, specie se legati alla dimensione interiore o al sentire più riposto dell’animo, poteva privilegiare, avendone propensione, il disegno e la pittura. 

Riflessioni di tal genere ci vengono ispirate dalla recente scoperta, ad opera di Dario Malini, del taccuino del tenente Anna Felice Sobrero, fatto prigioniero dagli austriaci nel corso della battaglia di Caporetto e internato in Germania, dapprima nel campo di concentramento di Rastatt e successivamente in quello di Ellwagen (il taccuino è pubblicato e commentato a questo link del nostro sito: Laboratorio Sobrero, interventi dal 39 al 53). Si tratta di un ritrovamento che aggiunge un tassello significativo alla conoscenza del mondo mentale del prigioniero nella Grande Guerra. 

1. Descrizione del taccuino di prigionia di Anna Felice Sobrero 

Il taccuino misura cm 14,4 x 8 ed è composto da fogli a righe, in origine fascicolati e rilegati, successivamente smembrati. I fogli sono custoditi in una sovracoperta cartonata rigida, con rivestimento in tessuto, ripiegata in tre, a portafoglio. Nel frontespizio si trovano, scritti a penna, i dati personali: “Anna Felice Sobrero”, oltre ad altre informazioni identificative (il grado militare: “tenente”, il numero di matricola in cui è entrato nel campo di prigionia: “60.255”; infine l’indicazione del luogo di detenzione: “Krigsgefangenlager / Rastatt”). Alla storia dell’oggetto-taccuino fanno riferimento due sporadiche annotazioni dello stesso proprietario. Nella prima, egli accenna all’acquisto di “un diario” all'inizio della detenzione nel campo di Rastatt. La seconda nota invece riguarda le circostanze che ne imposero lo smembramento. In data 3 aprile 1918, Sobrero scriveva che, nel campo di Ellwagen (dove era stato trasferito il 13 marzo), era vietato ai prigionieri di tenere un diario, per cui si trovava costretto a dividerlo in tante parti, non potendo più tenerlo nascosto (fino ad allora l’aveva affidato all’amico cappellano Cicconi che però veniva trasferito in altro campo). Al contempo manifestava l’intenzione di ricostituirlo una volta terminata la guerra:

«3 aprile. Finora il presente diario si è salvato da tutte le perquisizioni tedesche, ma ora che anche Cicconi è partito e che non posso più nasconderlo [presso di lui], lo sfascio in tanti quaderni... lo rilegherò in Italia... se vi giungerà!» [nota 1].

Non mantenne tuttavia detto proposito, come evidenziano le condizioni di smembramento in cui il taccuino è stato rinvenuto. È probabile che si fosse semplicemente limitato a conservarlo senza farne un restauro né una nuova rilegatura, assieme ad altri ricordi , tra cui diversi oggetti che, nella corrispondenza con la famiglia, menzionava come “trofei di guerra”, inviandoli a casa con l’intento di realizzare, una volta finita la parentesi bellica, una sorta di “museo” personale della propria vicenda di combattente (nota 2). 

Il taccuino è composto di pagine manoscritte nel recto e nel verso, alle quali si intercalano un certo numero di disegni. La prima parte (da p. 1 fino a p. 85) contiene annotazioni scritte a penna, in rigoroso ordine cronologico, riguardanti tutta la durata della prigionia, dal 29 ottobre 1917 fino al 20 dicembre del 1918. Tale periodo è scandito da due momenti: l’internamento a Rastatt, durato fino al 12 marzo 1918 e poi il trasferimento al campo di Ellwagen fino alla liberazione. Nell’ultima parte del taccuino, da p. 86 in avanti, intercalate a numerose pagine bianche, sono raggruppate note sparse a matita (che si configurano come aggiunte sulla vicenda della cattura), cui seguono altre annotazioni vergate a inchiostro (elenchi di opere musicali e di indirizzi di compagni di prigionia), altre ancora a matita (un elenco di spese, la cronologia del viaggio di ritorno in patria con le tappe) e, infine, due ultimi disegni, in apparenza privi di collegamento con il resto. 

2. I disegni contenuti nel taccuino 

I disegni, in gran parte eseguiti a inchiostro e pastello (o all’acquarello), si intercalano alla parte manoscritta nelle prime 85 pagine. Sono in totale venti, dieci dei quali sono a piena pagina (figg. 6, 7, 8, 9, 10, 17, 19, 20, 21, 22), altri sette occupano mezza pagina (figg. 1, 2, 3, 4, 5, 16, 18), tre sono posti nei margini della pagina (figg. 11, 14, 15). Quasi tutti quelli a piena pagina sono datati e recano il monogramma dell’artista, composto dalle iniziali AFS (Anna Felice Sobrero) racchiuse in un cerchio: a indicare forse che l’autore vi attribuiva una certa importanza o un particolare significato. 

Che cosa raffigurano i disegni del taccuino?

La maggior parte dei disegni fanno da contrappunto alle notazioni scritte e si riferiscono ai temi ricorrenti della vita quotidiana in prigionia: la fame e i gravi disagi, dalla scarsità dell’igiene alle limitazioni imposte dai regolamenti vigenti nei campi. Altri, al contrario, sembrano apparentemente privi di relazione con le note manoscritte: si tratta, in tali casi, di paesaggi. Altri ancora raffigurano i campi di reclusione (Rastatt ed Ellwagen) o dei particolari ad essi inerenti. Passiamo ora ad analizzarli, raggruppati per temi.

a. Disegni riguardanti i temi della vita quotidiana in prigionia. Tra umorismo ed eventi curiosi

fig. 1 Il lager
Il soggetto raffigurato nella pagina di apertura del taccuino, contrassegnato dalla data del 29 ottobre 1917, segna l’inesorabile passaggio verso un luogo di dolore all’interno dell’universo terribile della guerra, che s’annuncia con tipici motivi-simbolo allusivi alla perdita della libertà: le inferriate di una piccola finestra dall’ampia strombatura e una catena appesa alla struttura muraria, il tutto reso realisticamente, nei minimi particolari (fig. 1). Da qui in avanti i disegni che si susseguono conducono dentro l'infausto mondo dei reclusi. Le raffigurazioni contenute nelle pagine successive, interrompendo le scarne note manoscritte, si incentrano sui motivi che quotidianamente ne assillano l’esistenza, anzitutto la scarsità dei viveri e la bassa qualità del cibo erogato. Per alludere a tante privazioni, Sobrero ha adottato un procedimento artistico alquanto moderno: dopo avere identificato un oggetto-simbolo e averlo decontestualizzato, lo ha disegnato nel suo taccuino associandolo ad un titolo provocatorio. Tra la fine di novembre e gli inizi di dicembre 1917, ha così messo a punto tre icone diverse nelle quali gioca sul contrasto tra la natura dimessa degli oggetti presentati (una pagnotta tagliata in cinque pezzi, un salamino di colore rosa smunto e una scodella di zuppa fumante) e la solennità con cui sono nominati nei titoli forgiati in caratteri gotici con la perizia d’un calligrafo: La razione di pane in 5 (p. 12), Salamino pallido (p. 9), E la... sbobba (p. 9) (figg. 2-3-4).

fig. 2 La razione di pane in 5

fig. 3 Salamino pallido

fig. 4 E la... sbobba 
È sorprendente osservare come la gravità dei problemi cui alludono questi soggetti – che rimandano al bisogno primario del nutrimento da cui dipende la sopravvivenza – sia trattata con tanta leggerezza di modi. Una leggerezza che è espressione della vis comica scaturente dal procedimento impiegato. Lo humor – avremo modo di constatarlo in molte occasioni – è uno dei lati più originali e interessanti della personalità di Sobrero, segno della sua intelligenza penetrante, della presenza di spirito e, in definitiva, della capacità di far fronte alle difficoltà estreme. Da questo punto di vista egli si discosta sensibilmente da altri che, come lui, hanno vissuto un’analoga esperienza nello stesso Gefangenelager di Rastatt, uno dei campi di prigionia più duri in assoluto. Dario Malini, nel “Laboratorio Sobrero” n. 40, ha posto a confronto la sua con altre testimonianze. Quella di Gadda, ad esempio. Rinchiuso nello stesso campo, in tempi non troppo lontani e posto nelle stesse privazioni, lo scrittore affermava che le condizioni di vita erano insostenibili, e lamentava incessantemente il pressante disagio, disseminando il suo diario di prigionia di reiterate rimostranze, del tipo: “la fame terribile, implacabile” “la fame serpentesca” “la fame continua”. Oppure le testimonianze di altri testimoni che, con toni sentiti, dichiaravano di essere ossessionati a tal punto dal pensiero del cibo da trasformarlo in un’idea fissa e quasi delirante (Sisto Tacconi). In queste stesse contingenze, Sobrero reagiva evitando di venire sopraffatto dagli eventi e dalla depressione, e aprendosi una via di sopravvivenza spirituale alle sofferenze e ai patimenti con l’arte del ridere praticamente di tutto (del poco pane, della cattiva zuppa, del salame contraffatto). Nel contesto della Grande Guerra l’umorismo costituiva una risorsa preziosissima per molti soldati, un vero antidoto alla durezza delle condizioni della vita in trincea come a quelle della reclusione. 

L’umorismo attraversa anche le pagine scritte del nostro taccuino, laddove il tenente Anna Felice ha adottato altre modalità “creative”, come, ad esempio, nel componimento poetico dedicato alla "sbobba" (pp. 18-19), riportato nel Laboratorio  Sobrero n. 41, e definito da Dario Malini “una vera e propria rivalsa ideale sulla prigionia e sulla fame, all'insegna dell'ironia e della capacità di saper ridere d'ogni cosa, trascendendo in qualche modo anche la follia del lager”. 
Un’attestazione raffinata e sottile di questa vena comica è riscontrabile nel disegno all’acquarello di p. 33, datato 15 gennaio 1918, recante il monogramma consueto dell’artista (fig. 5). Vi è raffigurato un ufficiale addetto alle cucine intento a leccare il fondo di un pentolone nel quale appare totalmente immerso. Ancora una volta l’effetto ridicolo scaturisce dal contrasto tra un titolo pomposo Diritti dell’Ufficiale di giornata (dai Diritti e Doveri) e la bassezza dell’azione che vi viene ripresa, atta a togliere ogni dignità a colui che si appressa a compierla. La mordacità del disegnatore si dirige verso un comportamento degno di riprovazione in assoluto, ma apparirà ancora più corrosiva se si considera che il personaggio coinvolto (l’ufficiale catapultatosi nel mastello) è incaricato del controllo delle operazioni che si svolgono in cucina, e quindi preposto a garantire l’equa distribuzione del cibo.  
fig. 5 Diritti dell'Ufficiale di Giornata


Anche i momenti ordinari che scandivano la vita nei campi di prigionia potevano offrire spunti alla travolgente carica umoristica del militare, come nel caso dell’acquarello di p. 30, risalente alla fine della seconda decade di febbraio, intitolato Ispezione notturna (fig. 6). Qui egli sembra essersi divertito a schernire tre militari tedeschi, incaricati di perlustrare tra le baracche. Oltre a conferire loro un aspetto buffo e un fare esageratamente concitato, ha ricercato l’effetto comico nella sproporzione tra l’irrisoria entità della missione cui sono intenti e l’eccesso di zelo - nonché l’esagerato dispiegamento di armi - con cui si apprestano a compierla. Queste ispezioni dovevano risultare oltremodo spiacevoli per i prigionieri che, fatti alzare di soprassalto dal letto, erano probabilmente costretti ad attendere, in piedi e al freddo, che il tutto finisse. Con l’arma affilata dell’ironia il disegnatore va a colpire, ancora una volta, dei controllori importuni e delle regole risibili, prendendosi una sorta di rivincita delle prepotenze subite.

fig. 6 Ispezione notturna

La vita quotidiana in cattività è oggetto di altre riprese in cui Sobrero rappresenta eventi e situazioni di cui è stato testimone. Accanto alle note che scandiscono le giornate dei primi giorni di febbraio, a p. 35, si trova un’immagine monogrammata (fig. 7) che ritrae un soldato all’interno della fortezza di Rastatt dove, il 19 gennaio, Anna Felice era stato trasferito, provenendo dal Russenlager di Rastatt. Il personaggio appare incollato al vetro di una finestra con inferriate, da dove, come annunciato nel titolo Sbobba in vista!, dovrebbe arrivare il pranzo. In questo momento di attesa, il bisogno impellente di riempire lo stomaco vuoto rende l’uomo tanto impaziente che non può trattenersi dall’agitare nervosamente le braccia. Il soggetto si incentra ancora una volta sul leit-motif del cibo costantemente agognato. Nonostante l’intonazione forse un poco più seria, la vena umoristica si percepisce sottilmente nell’enfasi conferita a quel gesticolare scomposto e un po’ scimmiesco. 

fig. 7 Sbobba in vista!

Altri disegni traggono spunto da eventi piuttosto curiosi verificatisi sempre nella famigerata fortezza di Rastatt, nella seconda e terza decade di febbraio 1918. Abbastanza singolare l’episodio ripreso nell’acquarello di p. 39, dal titolo un po’ enigmatico di Al n. 100 (Abort) di fig. 8. Qui un ufficiale si rivolge, con fare autoritario, a dei prigionieri che, a giudicare dai gesti concitati, sembrano manifestare una certa agitazione da dietro alcune porte. La situazione di per sé poco chiara può essere spiegata considerando che uno dei significati della parola tedesca “Abort” è “bagno”, da riferire all’ambiente rappresentato. Il fare imperioso dell’ufficiale è dunque, con tutta probabilità, da intendersi come un richiamo rivolto agli utenti delle latrine affinché provvedano a ripulirle dal sudiciume, particolarmente evidente nel pavimento. I redarguiti, da parte loro, non sembrano tuttavia propensi ad assecondare quegli ordini ma paiono rispondere tutti insieme con rimostranze, come in una protesta organizzata.

fig. 8 Abort

Ancora più straordinaria la vicenda che ha fornito lo spunto per l’acquarello di fig. 9, privo di titolo, di p. 41, da porre in riferimento ad una nota del 24 febbraio: “Tentata fuga di 4 ufficiali. Ripresi. Arrestati dalle donne del luogo”. Il soggetto raffigura, in stile naif, un tentativo di fuga dalla fortezza di Rastatt di un gruppo di detenuti. Il muro di cinta della prigione che due di loro hanno già valicato e che altri tre si stanno accingendo a scalare, funge da elemento divisorio della scena. Sulla sinistra è visibile una porzione della fortezza mentre, a destra, appare uno scorcio della cittadina fiancheggiata dal fiume Murg (un affluente del Reno), oltre il cui argine, nei pressi delle case che lo costeggiano, si intravedono delle figurette che agitano le braccia: sono probabilmente le donne, menzionate da Sobrero, che stanno per dare l’allarme sventando il tentativo di fuga. 

fig. 9 Tentativo di fuga dalla fortezza di Rastatt

Chiudiamo questa ricognizione sui temi della vita quotidiana nei campi di prigionia presentando un ultimo disegno (fig. 10), realizzato da Sobrero il 22 aprile 1918, nel campo di Ellwagen (p. 55). Vi è raffigurato un militare che avanza a passo di marcia sorreggendo una pila considerevole di elmi d’acciaio, quasi dovesse dar prova di essere un abile equilibrista. Se il soggetto va ricondotto all’operazione descritta nelle note del 21 aprile come ritiro generale degli elmi in possesso dei prigionieri, la scritta che accompagna la vignetta “Hai visto l’elmo?” echeggia il titolo omonimo del settimanale satirico, pubblicato nel 1915 a Firenze, specializzato in trovate umoristiche rivolte a colpire l’avversario teutonico in tutti i modi possibili. Nel ridicolizzare il tedesco, intento a una delle bislacche procedure previste da un qualche assurdo regolamento, Sobrero parrebbe essersi ispirato alla linea satirica del periodico che avrà probabilmente avuto tra le mani all’epoca della pubblicazione.

fig. 10 Hai visto l'elmo?

Beffardi e salaci, i disegni qui descritti denotano le qualità peculiari di un abile vignettista, sagace nell’accostare al motivo figurativo la trovata comica. Nel prossimo intervento avremo modo di osservare le altre interessanti tematiche raffigurate nel diario di Sobrero, quali i paesaggi, i luoghi di reclusione e altro ancora, alla ricerca dei motivi profondi che hanno indotto il prigioniero a celarvi i propri sentimenti e pensieri più riposti.


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Note

1. Si veda la nota del 3 aprile nel Laboratorio Sobrero 48

2. Tra i molti possibili esempi, si veda la nota alla lettera del 06/06/1917 Laboratorio Sobrero 34. 

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