Laboratorio Sobrero (34): Paradossi ed eroismi nella Decima battaglia dell'Isonzo (8 maggio - 8 giugno 1917)

Lettera dell'8 maggio 1917 (pag. 1)
Il mese di maggio 1917 rappresenta un punto di snodo nella vicenda del 49° Fanteria e, dunque, del tenente Anna Felice Sobrero il quale, dopo un prolungato periodo di guerra trascorso tra le cime innevate delle Dolomiti (dal luglio 1915), veniva d'un tratto spostato sul Carso, acquartierato in un non meglio identificato "paesello pulito" (nota: tale trasferimento era da connettersi alle manovre di preparazione per una grande offensiva a sorpresa sul fronte giulia, progettata dal generale Cadorna in relazione agli accordi presi nella quarta conferenza internazionale di Chantilly). Chi ci ha seguito fin qui avrà avuto modo di notare quanto il nostro tenente Anna Felice fosse in genere cauto nel criticare ciò che vedeva o anche solo nel riportare scene o situazioni disturbanti. Nell'interessante lettera dell'8 maggio, scritta appena dopo il trasferimento, si espresse invece senza mezzi termini riguardo al "terribile" strumento di morte del lanciafiamme, che incontrava sul Carso per la prima volta, proponendo inoltre (qui e nei messaggi successivi) alcune apprezzabili riflessioni sulle differenze tra il nuovo teatro di battaglia e quello d'alta montagna che gli era familiare:
8/05 Sono giunto col Comando di Reggimento ieri sera e sto benissimo. Qui caldo d'estate: in quattro ore a piedi si va al mare. Non più cime, vette nevose... ma tutto piano, [...] fiori, mughetti, prati fioriti e, in lontananza, il mare... È incantevole e in due giorni (o meglio, un giorno e mezzo) che son qui ho già fatto molte cose.
Ieri sera sono stato all'esperimento dei lancia-fiamme che ci daranno e vi posso dire che è terribile... un vero inferno in due minuti secondi! [...] 
Ora qui, sul Carso, è altro genere di vista e di guerra. Non temo più di cascare in un burrone oppure di finire sotto una valanga! Ma... maschera [anti] gas alla mano, occhiali al berretto, e [si va] alla ricerca di ripari, perché pietre non [ne spuntano] troppe fuori dal terreno!
Stamane fui in ricognizione da San Martino [del Carso] a Monfalcone. Accidenti che cambiamenti radicali di sistemi di difesa ed offesa! Ma... ci abitueremo.
Cellai è contento, anche perché è vicino a suo fratello (che è al 48°).
Lassù ero a quota 2770, qui sono a quota 21!!! E si suda dal caldo! Sono in un paesello pulito. Abito da una marchesa che non volle abbandonare il castello. 
Faccio riposo, passeggio e attendo gli eventi.

11/5 In questi giorni di riposo ho fatto e faccio l'ufficiale postale per il presidio di questo paese, ma il lavoro è limitato a due ore al giorno circa, così ieri fui a Monfalcone al mare. Che bellezza! [...]
Fra non molto tempo sarò messo sul quadro di avanzamento a capitano!!! Figuratevi!
Intanto qui fa caldo mentre lassù, pochi giorni or sono, vi erano ancora dei casi di assideramento. [...]
Il cielo è continuamente percorso da aeroplani che ci fanno sentire, giorno e notte, il rumoroso ronzio delle loro eliche.

14/5 Carissimo Papalino, [...] forse tu saprai [che] ora sono allo Stato Maggiore del Reggimento, formalmente il Carreggio. È una carica speciale, che dimostra quanto mi vogliono bene qui e quanto io sia ben quotato. Ne sono orgoglioso. [...] Imparo a conoscere bene i cavalli e quadrupedi e lo faccio con piacere, pensando al mio futuro cavallo [a Gassino]. [...] Ora sto benissimo ma ogni due giorni prendo ancora una purghetta! 
Ciao mio caro Papalino, sta' sempre allegro e di buon umore che presto ti verrò ad aiutare in Fabbrica!
Mappa della X battaglia dell'Isonzo
«Corriere della Sera» del 16 maggio 1917
La lettera del 15 maggio, fatta imbucare a Torino da un soldato (senza dunque passare al vaglio della censura militare), riporta il nome del paese in cui Sobrero e compagni erano a riposo: Castions di Strada, non distante da Palmanova. Il 12 maggio era cominciata la cosiddetta decima battaglia dell'Isonzo, "la più grande che vi sia stata al mondo finora", un poderoso attacco a sorpresa tramite il quale Cadorna sperava di scardinare le difese austriache, aprendosi una via verso Trieste. La battaglia prese l'avvio con due giorni e mezzo di bombardamenti a tappeto sull'intera linea del fronte da Tolmino fino al Mare Adriatico, proseguendo con una serie di furiose azioni (e controazioni) sul campo:
15/5 Approfitto che un soldato va a Torino per [farvi avere] questa mia. Io per ora sono ancora a Castions di Strada nei dintorni di Palmanova. Siamo di riserva, per ora, perché l'azione è incominciata: è la più grande che vi sia stata al mondo finora! 
Il bombardamento dura già da due giorni senza cessare un minuto, né di giorno né di notte, mentre squadriglie di aeroplani percorrono il cielo continuamente. 
Attendiamo...

18/5 Qui fa un gran caldo e non piove! Per ora siamo sempre a riposo ma credo che tra non molto andremo in linea.

21/5 Fa un caldo soffocante ma sto bene e la salute non mi manca. Nulla di nuovo da raccontarvi.
Lettera del 25 maggio 1917 (particolare)
Ancora il 25 maggio e giornate successive, scrivendo a casa dalle linee avanzate (mentre il 49° Fanteria, lanciato all'attacco a più riprese sul fronte di Castagnevizza, subiva ingenti perdite e numerosi feriti), il nostro cercava di mostrarsi tranquillo, facendo intuire solo a tratti la drammatica situazione che stava vivendo: 
25/5 Qui fa gran caldo, ... in tutti i sensi della parola! Ma va tutto bene e in bene sempre speriamo. Con i servizi di rifornimento io giro tutto il fronte e se vedeste che spettacoli diversi mi si mostrano, in qualche modo ben più strazianti del fronte dove ero prima!
Giunsi di sera ed attraversai l'Isonzo sul ponte di barche che il fiume era tutto dorato dal tramonto.

28/5 Da qualche giorno non vi scrivo, causa il gran da fare e i continui traslochi. Sto benone. Ieri sera fui all'ospedaletto a vedere di trovare Muratori, ma l'avevano già sgombrato in altro ospedale, viceversa trovai altri ufficiali del mio battaglione pure feriti, ma non gravi.
Qui ieri ha fatto un po' di temporale, ed oggi è tutto nuvoloni. 
Lettera del 29 maggio 1917 (pag. 1)
Nella lettera del 29, non poté tuttavia evitare di lanciare un'esclamazione del più vivo e intenso dolore, registrando la morte in battaglia di colui che definisce "l'ultimo dei miei più intimi amici". Subito dopo, però, lo vediamo tornare al tono abituale, avendo esposto quella che va intesa come la massima che presiede tutta la sua corrispondenza con la famiglia: "non voglio rattristarvi coi miei pensieri". Ma ecco cosa scrive il 29 e i giorni immediatamente seguenti: 
29/5 Oh! Se sapeste che dolore per me! È morto il mio capitano: il capitano Ceriani [nota: Capitano Francesco Ceriani, nato il 5 marzo 1889, morto il 25 maggio 1917 sul Carso per ferite riportate in combattimento]! È l'ultimo dei miei più intimi amici: Ottavio, Cappellini e lui [nota: della morte di Ottavio Croveri si è detto in Laboratorio 20; di quella del tenente Arturo Cappellini, in Laboratorio 29]!
Domani andrò a vederlo, se potrò, fu ucciso da una granata, lui e il suo attendente assieme! Povero capitano! Mi voleva così bene; mi aveva dato il suo cavallo da tener qui al carreggio... ed ora...
Pazienza... ma non voglio rattristarvi coi miei pensieri, sebbene non possa fare a meno di pensarci!
Ho ricevuto stamane il pacco colle mutande, srotolando le quali ho trovato pure le caramelle. Grazie! [...] A voi tutti tanti bacioni e bacioni. Cici

31/5 Qui vi sono pure tanti soldati inglesi, sia di artiglieria sia di sanità. Sono un po' eccentrici ma simpatici. Oggi è una giornata abbastanza tranquilla ma... i giorni scorsi... non vi dico altro! Certo che se noi siamo in purgatorio, gli austriaci sono all'inferno. Speriamo che questa calma continui almeno sino a stanotte. Non ho altro da dirvi. Io sono sempre qui, nello stesso posto oltre l'Isonzo. Sto benone e vi mando tanti saluti.
Lettera del primo giugno 1917 (pag. 1)
Tale volontà consolatoria è confermata dalle lettere inviate nei giorni seguenti, nelle quali il tenente Anna Felice tenta in ogni modo di rasserenare i genitori in merito ad alcuni timori espressi dal fratello Emilio (in una lettera che purtroppo non ci è giunta), da poco sotto le armi come radiotelegrafista, posizionato non distante da lui, ma, "chilometri dico chilometri indietro", come il nostro puntualizzava nel messaggio del primo giugno: 
1/6 Carissimi, ricevo ora la vostra 49 in cui siete impressionatissimi per Emilio. CREDETE CHE VI PARLO SERIAMENTE!... se non fosse che mi scrivete voi sarebbe da mettersi A RIDERE!
Emilio deve essere certamente impressionatissimo per scrivere quello che scrive. Dice che va colle batterie... e le batterie sono chilometri dico chilometri dietro dietro di NOI, e... non è né il primo giorno né il primo anno che faccio la guerra. E soltanto quando NOI andiamo a riposo vediamo qualche soldato radiotelegrafista. 
Naturale che ogni tanto, quando controbattono le batterie, qualche colpo va da loro e arriva sino a buttare giù stazioni radio ma... sono casi isolati...
Io non sono lontano da lui e cercherò di vederlo, ma prima di tutto gli scriverò.
In questo momento parto per andare in linea a trovare il comando e vedere dove è sepolto il povero capitano Ceriani. Sappiate che, partendo dal luogo in cui si trovano i telegrafisti, si devono percorrere due ore e mezza a piedi [per arrivare là].
Vi ripeto: Emilio si è impressionato, E LO CAPISCO ANCHE, a vedere le buche dei proiettili, le trincee per aria e... il resto... è naturale, ma ci si abituerà anche lui. Successe a me lo stesso... anzi a me molto peggio, giacché m'accadde sul Col di Lana.
Attendo una vostra lettera in risposta alla mia. 
Ricevete intanto tanti e tanti bacioni.
Seconda lettera del primo giugno 1917 (pag. 1)
La questione preoccupava talmente il nostro da indurlo a scrivere a casa una seconda volta nella medesima giornata, ribadendo  l'assoluta sicurezza della posizione sua e di Emilio, in una lettera che (essendo stata imbucata a mano da un soldato) ci fornisce anche dei precisi riferimenti in merito ai luoghi:
1/6 Carissimi, ho ricevuto le vostre lettere. E a quella di oggi, in cui siete impressionatissimi per Emilio, ho risposto e NON DOVETE AVERE AFFATTO timore per lui, come PURE ORA NON DOVETE averlo per me. Emilio è impressionatissimo, perché ora lui è, E MI SCRISSE ORA, a 3 chilometri dal Veliki Kribak [nota: altura posta nella parte settentrionale del Carso di Comeno, a picco sulla piana di Gorizia]. Se ne può infischiare altamente [perché non ha nulla da temere]. Io intanto procurerò andarlo a trovare dove si trova, che è qui vicino a me (noi siamo sul Fajti [nota: Dosso Faiti, posto nel comune di Merna-Castagnevizza, dalla cui sommità si vede la valle del fiume Vipacco e tutta la piana di Gorizia] ed io sono nel vallone dietro di loro). Oggi sono stato in linea e... vi assicuro che lì... sono CECI! A differenza di dove sono io o, meglio ancora, Emilio. Da me non arrivano che colpi dispersi che con un poco di prudenza si possono alquanto evitare.
Fui a vedere dove è sotterrato il povero capitano Ceriani, e i miei soldati della 3ᵃ caduti, poi andai in linea, facendo ritorno a notte.
State sicuri sul conto mio e di Emilio. Tanti tanti bacioni.
Lettera del 5 giugno 1917 (pag. 1)
Stava ormai esaurendosi la decima battaglia dell'Isonzo, uno scontro feroce i cui esiti, in termini di terreno conquistato, furono del tutto marginali (nota 1) - poiché gli iniziali buoni progressi italiani furono pressoché annullati dai contrattacchi austriaci della prima settimana di giugno - facendo registrare una vera e propria carneficina su entrambi i fronti (è stato stimato che l’esercito italiano ebbe una perdita - tra morti, feriti, dispersi e prigionieri - di almeno 112.000 uomini, mentre l’esercito imperialregio di almeno 75.000). In tutto questo, il tenente Anna Felice Sobrero, pur coinvolto in numerose azioni, non poteva evitare di tentare d'alleviare le (in realtà più che giustificate) angosce dei propri familiari, occupandosi attivamente anche dell'istruzione dell'impressionatissimo caporale Emilio, per il quale la battaglia rappresentava il battesimo del fuoco:
4/6 Domani vado alla... ricerca di Emilio, e spero in pochi giorni di vederlo. 

5/6 (scritto il 4 sera) Carissimi, buone notizie! Io, partito stamane (come vi scrissi) alla ricerca di Emilio, dopo una giornata di... vagabondaggio fra gli alti comandi ed un duplice bagno a vapore (mio e del cavallo), andai a finire in uno sgabuzzino ove il telefonista di servizio annunciava: "Il caporale Sobrero si presenti al telefono per conferire col signor tenente Sobrero!!!". Poi a me, sottovoce: 
- "Sarebbe il fratello del signor tenente?"
- "Già!"
Poco dopo gli parlavo. Quale fu la sua sorpresa nel trovarmi al telefono e di sapermi tanto vicino, e più ancora quando gli comunicai (cosa che comunico anche a voi) che siamo tutti e due della 3ᵃ Armata e, addirittura, dell'11° Corpo sotto il generale Petitti di Roreto, mio antico colonnello al 50°, poi comandante della brigata Parma. 
Domattina lo vado a trovare certamente: due orette di strada a cavallo o in bicicletta (fin dove si può) mi separano da lui. Orette che si dimezzano quando si tratta di non buscarle per la strada!! Ma basta aver prudenza e farla al buio o quando [gli austriaci] hanno il sole contro, che si viaggia sicuri...
Siete contenti?
Non temete che darò io istruzioni ad Emilio su come e cosa deve fare. È caporale, sì, ma... del '97... è un po' cappellone e noi... soldati anziani (come ci chiamano) siamo pratici di tutto!
Lettera del 6 giugno 1917 (pag. 1)
La curiosa epopea, che potremmo intitolare La ricerca di Emilio (poiché anche la Grande Guerra ha una sua perduta epica minimalista), trovò lieta conclusione nelle giornate successive:
6/6 (scritto il 5 sera) Carissimi, come vi scrissi ieri, partii stamane ed alle 10 ero con Emilio! Fui ben accolto dagli ufficiali della batteria che subito mi riconobbero per il fratello del radiotelegrafista. 
Le nostre batterie facevano un fuoco continuo e ci si capiva poco, e bisognava parlare forte! Vi scrivemmo una cartolina assieme sul Veliki [Kribak] e [Emilio] mi condusse a vedere la sua stazione. Anche lui fa la raccolta, ora, per ingrandire il museo [nota: da tempo Anna Felice collezionava reperti di guerra, spedendoli a casa per conservarli in una collezione che aveva scherzosamente battezzato "museo"]. 
Domani mando Cellai a trovarlo oppure il mio ciclista, poi gli faccio fare un paio di scarpe, che ne ha bisogno. Ci manterremo sempre in relazione per mezzo dei miei portaordini o per telefono e quando avrò tempo andrò a trovarlo. Sta benissimo come pure sto io. Cosa ne dite?

8/6 Tornato ieri sera,dopo una giornata trascorsa quasi interamente con Emilio, sono andato subito a letto, sfinito. Partii al mattino alle 3:30 (per fare la strada col fresco) a cavallo con un soldato e Cellai. Arrivammo sino ai piedi del monte ove lasciammo i cavalli al soldato che mi ero portato dietro a tal fine. Incominciammo quindi la salita, io e Cellai. Cellai s'era portato dietro la mia macchina fotografica e un tascapane per... raccogliere pallini di shrapnel, corone per braccialetti, ecc. Arrivammo finalmente e trovammo Emilio che trasportava sacchi di terra. Cellai, che già l'aveva conosciuto a Caoria, gli fece grandi feste. E così ci intrattenemmo a passeggiare, visitando i luoghi con lui e un altro radiotelegrafista, finché venne l'ora di pranzo. Pranzai con gli ufficiali d'artiglieria, mentre Cellai, l'altro telegrafista ed Emilio andarono a mangiare nella cabina. [...] Dopo andai nuovamente da Emilio e lo trovai con Cellai al quale, a buon conto, il vino non dispiace, se costa nulla, tanto che, essendo in quel certo stato di allegria, ci baciò con entusiasmo. Ma faceva il disinvolto e scattava come una molla provando ad eseguire qualsiasi ordine... fosse anche quello di andare, lui solo, all'attacco!!!! La passeggiata del ritorno gli fece passare la mezza sbornia favorita da Emilio ed il compagno, che avevano riso alle sue spalle tutto il pranzo, prendendosi gioco del mio povero attendente! 
Chiudiamo il presente articolo su questa lieta burla, a dimostrazione di quanto Emilio si fosse rasserenato, dopo il terribile trauma del battesimo del fuoco. Mutamento d'umore certamente favorito dall'intervento di Anna Felice, al quale ci sembra di poter ascrivere qualcosa ad un tempo d'eroico e paradossale (che va sempre tenuto in considerazione leggendo le sue lettere) per l'incrollabile determinazione con la quale s'ingegnava di edificare una sorta d'immaginario terreno franco attorno a sé e al fratello, a esclusivo beneficio dei propri cari, negando cocciutamente, almeno in ambito familiare, l'incontrollabile distruttività di una guerra che ogni cosa andava annichilendo, lasciando dappertutto solo fumo, tombe, rovine. 



Dario Malini







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Nota 1  I modesti conseguimenti italiani al termine dalla decima battaglia dell'Isonzo comprendevano la conquista del M. Kuk e del Vodice nel medio Isonzo, oltre ad alcune posizioni sul Carso, come l'altura di quota 144.

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