Riferimenti:
Qui il resoconto di una presentazione del memoriale (21 novembre 2015 )
Qui il resoconto dell'interpretazione del testo da parte dell’attore, regista e produttore cinematografico Ricky Tognazzi (7 agosto 2016)
- Il sorriso dell’obice. Un pittore italiano nella Grande Guerra
- Taccuino di un nemico. La Grande Guerra di un soldato ebreo nell'esercito tedesco
Parliamo dunque di Quella cosa grande (o fetente) che è la guerra. Magari partendo dalla genesi del curiosissimo titolo di questa pubblicazione.
Si tratta di un memoriale di notevole originalità. Redatto in
prima persona da un “ragazzo del ‘99”, ufficiale d’artiglieria della 650ª
batteria d’Assedio, racconta le vicende piccole e immani della seconda fase
della Grande Guerra italiana, a partire dalla fine di ottobre del 1917, con il
resoconto delle confuse giornate che fecero seguito alla rotta di Caporetto,
sino al termine del conflitto, transitando per capitali eventi militari quali
la battaglia del solstizio e la battaglia di Vittorio Veneto. La narrazione si
chiude nei primi giorni di febbraio 1919, con una visita del giovane ufficiale,
a guerra finita, alle città “redente” di Trieste e Gorizia.
Il titolo che ho voluto dare a questa pubblicazione è tratto direttamente dalle righe iniziali del memoriale; e la sua individuazione non è per nulla peregrina, riguardando una questione assolutamente decisiva all'interno della riflessione del militare (stabilire, cioè, se la guerra sia cosa "grande" o "fetente"): «29 ottobre 1917, ore 3. A Genova, nel gelo della notte, salgo sul treno che mi condurrà a quella cosa grande (fetente, dice l’Elvira) che è la guerra».
Il titolo che ho voluto dare a questa pubblicazione è tratto direttamente dalle righe iniziali del memoriale; e la sua individuazione non è per nulla peregrina, riguardando una questione assolutamente decisiva all'interno della riflessione del militare (stabilire, cioè, se la guerra sia cosa "grande" o "fetente"): «29 ottobre 1917, ore 3. A Genova, nel gelo della notte, salgo sul treno che mi condurrà a quella cosa grande (fetente, dice l’Elvira) che è la guerra».
Il materiale che ha permesso la ricostruzione di questa vicenda è composto
da due parti autonome: un taccuino manoscritto e un fascicolo
dattiloscritto. Oltre ad una copia assai malandata e senza
copertina del Pinocchio di Carlo
Collodi, volume che ha
accompagnato il giovane autore del diario lungo gran parte della sua esperienza
al fronte, secondo quanto lui stesso riferisce.
La favola di
Pinocchio parrebbe una lettura piuttosto
singolare per un soldato della Grande Guerra…
L’insolita congiuntura di un militare con Pinocchio nello zaino è da imputarsi a un’iniziativa della sorella
dello stesso, Elvira, la quale, in una lettera del 14 dicembre 1917, gli
annuncia la spedizione del volume. Ecco come il nostro ci riferisce la
circostanza, non senza un certo disappunto: «Infine [Elvira] mi assicura, con
perfetta serietà, che presto mi farà avere delle coperte, qualche maglione di
lana e… il mio vecchio Pinocchio
senza copertina! Le rispondo per le rime, dicendole che per parte mia, appena
mi sarà possibile, le manderò invece qualche scheggia di granata e… una testa
d’austriaco!». Il libro gli giungerà a distanza di oltre un mese, come ci
racconta lui stesso: «Il 20 gennaio ricevo da casa, in buon ordine, un pacco
contenente alcuni vestiti, una coperta, un paio di occhiali e… l’annunciato Pinocchio. Diavolo di un’Elvira, me l’ha
mandato davvero! Osservo per un po’ il libercolo con antipatia, ma poi lo apro,
ne leggo con piacere qualche paginetta e lo ficco nello zaino».
Quali sono gli elementi che connotano maggiormente questa
testimonianza?
Da
un punto di vista prettamente stilistico, la scrittura scorrevole e disinvolta
dell’autore del memoriale evidenzia una rimarchevole capacità di trasferire
pensieri e sensazioni sulla pagina scritta. Non ci è purtroppo pervenuto il
nome di questo ragazzo, si tratta in ogni caso di un membro della media
borghesia genovese, non insensibile, almeno al momento di avviarsi al fronte,
ai proclami della propaganda. Uno dei giovanissimi componenti dell’ultima delle
venticinque classi di leva dell’Ottocento, gettati nella mischia in fretta e
furia l’indomani dello sfondamento austro-tedesco. E se la questione decisiva
che apre il memoriale, il chiedersi cioè se la guerra sia cosa "grande" o "fetente", rimane sostanzialmente irrisolta, si tenga conto che la guerra che
emerge da queste pagine non è tanto (o non è soltanto) un inaudito e brutale
evento storico e sociale, quanto piuttosto una disgregante esperienza
individuale. Curioso approccio solipsistico, se così si può dire, al primo
conflitto globale, che favorisce l’irrompere nel testo di una sorta di
dimensione mitico-inconscia che non ha piccole conseguenze sulla narrazione se,
inopinatamente, spuntano qua e là, all’interno di quello che avrebbe dovuto
essere un normale resoconto di guerra, dei riferimenti alla vicenda narrata nel
libro che il nostro soldato - come abbiamo visto - si portava nello zaino: Le avventure di Pinocchio. E la
stravagante metamorfosi del protagonista della favola di Collodi, da burattino
in ragazzino per bene, che qui viene interpretata in un’accezione ribaltata e
connotata in negativo, riesce sorprendentemente a manifestare la brutale e
alienante (ma talvolta, non dimentichiamolo, anche grandiosa ed elettrizzante)
condizione del combattente il quale, per fare il mestiere cui è stato assegnato,
deve necessariamente lasciare sul campo di battaglia («sorta di ‘Campo dei
miracoli’ capace di trasformare gli uomini in eroi») la propria umanità (il
libero arbitrio, la compassione, l’istinto di sopravvivenza…) per mutarsi «in
un guerriero perfetto: intagliato nel più duro metallo». Così, il resoconto di Quella cosa grande (o fetente) che è la
guerra può essere inteso come una sorta di favola alla rovescia dalla
morale ambigua e sfuggente. Una narrazione moderna, vitalissima e illuminante
che poteva esserci donata solo da uno di quei “ragazzi del ‘99” su cui una
diffusa retorica ha riversato fiumi d’inchiostro stantio. A ormai un secolo dai
giorni terribili della Grande Guerra, uno di loro ci fa avere finalmente la
“sua” versione dei fatti.
Ringraziamo Dario Malini per questa interessante conversazione.
Carolina Morisetti
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Riferimenti:
Qui il resoconto di una presentazione del memoriale (21 novembre 2015 )
Qui il resoconto dell'interpretazione del testo da parte dell’attore, regista e produttore cinematografico Ricky Tognazzi (7 agosto 2016)
Qui il resoconto di una presentazione del memoriale (21 novembre 2015 )
Qui il resoconto dell'interpretazione del testo da parte dell’attore, regista e produttore cinematografico Ricky Tognazzi (7 agosto 2016)
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