Diario di prigionia di A. F. Sobrero (p. 76, particolare) |
Diario di prigionia di A. F. Sobrero (pagg. 78 e 79) |
L'influenza spagnola, la più grande pandemia del Novecento, era comparsa in diversi paesi europei nel febbraio di quello stesso anno (a maggio, in Italia), diffondendosi quindi rapidamente in tutto il pianeta. Se il primo apparire del virus fu relativamente benigno, l'infezione si sarebbe ripresentata in successive ondate, travolgendo "il mondo in un battito di ciglia". I maggiori danni, questa malattia, li avrebbe prodotti "nel corso di tredici settimane, tra la metà di settembre e la metà di dicembre 1918" (nota 1). Dunque, per Sobrero, l'essersi ammalato all'inizio di luglio rappresentò certamente una fortuna che gli permise di affrontare la forma meno dannosa del virus e divenirne in seguito immune. È questo un esempio dei molti fatti casuali, del tutto fuori da ogni possibilità di controllo del singolo, che permettono a un soldato di fare ritorno a casa. Così, il 10 luglio, a solo cinque giorni dalla comparsa dei primi sintomi (che non dovettero essere lievissimi se, il 7, egli annotava: "Sono malato in letto"), Sobrero si dichiarava "quasi guarito", mentre la vita del campo procedeva apparentemente immutata:
Favola del tenente Garsia, 20 luglio 1918 cliccare sull'immagine per ingrandirla |
Risanato dall'influenza, il nostro passava ad altre questioni, appuntando, il 19 luglio, la seguente nota: "Garsia mi fa la poesia al Leonesi". Dicitura che ci rassegneremmo a considerare indecifrabile se non avessimo rintracciato, tra le sue carte, il foglietto che riporta tale composizione:
Diario di prigionia di A. F. Sobrero (pagg. 80 e 81) |
Proseguiamo ora nella lettura del diario, omettendo le molte notazioni relative a pacchi alimentari e corrispondenza, dando invece la precedenza a ciò che in qualche modo ci guidi all'interno delle lunghe e stordenti giornate che si susseguivano nel lager:
Giunsi venerdì mattina 27 corrente nella graziosa e cattolica città di Ellwangen (Württemberg), chiamata la "Roma sveva". Ricevuto alla stazione dall'ottimo monsignor de Keppler, vescovo di Rottenburg, dal comandante signor barone von Gemmingen, egregio cattolico, dallo zelante parroco locale, sacerdote Staudenmaier, di cui fui ospite, ed ossequiato da grande concorso di popolo, che s'inginocchiava al mio passaggio per le vie della città imbandierata dai colori Pontifici, celebrai la S. Messa nella chiesa parrocchiale e mi recai poi subito nel campo, accompagnato dal sullodato vescovo. Erano ad attendermi il detto comandante coi suoi aiutanti e poi il Generale italiano Farisoglio che, colle lagrime agli occhi, mi diede il benvenuto a nome dei prigionieri. [...] Quindi, visitati i principali locali del campo, ricevetti fino alla sera i molti prigionieri [...]. Ebbi da loro naturalmente uno straordinario numero di svariate domande di ordine generale (presentatemi specialmente dal generale Farisoglio e dal colonnello Porro, che s'intrattennero con me lungamente), come di indole personale. [...] Debbo ad ogni modo riconoscere che, nonostante le lagnanze e i reclami che mi sono stati avanzati, è questo, grazie ai sentimenti cristiani del barone von Gemmingen, il migliore dei campi per ufficiali prigionieri da me finora visitati in Germania (nota 6).
La circostanza è annotata dal nostro con la consueta asciuttezza: "Visita del nunzio. Discorso."
Chiudiamo riportando qualche brano delle cartoline inviate alla famiglia da Sobrero, nello stesso periodo fin qui trattato, tutte piuttosto simili tra loro e anche piuttosto scarne (e probabilmente non troppo diverse da quelle di molti compagni), ma fondamentali per mantenere vivo il sottile filo che legava il giovane ad una esistenza normale, lontana dalla alienazione della guerra e della prigionia:
1. Le informazioni fornite in questo intervento sull'influenza spagnola sono tratte dal recente saggio di Laura Spinney: 1918. L'influenza spagnola: La pandemia che cambiò il mondo, Firenze 2017.
2. Lealtà è un atto unico, del 1918, di Augusto Novelli, drammaturgo, giornalista e scrittore italiano.
3. Si tratta probabilmente della satira in quattro atti La fine dell’amore del drammaturgo, novelliere, poeta, critico teatrale e musicale napoletano Roberto Bracco (1901).
4. Sonate per violino e pianoforte di Edvard Grieg (1843-1907): n° 1 in fa maggiore op. 8, n° 2 in sol maggiore op. 13, n° 3 in do minore op. 45.
5. Si tratta del dramma in quattro atti La cena delle beffe di Sem Benelli (1909), ispirato a una novella di Anton Francesco Grazzini.
6. Pacelli, Eugenio a Gasparri, Pietro del 30 settembre 1918, in: Edizione critica online dei rapporti di nunziatura di Eugenio Pacellis (1917-1929), documento n. 482.
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