Laboratorio Sobrero (53): «Mamma cara! Giunto qui a Firenze, come Dio vuole salvo!» (20 - 26 dicembre 1918)

Cartolina del 23 dicembre 1918 (particolare)

Erano trascorsi un anno e due mesi dal giorno della cattura del tenente Anna Felice Sobrero, determinatasi durante la battaglia di Caporetto: periodo triste e doloroso, nel quale il giovane era stato rinchiuso prima nel lager durissimo di Rastatt e poi in quello di Ellwangen.

Lasciapassare di Sobrero, 15 dicembre 1918

Pioveva, la mattina del 20 dicembre 1918e il cielo era ancora quasi nero.  Superati i cancelli del campo di Ellwangen, gli ex prigionieri italiani s'incamminavano stancamente verso la stazione ferroviaria della cittadina. Ognuno di loro disponeva, ben ripiegato nella tasca, di un prezioso lasciapassare. Quello di Sobrero diceva:

Campo di prigionia di Ellwangen --  Ellwangen, 15 dicembre 1918

Documento

Il tenente Sobrero ha il permesso di recarsi a Stoccarda dal 16 al 19 dicembre.
Firma illeggibile
Tenente & Comandante

A rigore, al momento della partenza, quel documento era già scaduto, ma chi ci badava in quei giorni caotici? 
Era ormai passato diverso tempo dalla firma dell'armistizio (nota 1), ma i prigionieri italiani solo allora cominciavano a rientrare in patria: 
Avvenne quindi che, mentre i prigionieri di altre nazionalità, in seguito ad accordi tra governi, furono sollecitamente rimpatriati - tutti i francesi internati in Germania lasciarono ad esempio i campi entro il gennaio 1919 - i primi convogli partirono dalla Germania diretti in Italia solo a metà dicembre, e molti degli internati dovettero attendere ancora vari mesi prima di tornare in patria (nota 2).
Trascinandosi dietro qualche povero fagotto, Sobrero raggiungeva infine il suo treno e saliva in uno dei quattro vagoni da cui era composto (III classe, senza riscaldamento né illuminazione), sistemandosi poi alla bell'e meglio su un qualche sedile. Difficile immaginare cosa gli passasse per la testa. Certo lo stato d'animo di tutti coloro che riempivano il convoglio doveva essere agitato ma anche straordinariamente euforico, nonostante il sonno, la stanchezza, il freddo, la fame. E non è difficile immaginare come tutto il percorso fosse accompagnato da canti, risate e da quella confusa e cacofonica caciara che, a quanto pare, non possono evitare di produrre i militari quando sono riuniti. 

Appunti di viaggio di A. F. Sobrero (20 - 21 dicembre 1918) 

Possiamo in qualche modo accompagnare Sobrero nel viaggio di rimpatrio, poiché il suo diario contiene un paio di pagine riempite a matita con diverse annotazioni relative alle fermate effettuate dal treno, che seguiva un percorso di circa 400 km, con destinazione Basilea:

20 dicembre (vagoni gelati, pioggia, buio)

Ellwangen ore 11
Crailsheim ore 12
Neuenstein ore 14
Heilbronn ore 17,30
Karlsruhe ore 22,30
Durmersheim ore 24

21 dicembre (caffè)

Rastatt ore 2
Offenburg ore 4
Friburgo ore 7,30
Schliengen ore 9
Weil Leopoldshöhe ore 11,40
Cambio vagone svizzero: riscaldamento e illuminazione
Fine Germania ex grande
Basilea ore 12
Se il ritorno dalla Germania fu dunque, per Sobrero come per la maggior parte dei nostri militari internati in quel paese, un poco tardivo, ma regolare e non prolungato, è doveroso ricordare che 
il tragitto compiuto da altri prigionieri [i cui lager erano dislocati in differenti luoghi] per giungere in patria durò spesso settimane e, in alcuni casi, molti mesi (nota 2).
Deleterie furono le inadeguate condizioni igieniche e la forzata promiscuità nelle quali vennero a trovarsi sovente gli ex prigionieri durante il viaggio di rimpatrio e poi nei luoghi di raccolta, che favorirono il diffondersi dell'
influenza spagnola, oltre che di malattie quali la scabbia e la malaria. 
Poco si è detto e scritto intorno a questo drammatico capitolo della storia della Grande Guerra italiana, cui qui possiamo solo accennare, dediti come siamo al compito precipuo di seguire le vicende del nostro tenente. 
Il modesto mezzo ferroviario sui cui viaggiava, verso le 11 e 40 del 21 dicembre, giunto non distante dal confine della Germania, si fermò, facendo scendere gli estenuati passeggeri. I quali poterono proseguire su assai più confortevoli vetture svizzere, dotate di "riscaldamento e illuminazione", lasciando infine, certamente giubilanti, il paese che li aveva visti prigionieri ("fine Germania, ex grande" non poté esimersi di appuntare mordacemente il nostro), giungendo in breve a Basilea. 
Sobrero documentò l'approdo in Svizzera in modo estremamente sintetico ma anche piuttosto eloquente:
Grande ricevimento
donnine + [vino?] rosso
Pranzo, fiori, Marcia reale
Jolanda.
Nella Confederazione elvetica i militari furono dunque ricevuti benissimo (il nostro tenente forse lo fu pure da quella Jolanda il cui nome annotò giusto in fondo alla pagina). Non abbiamo testimonianze dirette, invece, riguardo all'accoglienza offerta loro una volta giunti in Italia. È ben documentato però che per l'arrivo dei cosiddetti  vinti di Caporetto in patria 
non era stata organizzata alcuna manifestazione celebrativa, come era invece avvenuto negli altri paesi belligeranti. Il sospetto di diserzione, alimentato dal Comando Supremo, faceva sì che i rimpatriati fossero ovunque guardati con diffidenza. Anche gli ufficiali erano stati ricevuti con freddezza (nota 3).
Cartolina del 23 dicembre 1918 (fronte e retro)

Un paio di giorni dopo, in ogni modo, Anna Felice Sobrero raggiungeva Firenze, dove veniva ricoverato nell'ospedale militare istituito all'interno dell'hotel Bristol. Prendiamo ora in mano la cartolina che  inviò a casa dalla Toscana, ed è davvero emozionante immaginare con quale turbamento, consolazione, incredulità ed esultanza poté tracciare le righe che aprono questo messaggio: «Mamma cara! Giunto qui a Firenze, come Dio vuole salvo!». Una frase che attendeva di essere composta fin da quel maggio 1915 in cui si veniva a delineare il conflitto, differita poi dal lungo periodo di sanguinose battaglie sulle montagne innevate delle Dolomiti e quindi dalle sfibranti giornate trascorse lungo le linee olezzanti di morte dell'Isonzo, sino alla battaglia di Caporetto, ai giorni della cattura e quindi della prigionia in Germania, segnati dal freddo, dalla fame implacabile e dalla tristezza. Ed ora tutto quel dolore faceva parte del passato e la frase impensabile (prodigiosa e inverosimile come il lieto fine con cui si concludono alcune favole) poteva finalmente essere scritta:

Mamma cara!
Giunto qui a Firenze, come Dio vuole salvo! Trovai subito i Modena per mettermi in relazione. Telegrafai a voi il mio arrivo. Entro stasera all'hotel Bristol (ospedale) per un po' di convalescenza ancora. Buon Natale! Penso sempre a voi! Chiederò licenza prossimamente per riabbracciarvi. Se potete (sottolineo se potete) venga qualcuno a trovarmi il giorno dopo Santo Stefano! O mamma o papà o Lily. Sarò [comunque] tanto contento, ma se viene papà, forse sarà meglio per me e la mia licenza. Telegrafate prima di partire. Indirizzo hotel Bristol oppure presso i Modena.
Passate buone feste tutti e buon Capodanno. E arrivederci presto presto. Datemi notizie vostre. Bacioni. Cici

Lettera del 26 dicembre 1918 (fronte e retro)

La lettera di Sobrero del 26 dicembre, l'ultima sua che ci è pervenuta (e probabilmente anche l'ultima che ha inviato a casa come militare), ci permette di avere un quadro più completo dell' ambigua situazione che dovevano vivere i combattenti sopravvissuti al lager, informandoci sull'incombenza per lui (come per i compagni) di "subire l'interrogatorio [cui] ogni prigioniero deve sottostare". A tale proposito, va tenuto presente che sui militari italiani finiti in mani nemiche nel corso della rotta di Caporetto gravavano pesanti pregiudizi, quasi fossero stati tutti disertori. In preparazione di questo ansiogeno incontro (che ebbe comunque per lui un esito del tutto positivo), Sobrero redasse un dettagliato memoriale sulle circostanze della propria cattura, memoriale che si è conservato (si veda la trascrizione e il commento di questo documento nel laboratorio 38). 
Ma ecco il testo della lettera del 26 dicembre, scorrendo la quale appare evidente come ormai, su tutto, prevalga nel nostro la voglia irrefrenabile di poter tornare a casa a riabbracciare i propri familiari, dimenticando quanto prima la terribile esperienza della guerra.
Firenze, hotel Bristol, 26/12/1918 ore 20
Ho scritto iersera alla signorina Modena. Ho passato visita medica superiore e sono stato proposto per 30 giorni (in più dei 15 di licenza) per convalescenza. Ora sono ancora qui all'ospedale Bristol per debolezza alla gambe ed al braccio sinistro (niente di grave). Esco domattina per andare a subire l'interrogatorio [cui] ogni prigioniero deve sottostare. Poi attendo papà e con lui arriverò a Torino [...] per essere tra le vostre braccia! [...] Non vedo l'ora di abbracciarvi: due anni giusti che non vi vedo!!!
Bacioni
Bacioni
Bacioni
Cici
Non sappiamo esattamente quando Sobrero ottenne il congedo: il suo foglio matricolare relativo al periodo in esame risulta purtroppo irreperibile nell'Archivio Centrale dello Stato. In ogni modo, si può presumere che il ragazzo abbia potuto lasciare le armi subito dopo la licenza concessagli a fine dicembre 1918, forse anche per intercessione di Gustavo Modena, amico di famiglia, industriale nel settore manifatturiero e personalità di rilievo nella Firenze dell'epoca.

Diario di prigionia di A. F. Sobrero, acquarello,
ultima pagina del diario

Con la confortante cronaca di Felice Sobrero giunto infine incolume a casa potremmo chiudere convenientemente il nostro studio. Prima di farlo, però, vogliamo sottoporre al lettore il curioso acquarello che compare nell'ultima pagina del suo diario di prigionia, una posizione che sembra assegnargli un qualche speciale significato. Raffigura semplicemente un bimbo (un mendicante, si direbbe, osservando la toppa sul ginocchio destro dei suoi pantaloni) che suona l'armonica, mentre sullo sfondo si erge in grande e inquietate evidenza una gigantesca ragnatela. Si tratta di un'immagine allegorica? Cosa mai avrà a che spartire questa bizzarra raffigurazione con la durissima esperienza vissuta da colui che l'ha ideata? Per comprenderlo, o almeno per formulare una possibile ipotesi sul suo significato, ci sembra rilevante notare come anche il monogramma con cui Sobrero ha firmato l'opera (AFS) sia circondato da una ragnatela: elemento solo apparentemente marginale che potrebbe andare invece a delineare una sorta di rilevante affinità tra autore e soggetto dell'acquarello. Ad evidenziare forse la possibilità per un militare, che altro non è che un civile gettato all'improvviso nel carnaio di un inaudito conflitto come quello che si era appena chiuso (ben rappresentato dal piccolo e candido mendicante), di trascendere la paura, l'alienazione, la terribile stagnazione spirituale indotta dalla bruta vita guerresca (simboleggiata dalla ragnatela), coltivando l'arte (la musica, nello specifico), vale a dire, la vita dello spirito. Intesa in tal modo, l'opera evidenzia con pregnante semplicità un percorso di possibile salvazione dall'abbruttimento: ed è questa, probabilmente, la stella polare che ha guidato Anna Felice Sobrero fuori dagli orrori della guerra, permettendogli di uscirne (almeno parzialmente) illeso spiritualmente oltre che nel fisico. 
La famiglia Sobrero, «La Nuova Perifieria» del 24 settembre 2019
Prima fila: cav. Ettore, Cesarino e Luisa Mattey Sobrero
Seconda fila: Giovanni, Gabriella - detta Lily -, Emilio, Felice ed Edmondo (Dino) 

A riprova di ciò, è interessante notare con quanta gioia e determinazione Felice, una volta congedato, tornò ad occuparsi del calzificio di famiglia, con la collaborazione dei quattro fratelli (Emilio, Edmondo - detto Dino -, Giovanni e Cesare, i primi due sopravvissuti come lui alla guerra), sino ad assumerne la guida, dopo la morte del padre Ettore (nel 1924), fondatore dell'impresa industriale nel 1883 (nota 4). 

No botton, brevetto del calzificio Sobrero Est, 1950

Sotto la guida di Felice la "Sobrero Est" sviluppò prodotti innovativi (come il boxer "No button" dell'immagine, risalente agli anni Cinquanta) e adottò strategie di marketing moderne, che permisero alla produzione di acquistare rinomanza in Italia e anche all'estero. Negli anni Cinquanta, ad esempio, la "Sobrero Est" fu tra le prime industrie italiane a produrre calze e collant di nylon, un tessuto mai utilizzato prima nelle confezioni sartoriali, che aprì la strada a una vera rivoluzione stilistica e sociale (nota 5). 

Non sappiamo granché sulla quotidianità extra lavorativa del nostro, che si sposò ed ebbe tre figli, uno dei quali è il noto pittore Ettore Sobrero, nato il 7 agosto 1924. Dall'introduzione di Bruno Gambarotta al testo di quest'ultimo Incontri reali e anche meno, abbiamo notizia che Felice 
di giorno ricopriva la carica di presidente del calzificio, e la sera dipingeva. È stato lui ad affrescare le pareti della 'Taverna Dantesca', un locale seminterrato di via Vela a Torino. Era anche un discreto violinista.
Ettore Sobrero, Incontri reali e anche meno
La Taverna Sobrero di via Vela a Torino
La Taverna Dantesca (chiamata anche Taverna Sobrero) altro non era che un vero e proprio locale che i Sobrero avevano aperto nella loro villa per poter ascoltare dell'ottimo (e allora proibitissimo) jazz! 
Ecco qualche notizia al riguardo:
A partire dagli anni Trenta, in una Torino che da sempre era stata all'avanguardia in campo musicale, si sviluppò l'interesse per un nuovo genere statunitense, che inizialmente coinvolse un ristretto numero di neofiti: il jazz. Ovviamente quel ritmo che riecheggiava le arti dei "negri" fu deriso dagli amanti del bel canto all'italiana, mentre il regime fascista osteggiò l'esecuzione di quella musica proveniente da oltreoceano, definita «demogiudoplutomassonica». Ciò non toglie che Louis Armstrong, nel 1935, tenne due concerti in città, uniche date italiane della sua tournée europea, che riscossero uno strepitoso successo [...]. Le jam-session si tenevano alla Taverna Sobrero, in via Vincenzo Vela, in un'atmosfera quasi carbonara.
Il giro di Torino in 501 luoghi di Laura Fezia
La convivenza difficile dei Sobrero con il regime fascista è ribadita in un interessante servizio dedicato al calzificio di Gassino, pubblicato da un giornale locale: 
Fu soprattutto al jazz che si appassionarono [i Sobrero], tanto da rendere la loro dimora torinese il primo locale italiano in cui risuonarono le melodie del nuovo genere. Ma questa era l'epoca del fascismo e ciò che proveniva da fuori i confini era proibito, quindi i Sobrero escogitarono un trucco che salvò loro la vita. A ogni ronda delle Camicie Nere, nel locale si intonava la versione jazz di Faccetta nera e il pericolo era scampato.
«La Nuova Perifieria» del 24 settembre 2019
Il complesso industriale di Gassino diede lavoro per decenni a oltre 600 persone per poi dichiarare fallimento nel 1971, a meno di quattro anni dalla morte di Felice, avvenuta senza alcun preavviso il 16 gennaio 1963, all'età di 67 anni. Le ragioni della chiusura non sono del tutto chiare, legate certamente alla crisi del settore che cominciava a profilarsi, ma anche a dissapori sorti tra le diverse generazioni dei Sobrero che gestivano l'azienda, non più tenute assieme dalla lucida visione e dalla accorta capacità di mediazione di Felice, qualità che abbiamo avuto modo d'osservare in più occasioni nel corso della sua esperienza di guerra.  
Non ci è dato sapere quali furono le cicatrici che il conflitto aveva lasciato in Felice Sobrero, quali esperienze egli dovette rielaborare e dotare di un senso per poter proseguire nella propria esistenza, senza restare invischiato nella ragnatela delle memorie di morte e prigionia che certo dovevano di tanto in tanto tormentarlo. A tale proposito, ci viene irresistibilmente in mente un testo che, non molto tempo dopo la chiusura della "Sobrero Est", avrebbe scritto Italo Calvino per le sue Città invisibili, edificando la città-ragnatela di Ottavia che sorge 
[...] in mezzo a due montagne scoscese [...] legata alle due creste [da una ragnatela di ] funi e catene e passerelle. [...] Sotto non c'è niente per centinaia e centinaia di metri: qualche nuvola scorre; s'intravede più in basso il fondo del burrone. Questa è la base della città: una rete che serve da passaggio e da sostegno.
Ed è su questa immagine che concludiamo il nostro lungo viaggio di recupero della vicenda dimenticata del tenente Anna Felice Sobrero, dalla quale non vorremmo che venisse tratta una qualche facile e univoca morale, ma piuttosto divenisse stimolo per attuare una profonda riflessione sulla guerra e, in particolare, sul rapporto tra quei giorni sanguinosi e i nostri tempi cui quegli eventi, come la ragnatela per il piccolo fisarmonicista, continuano inevitabilmente a fare da sfondo. Considerazione che ci riporta a Ottavia, la città-ragnatela sospesa sull'abisso, che, non troppo diversamente dalle nostre città (e dalle nostre vite), può evitare il disastro solo comprendendo la sua stessa statica, affidandosi alla saggezza di coloro che la abitano, alla loro consapevolezza di vivere in un luogo e in un tempo costituzionalmente precari, le cui fondamenta altro non sono che i tenui fili di ragno della Storia. Con tutti gli orrori, le grandezze e l'inestimabile valore di insegnamento che contiene.


Dario Malini




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Note
1L'Austria aveva firmato l'armistizio il 3 novembre, la Germania l'11 novembre. 
2. Giovanni Procacci, Soldati e prigionieri italiani nella Grande Guerra, Torino 2000, p. 357. 2. Giovanni Procacci, Soldati e prigionieri italiani nella Grande Guerra, Torino 2000, pp. 355-358. 
3. Giovanni Procacci, Soldati e prigionieri italiani nella Grande Guerra, Torino 2000, p. 357. 2. Giovanni Procacci, Soldati e prigionieri italiani nella Grande Guerra, Torino 2000, p. 369.
4. Il materiale e le informazioni proposte nel breve excursus sulla vita successiva alla guerra di Felice Sobrero ci è stato gentilmente messo a disposizione da Carlo Bosco ("Archivio Carlo Bosco - Stabilimento Sobrero Est"). 
5. Daniele Selene, Un'importante pagina del nostro paese, «La Nuova Perifieria» del 24 settembre 2019, p. 34.

 

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