Arte nei campi di prigionia - dal taccuino di disegni di Anna Felice Sobrero (seconda parte)

Prosegue la presentazione dei disegni contenuti nel taccuino di prigionia di Anna Felice Sobrero (vedere Laboratorio Sobrero, interventi dal 39 al 53), cui abbiamo dedicato l'intervento introduttivo Arte nei campi di prigionia: prima parte, incentrato sui soggetti umoristici. Ora andremo a considerare i restanti disegni, raffiguranti paesaggi, luoghi di reclusione e altro ancora.

b. Paesaggi di carattere orientaleggiante: il vagheggiamento della bellezza e del ritorno a casa

fig. 11 Paesaggio con il monte Fuji, pp. 16-17

Nelle travagliate giornate della seconda metà del dicembre 1917, quando il campo di Rastatt fu teatro di proteste organizzate da parte dei prigionieri per la carenza di viveri, Sobrero disegnava nel suo diario alcuni paesaggi di carattere orientaleggiante, con motivi che sembrano tratti dalle stampe giapponesi. In uno di questi (fig. 11), nel margine delle pp. 16-17, è raffigurata una marina con barche veleggianti; cui fa da sfondo il monte Fuji che s’erge maestoso nel rosso infuocato emanante dalla sfera solare nell’atto di inabissarsi dentro le acque. 
fig. 12 Taccuino di Sobrero, pp. 18-19
Nelle pagine successive del taccuino si trovano una scritta simulante dei caratteri giapponesi e un motivo decorativo con fusti di bambù (figg. 12 e 13), entrambi racchiusi in una fascia verticale. 

fig. 13 Motivo decorativo
Un secondo paesaggio di formato orizzontale (fig. 14), nel margine di p. 20, affianca le note appuntate la vigilia di Natale 1917, incentrate anzitutto sulla questione cibo, punto focale dei pensieri dei prigionieri: vi è rappresentato un lembo di terra bagnato dal mare, con un palmeto e delle costruzioni in stile arabeggiante, sullo sfondo di un cielo rosso infuocato.

fig. 14 Paesaggio orientale

A proposito dei soggetti appena citati, è importante sottolineare come essi appaiano privi di nessi con le notazioni scritte. Avulsi da qualsiasi dolorosa contingenza, attuano una vera e propria evasione dalla condizione mentale data dalla privazione della libertà, attingendo al mondo libero e tutto interiore dell'arte. Disegnati con ogni cura, dotati dei connotati di bidimensionalità e linearismo propri delle stampe giapponesi, cui s’apparentano anche per i formati, queste piccole opere rappresentano un segno tangibile di ciò che in quei tristi momenti, prossimi alle festività natalizie, potesse aiutare il prigioniero a distogliere la mente dal pensiero nostalgico della famiglia, acuito dalla durezza delle condizioni di detenzione. 

fig. 15 Paesaggio italico
Anche le note del giorno di Pasqua 1918 sono accompagnate da un paesaggio pervaso da un senso di pacatezza sognante (fig. 15), ottenuto contemperando dei toni caldi (il rosseggiare del tramonto) e freddi (l’azzurro del paesaggio). La presenza di alcuni cipressi in un tratto di terra lambito dal mare sembra conferire a questo soggetto delle connotazioni italiche, allusive alla bellezza della terra patria, oggetto di tutti i vagheggiamenti dell’autore. Che altro, del resto, egli avrebbe potuto desiderare se non una Pasqua che gli dischiudesse un varco verso casa?

fig. 16 Calendario 1918
Quanto al vagheggiare il ritorno a casa, ne possediamo un'attestazione del tutto singolare in una veduta collocata all’interno di un tondo posto nella pagina di diario che apre il 1918, ravvivato da motivi decorativi (fig. 16); si tratta di una immagine della fabbrica di Gassino Torinese del calzificio Sobrero, abbellita dal rosseggiare del cielo, e assai ben caratterizzata nella resa dell'edificio centrale sopravanzante tra due ampie ali laterali. Dal confronto con una foto dello stabilimento del 1914 (messa a disposizione per gentile concessione dall’Archivio Carlo Bosco), si potrà constatare una perfetta e commovente rispondenza con l'edificio del disegno, ripreso a memoria (fig. 16a) . 

fig. 16a Calzificio Sobrero a Gassino - Foto del 1914
(Archivio Carlo Bosco)

c. Rappresentazioni dei luoghi di prigionia: Rastatt, il campo e la fortezza 

Alcuni tra gli acquarelli contenuti nel taccuino del tenente Sobrero raffigurano i luoghi della prima parte della sua reclusione: il campo e la fortezza di Rastatt. Quanto al campo, sono tre i disegni che vi fanno riferimento, mentre una sola ripresa è dedicata alla fortezza. 

fig. 17 Kriegsgefangenelager blok 7

Nel primo disegno del campo di Rastatt (dove Sobrero arrivò l'11 novembre 1917), risalente alla prima decade di gennaio 1918, è effigiata una baracca (p. 27 del taccuino), presentata con il titolo Krigsgefangenelager block 7 (fig. 17). La costruzione quadrangolare sorge nel mezzo di un prato, in prossimità ad una zona alberata esterna (il confine della Foresta Nera) da cui la separa la cinta di filo spinato. Da rimarcare la ricercatezza degli effetti di luci e ombre tra le chiome arboree, resi mediante linee parallele di vari toni cromatici (dal verde al grigio al nero). Così ingentilita dal tocco artistico, la baracca viene riscattata dal grigiore proprio alla sua natura di luogo di prigionia.

fig. 17a Giuseppe Denti, Un Gefangen coglie erbe...,
novembre 1917 (Archivio Giuseppe Denti)

Un altro prigioniero del Russenlager di Rastatt, il capitano Giuseppe Denti, disegnava nello stesso periodo una ripresa del campo comprendente una baracca di legno simile a quella del block 7. In primo piano possiamo vedere due gefangen (prigionieri), uno dei quali sta raccogliendo dell'erba dal terreno per mangiarla, come riporta il titolo: Un Gefangen coglie erbe che la fame fa ritenere mangiabili. Nelle note della prima metà di novembre, Denti scriveva: "Giorni uguali, tristi. Fame rabbiosa", mettendo in luce uno stato d'animo diametralmente opposto a quello del nostro (nota 1).
A particolari elementi collocati all’interno della baracca si riferiscono altri due disegni di Sobrero: l’uno, a p. 22 del diario (risalente al periodo di Natale 1917), raffigura delle cuccette sovrapposte, l’altro (del 14 gennaio), una stufa, a p. 29. Il primo (fig. 18), riportiamo dal commento di Dario Malini, sembrerebbe “una raffigurazione tanto gradevole e ordinata - con federe, lenzuola e coperte a disegni scozzesi - da apparire idealizzata, ad evidenziare un'insopprimibile voglia di normalità.”

fig. 18 Cuccette nel blok 7 - Kriegsgefangenelager 
Le stesse caratteristiche di ordine e gradevolezza possiede la stufa di ghisa di fig. 19, in cui scoppiettano delle braci di un bel rosso fuoco. Lungi dall'apparire semplici trascrizioni oggettive della realtà del lager, queste immagini parrebbero essere in qualche modo contaminate da sensazioni e ricordi di un mondo lontanissimo dalla guerra, provenienti da luoghi confortevoli e familiari, divenendo espressioni dell’anelito di rifuggire, almeno mentalmente, dalla tetraggine e dal dolore del campo. 

fig. 19 Stufa nel blok 7 - Kriegsgefangenelager 

La fortezza di Rastatt, dove Sobrero era stato trasferito il 19 gennaio 1918, è stata uno dei campi di reclusione più terribili. L’acquarello che troviamo a pag. 37 del taccuino (fig. 20), realizzato il 25 gennaio 1918, ne mostra un tratto della facciata, con la porta di accesso che conduce alla camerata detta "ridotta 15" (indicata dalla scritta posta sopra l’entrata). Come il precedente disegno, a prima vista, potrebbe apparire un soggetto di mero carattere documentale. Se però si considera l'intonazione chiara dell'immagine e di come nel raffigurare la poderosa struttura militare, Sobrero l’abbia abbellita d’un verdeggiante e sinuoso arbusto, posto in evidenza, a mo' d'arabesco, in primo piano, si comprenderà quanto tale triste costruzione sia stata affrancata dallo squallido sembiante che doveva possedere. Demolita nel 1920, la struttura è documentata da una fotografia conservata all’Historischer Verein del Comune di Rastatt

fig. 20 La fortezza di Rastatt

Altri prigionieri ne hanno lasciato testimonianza, come Francesco Nonni, che, catturato a Caporetto e di qui deportato a Rastatt, ne aveva fissato la sinistra foggia in due disegni eseguiti in un periodo molto prossimo all’acquarello di Sobrero. Senza nessuna idealizzazione, Nonni ha ripreso in scorcio l’esterno della fortezza, con i medesimi elementi (ingresso e finestra soprastante, aperture laterali) che appaiono nel disegno di Anna Felice, anche se, rispetto a questi ultimi, mancano alcune finiture e certi particolari, come il bugnato intorno alle finestre e la scritta sopra l’accesso, per cui il complesso risulta decisamente più sommario (fig. 20a). 

fig. 20a Francesco Nonni, La Fortezza di Rastatt, disegno 
(Faenza, Pinacoteca Comunale)

d. Effigi di personaggi 

Un tema tra i più frequentati nell’arte di guerra è il ritratto, che sovente riguardava delle riprese di compagni d'armi. Da questo punto di vista va osservato come Sobrero costituisca un'eccezione, considerando la mancanza di questo genere di soggetti nel suo taccuino, fatto salvo per la presenza del volto di un uomo, tratteggiato a inchiostro e contrassegnato dalla scritta “SOLF” (fig. 21), collocato nelle pagine bianche della sezione finale. Tale scritta ci permette di risalire all'identità del personaggio effigiato, da riconoscere nel politico tedesco Wilhelm Solf che, nell'ottobre 1918, ricoprì la carica di segretario degli affari esteri, e che in questa veste condusse le trattative per l'armistizio entrato in vigore l'11 novembre. Tale identificazione è confermata dalla coincidenza dei tratti fisionomici, quali la conformazione brachicefalica del cranio, il grosso naso, la calvizie marcata, la bocca sottile e allungata, le pieghe della pelle nelle guance, rilevabili al confronto con alcune foto dello stesso periodo. Non è possibile arguire con precisione quali ragioni avessero potuto indurre Sobrero a realizzare questo ritratto, in mancanza di una datazione sicura ed elementi atti a indicarne un preciso motivo di interesse.  

fig. 21 Ritratto di Wilhelm Solf

Tra i ritratti, andranno inoltre considerati quelli realizzati da Sobrero per il giornale di prigionia «Italia», edito nel lager di Ellwagen (a proposito delle interessanti vicende legate a questa rivista, vedere Laboratorio 49 e Laboratorio 50). Nel n. 5 di «Italia» compaiono due sue opere: Il Capo e Il cittadino che protesta.
Fig. 22 il Capo

Il primo, fig. 22identificato da Dario Malini con F. Minneci, compositore di musiche per orchestra eseguite nel campo in varie occasioni, è un compagno di prigionia con cui Anna Felice dovette condividere la propria passione per la musica. Ben caratterizzato dal profilo semita, la barba folta, il berretto di panno con visiera, ripreso mentre assapora pensieroso il fumo di una pipa, sembra incarnare un tipo di intellettuale un po' schivo e laconico.

fig. 23 Il cittadino che protesta
Il cittadino che protesta (di cui nel taccuino si trova il disegno preparatorio, fig. 23) è una figuretta buffa, dal naso lungo, l’indice teso in alto, che incarna l’autore di alcuni ilari appelli polemici pubblicati dal giornale. 

fig. 24 Il colonnello Mazzino
Per il n. 8 di 
«Italia» Sobrero disegnò una terza caricatura, quella del tenente colonnello Mazzino, fig. 24, che, come il ritratto de Il Capo, è di profilo. Mazzino ha il naso all’insù e indossa un elmo d’acciaio che gli conferisce un aspetto bellicoso, ripreso con segno icastico e vigoroso. Questi disegni, nell'insieme, denotano una marcata propensione per la caratterizzazione di tipi umani, attestando la presenza di una vena umoristica estesa anche in questo ambito.

e. Un ultimo disegno 

Tra le ultime pagine bianche è presente anche un disegno, ben rifinito e monogrammato, apparentemente privo di collegamento con le annotazioni del diario: è l’immagine di un bimbo che suona una fisarmonica, posto al centro di una ragnatela (fig. 25). Considerata la posizione nel diario, la particolarità e l’unicità di questa raffigurazione, non possiamo fare a meno di pensare che l’autore vi avesse attribuito un qualche senso particolare. Tre elementi ci inducono a rintracciarvi dei legami con la vita del prigioniero Sobrero: i temi della rete, della musica e la simbologia connessa al verde dell’abito. Quanto all’immagine della rete del ragno, è difficile non supporre una allusione dello stato di prigionia. Quanto allo strumento musicale, considerando che la musica costituisce uno dei motivi tra i più ricorrenti nel diario, e che corrisponde alla grande passione che Sobrero riuscì a coltivare anche nelle più difficili condizioni imposte dalla reclusione fornendogli stimoli per superare l’inferno del lager, vi possiamo facilmente riconoscere un'allegoria alla via di salvezza che fu, nel suo caso, l’arte. Il verde degli indumenti, simbolo tradizionale della speranza, rimanda invece al sentimento portante che ha sostenuto e accompagnato il prigioniero per tutto il tempo doloroso dell’internamento, contribuendo a tenerlo vivo. Pur non sapendo  quando questo disegno venne realizzato, lo possiamo considerare una summa dell’esperienza vissuta. È davvero emozionante e commovente osservare che per parlare di sé, della sua condizione l’artista-soldato Anna Felice abbia ideato quella figura di innocenza rappresentata dal bimbo musicista, una immagine appartenente al suo mondo interiore, che imprime la sua sensibilità e influenza il suo modo di leggere le cose che accadono, con la naturalezza e spontaneità di un fanciullo.

fig. 25 Bimbo che suona la fisarmonica

Riflessioni conclusive

L’analisi dei disegni qui condotta ci porta a fare alcune considerazioni conclusive sul senso, il valore e l’importanza che la pratica artistica ha avuto per il prigioniero Sobrero. Abbiamo messo in rilievo la parte preponderante che, nei suoi soggetti, riveste l’umorismo, anche quando i temi trattati riguardano le privazioni quotidiane e la durezza delle condizioni di detenzione. Abbiamo quindi rintracciato lo speciale significato che sottendono le raffigurazioni di paesaggi, allusivi a un mondo pieno di bellezza e calore, contrapposto a quello del lager. In ultimo, si è osservato come le raffigurazioni dei luoghi della prigionia siano spesso sottilmente trasfigurati. Tutto questo, ad una considerazione d’insieme, disvela una dimensione umana non comune dell'autore del diario, in qualche modo inaspettata. Ci fa scoprire l’animo di un uomo che ha saputo resistere ad una realtà oppressiva e brutale tramite la propria forza interiore, servendosi sovente di armi raffinate quali l’ironia, il sarcasmo, la mordacità, che, impiegate con misura ed equilibrio, rendono vivi e pieni di spirito i suoi disegni. Vie di salvazione spirituale si sono inoltre rivelate per lui l’amore per l’arte e la musica, da sempre coltivate, ma diventate essenziali nei difficili mesi di detenzione. Si potrà osservare, a questo riguardo, quale incolmabile distanza passi tra l’immagine che Sobrero lascia di sé negli scritti e nei disegni del suo taccuino, e una tra le tipiche rappresentazioni dei prigionieri italiani divulgate nella stampa. A tale riguardo si veda ad esempio l'opera disegnata da Enrico Sacchetti per “La tradotta” del 21 aprile 1918 (fig. 26).

fig. 26 Enrico Sacchetti, I prigionieri italiani in Austria
in "La tradotta" (21 aprile 1918)
Colpisce nella vignetta di Sacchetti lo stato di prostrazione e di abbattimento del gruppo di italiani che, “privi di pane e della patria” come dice la scritta apposta in calce, sembrano aver smarrito anche la dignità. Non si può certo dire lo stesso di Sobrero che, senza mai perdere la speranza e la propria dimensione di uomo, è sopravvissuto all’inferno. La sua vicenda recuperata dall'oblio rappresenta un grande esempio di forza interiore e integrità morale.


Carol Morganti


<== Pagina principale                                                                        

-----------------------

Note


1. L'esperienza di prigionia di Giuseppe Denti è narrata in Siamo qui come le foglie. Lettere, immagini e note dal fronte e dalla prigionia 1915-1918, a cura di Rolando Anni, Brescia  1997. Dal libro è stata tratta la tavola riportata in fig. 17a (pag. 64) e le annotazioni di Denti sulla prigionia qui trascritte (pag. 185).

Nessun commento:

Posta un commento