Cartolina del 15 agosto 1916 |
15/8 P. [Prade] Io sto sempre benissimo e ora sono a Prade, una frazione di Canal San Bovo. [...] Ricevuto il pacco con la pipa e tutto. Bacioni e bacioni a tutti. Cici
16/8 G. Qui ho i due dello "Stato Maggiore" [nota: l'attendente e il tamburino, cui la sorella del nostro, Lili, aveva appena inviato in dono due pipe e delle calze] che mi riempiono la tenda di fumo con quelle due pipe!!! E fanno vedere le calze a tutti!!! Scriverò a lungo domani, perché oggi abbiamo traslocato e siamo stanchi.
21/8 Benissimo tutto. Ora, come l'altro mese, non impressionatevi, vi ripeto, se non ricevete mie notizie, è perché non potrò scrivere finché non sarà finita l'azione. E speriamo vada tutto bene anche questa volta. Cominceremo, credo, domani notte.
26/8 Non ricevo vostra posta perché da tre giorni impegnato. Sono contento che da voi vada tutto abbastanza bene, ma anche rattristato perché pochi giorni fa è morto il mio più caro compagno, il tenente Cappellini [Arturo Cappellini, tenente di complemento 49° reggimento fanteria, nato il 3 maggio 1896 a Milano, morto il 23 agosto 1916 a Cima Forcella Maggiore per ferite riportate in combattimento] del quale vi inviai pochi giorni or sono la fotografia. Poverino! Certo non mancheremo di vendicarlo. Sto bene. Vi scriverò quando potrò, non temete per me.
La breve cartolina del 29 agosto riporta la notizia della conquista della cima del Cauriol, impresa compiuta dalla Brigata Feltre, ma favorita dalla pressione esercitata dal "nucleo Ferrari" (di cui il nostro faceva parte) nel settore Cima Valón - Cima Valmaggiore:
29/8 Carissimi, sto sempre bene. [...] Ieri sera, dopo gran bombardamento, fu conquistato il Cau...l.
A questo punto abbiamo l'opportunità di proporvi una vera chicca, un raro documento inedito, capace di resuscitare un'espressione reale dello spirito di cameratismo tra militari. Si tratta di un frusto "bigliettino" che Sobrero unì alla lettera inviata alla famiglia il 2 settembre, presentandolo, non senza un segreto orgoglio, con il seguente commento:
2/9 Carissimi, vi unisco qui un bigliettino, e son bigliettini che si ricevono soltanto qui e... colla faccia a terra! Capirete che San Rocco è protettore necessario, qui, perché, se non vi fossero ogni tanto o pietre o rocce [dietro cui ripararsi]...!!!!
Ed ecco dunque cosa riporta questo biglietto, composto da brevi annotazioni giustapposte di colleghi e superiori, fatto pervenire a Sobrero mentre era in azione:
Passiamo ora ad alcuni messaggi dei giorni successivi, capaci di offrirci un quadro piuttosto esauriente dell'ambiente pieno di insidie in cui Sobrero e compagni dovevano operare:
4/9 Qui stanotte passammo di rincalzo. E fra poco, speriamo, un po' a riposo. Tutto va bene, anche perché domattina faremo toeletta!!!!
5/9 L'altra notte ebbi a fare una difficile ricognizione alla linea nemica, sotto una pioggia... diretta e continua. Tornai (verso il mezzogiorno successivo) con la pattuglia di volontari, senza nemmeno un ferito... Oltre al disagio della pioggia, ero stato continuamente sotto il fuoco, perché fin dalla partenza mi avevano visto e perseguitato con mitragliatrici e fucilerie. E... sono stato nuovamente proposto per un encomio solenne dal mio colonnello.
7/9 Qui piove giorno e notte e nevica già. Vivo in buche recondite o dietro ai sassi, nascosto a tutti per ore, leggendo qualsiasi cosa abbia nello zaino, anche la carta che avviluppa il rancio.
Ma eccovi un'altra sorpresa: la (per molti versi straordinaria) lettera del 10 settembre, nella quale Sobrero riferisce un evento sorprendente, accadutogli in trincea, nel buio della notte, sotto una pioggia gelata e incessante. Si tratta di un incontro inaspettato, emozionante, carico di affettività e di memoria, il cui sapore ha però anche qualcosa di spiazzante:
10/9 Carissimi, stanotte posso scrivere tranquillo! Ho una bella buca blindata e sicura e accendo la candela! Ho da raccontarvi qualcosa che mi ha impressionato come mai in vita mia! A voialtri che siete a casa, certo, vi farà poca impressione, [ma qui è diverso].
Da diversi giorni pioviggina; pioggia incessante e noiosa. [...] L'altro ieri, dopo [le] diverse e svariate peripezie di questi ultimi tempi (per le quali ho guadagnato l'encomio solenne datomi dal Maggior Generale Comandante del nucleo, Giuseppe Francesco Ferrari), si trattava di andare a dare il cambio ad un plotone di alpini che era da molte ore sotto il fuoco, e che aveva da due giorni respinto quei contrattacchi di cui parlano i bollettini, per i quali gli austriaci lasciano ogni volta dozzine di morti sul terreno (che ancora si vedono).
Naturalmente tutto si svolge sempre al buio. Dunque, al buio, arrivo nel posto ove dovevo recarmi. Trovo il sottufficiale, sergente alpino, e domando dell'ufficiale. Mi sussurra: «Il tenente è stato ferito alla mano proprio ora da una pallottola, ed è là in un angolo».
Lo cerco, lo trovo.
«Come stai? Che cos'hai?» gli chiedo.
Sempre al buio, l'aiuto a fasciarsi. Scambiamo varie parole sottovoce, gli chiamo le consegne speciali. Quindi i miei prendono posto in trincea mentre il tenente, causa l'oscurità, attenderà le prime luci dell'alba per essere accompagnato. Nel frattempo, mi avvicino a lui sovente. Passano così le ore... Arrivano le 2, le 3, le 4, le 5. Lo osservo bene. Anche lui mi guarda... Ci guardiamo mentre le prime luci sfilacciate illuminano i nostri visi soldateschi.
Ad un tratto lui fa: «Sobrero!!! Tu qui!»
«Del Mastro!» faccio io.
E ci siamo abbracciati. Mentre le pietre che ci circondavano erano sparite, e noi ci trovavamo di nuovo a scuola tra i vecchi, accoglienti banchi di legno su cui avevamo studiato. Chi avrebbe mai pensato che ci saremmo ritrovati proprio lì? Una volta col grembiale nero, ora con la nostra logora e puzzolente uniforme: lui quella di sottotenente degli alpini, io quella di sottotenente di Fanteria. Lo ripeto, voi forse non potrete capire l'impressione che mi fece il ritrovarsi qui, in questi luoghi, dopo tanti anni. Non lo scorderò mai!
Intanto, hanno già raccolto gli elenchi per distretto e... licenze in vista. 20 o 25 giorni, a quanto pare. Figuratevi!!
Chiudiamo qui l'intervento, con questa sorta di agra favola alla rovescia, in qualche modo illuminante in merito alla difficoltà di far coesistere armoniosamente, per un soldato della Grande Guerra, ciò che si è diventati con ciò che si era.
Nel periodo in oggetto, Sobrero, per qualche ragione, sembrava un poco smuovere (intenzionalmente o meno) quella sorta di controllata reticenza che gli impediva sovente d'addentrarsi nella narrazione della propria esperienza di soldato, riuscendo finalmente a raccontare, in modo assai personale e attualissimo, il nuovo e terribile paesaggio (anche mentale) che la prima guerra moderna andava delineando.
Cartolina del 29 agosto 1916 |
29/8 Carissimi, sto sempre bene. [...] Ieri sera, dopo gran bombardamento, fu conquistato il Cau...l.
"Biglietto" del 2 settembre 1916 |
2/9 Carissimi, vi unisco qui un bigliettino, e son bigliettini che si ricevono soltanto qui e... colla faccia a terra! Capirete che San Rocco è protettore necessario, qui, perché, se non vi fossero ogni tanto o pietre o rocce [dietro cui ripararsi]...!!!!
Ed ecco dunque cosa riporta questo biglietto, composto da brevi annotazioni giustapposte di colleghi e superiori, fatto pervenire a Sobrero mentre era in azione:
Caro Cici, salutissimi cordiali da parte nostra. Attento al ta-pum! Che San Rocco ci protegga nella speranza di rivederci presto.Nell'insieme, una comunicazione di sorprendente levità e allegria, la cui evidente fatuità ci racconta qualcosa in merito all'assoluta necessità per i soldati d'instaurare rapporti intensi e solidali con i compagni in frangenti tanto estremi.
Federico CostaTanti saluti dal
Capitano MariniDiam picinin! [nota: dialettale, "Forza piccolino!"]
Federico CarusonA quando il violino?
G.Merlo
Passiamo ora ad alcuni messaggi dei giorni successivi, capaci di offrirci un quadro piuttosto esauriente dell'ambiente pieno di insidie in cui Sobrero e compagni dovevano operare:
4/9 Qui stanotte passammo di rincalzo. E fra poco, speriamo, un po' a riposo. Tutto va bene, anche perché domattina faremo toeletta!!!!
5/9 L'altra notte ebbi a fare una difficile ricognizione alla linea nemica, sotto una pioggia... diretta e continua. Tornai (verso il mezzogiorno successivo) con la pattuglia di volontari, senza nemmeno un ferito... Oltre al disagio della pioggia, ero stato continuamente sotto il fuoco, perché fin dalla partenza mi avevano visto e perseguitato con mitragliatrici e fucilerie. E... sono stato nuovamente proposto per un encomio solenne dal mio colonnello.
7/9 Qui piove giorno e notte e nevica già. Vivo in buche recondite o dietro ai sassi, nascosto a tutti per ore, leggendo qualsiasi cosa abbia nello zaino, anche la carta che avviluppa il rancio.
Lettera del 10 settembre 1916 (pagina 1) |
10/9 Carissimi, stanotte posso scrivere tranquillo! Ho una bella buca blindata e sicura e accendo la candela! Ho da raccontarvi qualcosa che mi ha impressionato come mai in vita mia! A voialtri che siete a casa, certo, vi farà poca impressione, [ma qui è diverso].
Da diversi giorni pioviggina; pioggia incessante e noiosa. [...] L'altro ieri, dopo [le] diverse e svariate peripezie di questi ultimi tempi (per le quali ho guadagnato l'encomio solenne datomi dal Maggior Generale Comandante del nucleo, Giuseppe Francesco Ferrari), si trattava di andare a dare il cambio ad un plotone di alpini che era da molte ore sotto il fuoco, e che aveva da due giorni respinto quei contrattacchi di cui parlano i bollettini, per i quali gli austriaci lasciano ogni volta dozzine di morti sul terreno (che ancora si vedono).
Naturalmente tutto si svolge sempre al buio. Dunque, al buio, arrivo nel posto ove dovevo recarmi. Trovo il sottufficiale, sergente alpino, e domando dell'ufficiale. Mi sussurra: «Il tenente è stato ferito alla mano proprio ora da una pallottola, ed è là in un angolo».
Lo cerco, lo trovo.
«Come stai? Che cos'hai?» gli chiedo.
Sempre al buio, l'aiuto a fasciarsi. Scambiamo varie parole sottovoce, gli chiamo le consegne speciali. Quindi i miei prendono posto in trincea mentre il tenente, causa l'oscurità, attenderà le prime luci dell'alba per essere accompagnato. Nel frattempo, mi avvicino a lui sovente. Passano così le ore... Arrivano le 2, le 3, le 4, le 5. Lo osservo bene. Anche lui mi guarda... Ci guardiamo mentre le prime luci sfilacciate illuminano i nostri visi soldateschi.
Ad un tratto lui fa: «Sobrero!!! Tu qui!»
«Del Mastro!» faccio io.
E ci siamo abbracciati. Mentre le pietre che ci circondavano erano sparite, e noi ci trovavamo di nuovo a scuola tra i vecchi, accoglienti banchi di legno su cui avevamo studiato. Chi avrebbe mai pensato che ci saremmo ritrovati proprio lì? Una volta col grembiale nero, ora con la nostra logora e puzzolente uniforme: lui quella di sottotenente degli alpini, io quella di sottotenente di Fanteria. Lo ripeto, voi forse non potrete capire l'impressione che mi fece il ritrovarsi qui, in questi luoghi, dopo tanti anni. Non lo scorderò mai!
Intanto, hanno già raccolto gli elenchi per distretto e... licenze in vista. 20 o 25 giorni, a quanto pare. Figuratevi!!
Chiudiamo qui l'intervento, con questa sorta di agra favola alla rovescia, in qualche modo illuminante in merito alla difficoltà di far coesistere armoniosamente, per un soldato della Grande Guerra, ciò che si è diventati con ciò che si era.
Nel periodo in oggetto, Sobrero, per qualche ragione, sembrava un poco smuovere (intenzionalmente o meno) quella sorta di controllata reticenza che gli impediva sovente d'addentrarsi nella narrazione della propria esperienza di soldato, riuscendo finalmente a raccontare, in modo assai personale e attualissimo, il nuovo e terribile paesaggio (anche mentale) che la prima guerra moderna andava delineando.
Dario Malini
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