Ellwangen in una cartolina dell'epoca |
Nell'ultimo intervento (si veda laboratorio 46), abbiamo lasciato il tenente Anna Felice Sobrero mentre, la notte del 12 marzo 1918, su un sovraffollato e gelido treno, si allontanava da Rastatt, diretto verso il nuovo campo di prigionia. Accompagnandolo, vogliamo ripercorrere brevemente le sue vicende, a partire da quel 30 ottobre 1917 in cui era stato catturato dagli austriaci, a Gemona, per giungere al Russenlager di Rastatt l'11 novembre. Rastatt era un "campo di passaggio" per i soldati italiani e catapultava i detenuti in un universo davvero inquietante:
Era immenso. Le baracche per 100 e più persone, riunite in blocchi di 14 o 20 baracche ciascuno, con cucine, lavatoi, latrine. Ogni blocco separato dagli altri; erano dieci o dodici, come tanti quartieri. [...] Una città. Una vera città di legno, percorsa da viali, con grovigli di filo in alto, di luce elettrica e telefoni. Tutto simmetrico. [...] La visione del campo era squallida, tetra, desolata.Sisto Tacconi, Sotto il giogo nemico (nota 1).
Le baracche erano fatiscenti, "col tetto sconnesso che lasciava penetrar l'acqua, con il pavimento rotto, con le pareti spesso piene di fessure" (Angelo Bronzini, Memorie di prigionia, Milano 1920). Il 19 gennaio 1918 Sobrero era quindi stato trasferito in un luogo se possibile ancora peggiore, la fortezza di Rastatt, descritta nella Relazione della Reale Commissione d'inchiesta sulla violazione del diritto delle genti commesse dal nemico (volume III, Trattamento dei prigionieri di guerra e degli internati civili, Roma, 1920) come formata da "ambienti umidi, con un palmo d'acqua, con vetri rotti e quasi sempre senza riscaldamento e illuminazione".
"Un sepolcro di vivi, uno di quei carceri da romanzo in cui l'individuo muore giorno per giorno, da cui non si può uscire se non per essere portati al camposanto", secondo la testimonianza di Angelo Bronzini.
Impressione confermata dalla lettera che Sobrero inviò alla famiglia il 16 marzo:
Diario di prigionia di A. F. Sobrero (pagg. 44 e 45) |
Ed eccolo nuovamente in treno, il nostro Sobrero, la notte del 12 marzo 1918, diretto chissà dove. La distanza da percorrere, in realtà, non era gran cosa, meno di 200 km, poiché la stazione di arrivo era la cittadina di Ellwangen, sul fiume Jagst, ancora nel Baden-Württemberg, non lontano dal confine con la Baviera. Nonostante ciò, i militari dovettero trascorrere in treno tutta la notte, arrivando a destinazione solo alle 11 di mattina del giorno successivo, come veniamo a sapere dal diario di prigionia del nostro:
12 marzo. Partenza. Alla stazione di Rastatt. Notte in treno.
13 marzo. Ore 11 arrivo a Ellwangen (Württemberg). Perquisizione. Nuovo numero di matricola: 507. Baracca 6, camera 9. In 3, con Felici e Trentin.
Le prime, sommarie note relative al nuovo lager, sembrano piuttosto incoraggianti:
14 marzo. Il bazar in cantina. Sala di musica. Bigliardo. Lettura. 3 appelli giornalieri. La Marmellata.
Lettera del 16 marzo 1918 (p. 1) |
16 marzo 1918. Carissimi, finalmente sono giunto in altro campo a sistemazione definitiva: mi trovo molto molto meglio [...]. Prima di partire ho finalmente ricevuto anche il primo pacco viveri da voi mandatomi da Torino (via Maria Vittoria). Va benone, benissimo! Salamini, sapone, pasta, cioccolato, scatole varie, latte, prugne, asciugamani, formaggio. Quei salamini erano così deliziosi (ne ho ancora due) che ne mangiai subito uno intero!!! Replicate pure, soltanto mandatemi anche un po' di marmellata e un po' di burro in scatola. Vi ringrazio tanto tanto di cuore.
Qui ora mi trovo bene. Abbiamo una cameretta in tre, abbastanza bellina, con la stufa. Sono con altri due tenenti. Uno di questi, tra l'altro, lavora al traforo assai benino, ed io dipingo i suoi lavori... stiamo mobiliando la camera con gusto impeccabile e qualche stravaganza che solo dei sopravvissuti a tanta odissea potrebbero escogitare. Qui si possono pure comprare cartoline fotografiche dal campo: a giorni ve ne manderò qualcuna e vedrete ove mi trovo ora. Qui posso pure prendere bagni e doccia. V'è pure la cantina ove si può acquistare qualcosa. V'è pure un bigliardo e la sala di musica con piano e contrabbasso. Ci metteremo poi d'accordo per procurarci un violino, un flauto e altro, se possibile. Magari anche una chitarra.
Ora, come vi ho detto, sto bene, vi raccomando soltanto di inviare pacchi di pane e viveri.
Vi chiesi una volta di farmi avere dalla ditta Hoepli di Milano dei libri: appena avrete fatto l'ordinazione, ditemelo, così li attenderò. [...] E voi? Spero presto di ricevere altre cartoline e lettere.
Null'altro resta a dirvi per ora: tanti e tanti bacioni da Cici
Abbiamo visto come, a Rastatt, le condizioni di vita fossero davvero estreme. Né le cose andavano meglio nella maggior parte degli altri campi, soprattutto dopo Caporetto, quando il numero dei detenuti italiani era cresciuto considerevolmente. Come abbiamo potuto arguire dalle prime note di Sobrero, in tutto ciò il lager di Ellwangen, riservato agli ufficiali, rappresentava un'eccezione positiva:
Era posto su una collina e possedeva addirittura giardini, viali alberati, telefoni, ecc. [Questo campo e i pochi altri del medesimo tipo] erano anche dotati di attrezzature che permettevano di svolgere attività culturali e sportive nel tentativo di favorire lo sviluppo di occupazioni che potevano distrarre i prigionieri dalla condizione di forzato ozio per evitare fughe e anche per combattere quelle forme di acuta depressione conseguenza dell’internamento, la cosiddetta malattia del reticolato (nota 2).
Se, dunque...
tutte le fonti concordano nel descrivere il campo di Ellwangen come uno dei meglio organizzati, con un livello di vita complessivamente dignitoso e accettabile, [compresa la] Commissione sulla violazione del diritto delle genti, non certo tenera nei suoi giudizi sul nemico, [che riconosce che il campo] rappresentava una realtà dura ma accettabile" (nota 3),
... va rilevato che il vitto era anche qui scarso e inoltre che la disciplina era piuttosto rigida, segnalandosi per la brutale severità verso chi tentava di fuggire:
le perquisizioni erano assai frequenti ed umilianti, come pure gli appelli straordinari; numerose le punizioni individuali (giorni d'arresto) e collettive (sospensione della posta, divieto della lettura dei giornali), ma nell'ambito di una sostanziale correttezza da parte delle autorità militari tedesche" (nota 3).
Riassume molto bene quanto detto fin qui la seguente riflessione di Felice Guarnieri, riportata in una lettera inviata a casa appena dopo essere arrivato a Ellwangen:
Dopo i lunghi tristissimi giorni trascorsi a Rastatt, qui mi pare di rivivere. È un bellissimo campo organizzato per ufficiali, situato in una ridente posizione in collina. [...] Si mangia in una grande sala comune, e si mangia a tavola, con stoviglie e posate: un lusso di cui non avevamo fin qui la più lontana idea! [...] Nel campo v'è una biblioteca, una sala da musica, un'altra da bigliardo che ora andiamo organizzando. [...] Insomma, la prigionia è ancora prigionia, con tutte le rinunce e le privazioni che l'accompagnano, ma ci circonda il decoro che compete al nostro grado e alla nostra dignità (nota 3).
Diario di prigionia di A. F. Sobrero (pagg. 46 e 47) cliccare sull'immagine per ingrandirla |
Riprendiamo ora in mano il diario di prigionia di Sobrero, le cui note si facevano via via più concise, in questo periodo, a tratteggiare giornate monotone e prive di eventi, segnate solo da piccole - grandi gioie e da piccoli - grandi dolori:
17 marzo. Acquisto di carta da disegni e oggetti da traforo nel bazar.
18 marzo. San Giuseppe. Marmellata, pasta e fagioli.
20 marzo. Acquisto di carta per tappezzare la camera.
21 marzo. Primo giorno di primavera. Marmellata 2 kg.
23 marzo. Bagno.
27 marzo. Ricevuto pacco svizzero di cibo. Manca il cioccolato. Ricevuto pacco dalla Germania. Buon pacco, contiene pane, amaretti, pomi, sigarette.
28 marzo. Ricevuto pacco biancheria da casa (spedito il 10 gennaio). Contiene: 2 camice, mutande, 1 flanella, 2 paia calze, 2 fazzoletti, 2 scatolette. Comprato un paio di pantofole.
Si continua la prova di canto per la messa cantata a quattro voci di Stehle, per Pasqua.
30 marzo. Il cappellano Cicconi parte improvvisamente per altro campo. Dopo tanto tempo veniamo divisi.
31 marzo. Pasqua.
Diario di prigionia di A. F. Sobrero (p. 46), acquarello |
Si noti come, nella sezione del suo diario dedicata al giorno di Pasqua, 31 marzo 1918, compaia un acquarello che parrebbe riprendere, nella calda luce dell'alba o del tramonto, un paesaggio italiano, a ribadire la speranza incrollabile - che non aveva abbandonato Sobrero neppure nei giorni più bui - di poter tornare a casa sano e salvo. La Pasqua nel lager diviene dunque davvero festa di liberazione, Pesach, l'eroica espressione di chi non intende farsi annichilire dalla condizione di schiavitù.
Nel prossimo capitolo continueremo a seguire lo scorrere delle torpide giornate nel lager di Ellwangen, che ci riserveranno qualche sorpresa.
Dario Malini
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Note
1: Sisto Tacconi, Sotto il giogo nemico, Milano 1925, pp. 161 ss.2: Memorie e attualità tra storia e salute. Riflessioni sulla sanità pubblica in Italia a cento anni dalla Grande Guerra a partire dall’esperienza dell’Asinara e di Vittoria, a cura di P. De Castro, D. Marsili e A. Trova, 2015 (Istituto Superiore di Sanità).3: Stampa coatta. Giornalismo e pratiche di scrittura in regime di detenzione, confino e internamento a cura di Enrico Serventi Longhi e Anthony Santilli, Milano 2020 (testo molto interessante, che consigliamo vivamente, da cui si sono tratte molte delle informazioni e testimonianze qui fornite sul campo di Ellwangen. Si segnala anzitutto, all'interno del ricco volume, il capitolo Le testimonianze sui campi di prigionia di Rastatt e di Ellwangen di Luciano Zani).
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