Laboratorio Allegri (6): Del nulla e di altre questioni di vita militare (28 gennaio - 7 marzo 1917)

«Si sente che buon odorino di vitello?»
(illustrazione di Kataku, 2022)

Ferrara, 28 gennaio 1917. Il cibo non è peggiorato per quantità ma per sapore. In mensa ormai non ci danno altro che pasta in brodo e una carne dura e fibrosa che vi raccomando, mentre il riso è sparito dai piatti. Per il resto, non distribuiscono che ceci, fave e fagioli, con l'aggiunta talvolta anche di mezza salacca che se ti salta il ticchio d'assaggiarla la senti per due giorni nell'alito, parlo per esperienza. Scrivo ciò dalla tavola della Bella Italia, davanti a una succulenta bistecca ben grigliata. Si sente che buon odorino di vitello? No? Il piatto è proprio qui… Ah si sente! Mi pareva bene. Mentre gusto la mia bistecca, il signor Patruno (nota 1) mi consegna una lettera del babbo che i quattro occhi del signor censore di turno (perché di certo, come in una caricatura, sarà stato miope) non hanno provveduto ad annerire in certe parti che forse l'avrebbero meritato. 
Nei giorni scorsi, visto che il sergente era andato in licenza, ci hanno fatto sgobbare tutto il giorno, a scopare il cortile, a disinfettare i cavalli e a scaricare il foraggio: altro che allievi caporali! Per compensare tali fatiche, la sera mi sono recato tre volte al [teatro] Verdi a vedere la compagnia Grasso (nota 2), e ho potuto assistere a tre drammi assai belli e benissimo recitati: Feudalesimo, Malìa e L’avvocato difensore. Ho anche ricevuto da casa la rivista «La piccola fonte», che chiederò ai miei di mandarmi tutte le settimane, così potrò leggere il sunto delle conferenze che danno alla Pro Cultura [di Como]. E questa mattina ho cominciato a gustare pienamente l'insensatezza della vita soldatesca, quando fui consegnato dall’ufficiale di picchetto. Ecco come andò. Alla sveglia mi alzai, mi misi mutante, calze e panciotto, poi siccome alla domenica abbiamo pulizia personale dalle sei e mezza alle sette e mezza, mi ricacciai sotto le coperte per mangiare al calduccio le castagne che ci erano state distribuite. Intanto entrava in camerata l’ufficiale di picchetto. Vedendomi a letto (e non poteva non vedermi, poiché la mia branda è proprio all'ingresso della  camerata), chiamò il caporale di giornata e, senza ascoltare la mia difesa, gli fece prendere nome e cognome. Non so ancora quale sarà la punizione, ma di certo ci ha dato (a me e agli altri colti nella stessa mancanza) parecchi giorni di consegna.

«Un bel pipino di dieci soldi»
(illustrazione di Kataku, 2022)

La neve continua a cadere, accumulandosi a terra per più di trenta centimetri, e la temperatura continua a scendere. L’operaio, che possiede un termometro, mi disse che poco prima della levata del sole vi erano niente meno che undici gradi sotto zero. Noi però non ce ne lamentiamo, perché con questo tempo ci vengono risparmiate le manovre. Mi sembra quasi di essere alla fronte perché l'acqua è gelata e sono tre giorni che ci laviamo il grugno colla neve. I cavalli, animali assai aristocratici, non vollero bere all’abbeveratoio e bisognò far intiepidire l’acqua per convincerli a bagnarvisi il muso. Alle ore sedici ho fatto l'iniezione anticolerica, cosa che mi permette di scrivere queste righe in completa tranquillità, con il progetto di sfruttare le 48 ore di riposo rileggendo il Quo Vadis? che comprai due giorni fa. Da tutto ciò credo sia facile arguire quanto questa strana vita mi stia trasformando in un perfetto filosofo: basti dire che mi sono messo persino a fumare la pipa, un bel pipino di dieci soldi. Stato d'animo che mi permette di dissipare nel fumo anche le speranze mal riposte nella licenza che ci avevano promesso al principio dell’anno. Per svagarci, invece, ci hanno fatto assistere a una conferenza di propaganda per il prestito, raccomandandoci di pregare i nostri parenti di sottoscrivere il prestito della vittoria. Devo confessare di pregare assai di rado, quindi mi sono limitato a citare di sfuggita tale circostanza nell'ultima lettera inviata a casa. Ben più interessante, ma anche ben più sinistra, fu invece un’altra conferenza sui gas asfissianti, nel corso della quale ci hanno anche mostrato un campione di maschera austriaca.

Lettera del 16 febbraio 1917

La vita ora è quasi sopportabile perché l’istruzione è assai limitata e la disciplina scarsa. Alcuni [compagni] hanno fatto domanda per andare nei bombardieri per poi passare sottotenenti di quell’arma, occorrendo solo la terza classe tecnica, ma credo che quella sia l’iscrizione per l’altro mondo e non mi sento in grado di sfidare così la Fortuna. Alle voci che corrono, resteremo ancora qui per un mese, giorni in più, giorni in meno. Ieri sera, 15 febbraio, abbiamo fatto un bel po’ di risate: sono entrati in quartiere due nostri compagni un po’ brilli, uno è stato spogliato e cacciato sotto le coperte e menomale voleva solo andare in licenza e baciare i suoi genitori, ma l’altro quando veniva messo sotto le coperte balzava su di nuovo e girava per la camerata fingendosi il capitano medico; quindi si avvicinava a tutti, si faceva mostrare la lingua, tastava il polso, la fronte, poi ordinava la medicina che erano immancabilmente legnate o consegna o una prescrizione di litri di vino. I caporali sono stati alzati sino alle dieci di sera per mandarlo a letto, poiché se l’ufficiale di picchetto, che dopo il silenzio fa il giro delle camerate, se ne fosse accorto, di certo lo sbatteva in prigione.

«Per aria, per aria andrà»
(illustrazione di Kataku, 2022)

Voglio descrivere un giochetto che facciamo in caserma e che facevano anche ai tempi del cavaliere senza macchia e senza paura Don Chisciotte. Adagiamo sul pavimento una coperta e uno di noi vi si distende, mentre gli altri, quindici o sedici, si dispongono fitti fitti attorno alla coperta e l’afferrano per il bordo, tenendola sollevata da terra mezzo metro. Poi si mettono a cantare: «Il povero (e qui il nome) si sente tanto male, si porta all’ospedale, per aria, per aria andrà». dando delle stratte alla coperta in modo da far saltellare il meschino che vi si trova disteso. Terminata la canzonetta, uno dà il tempo, «uno, due e tre», e tutti tirano fortemente la coperta, facendo fare al povero Don Chisciotte in miniatura un volo di quattro o cinque metri per aria. Il malcapitato fa immancabilmente assurde boccacce di puro terrore, nel vedersi trasformato in uccello. Un soldato, temendo di sfracellarsi a terra, s’afferrò al filo della luce elettrica, strappandolo di netto dal soffitto e perdendo i venti centesimi che dovette consegnare all’elettricista per accomodarlo.

Lettera del 22 febbraio 1917

Gli esami da caporale, sostenuti ormai da venti giorni, sono andati bene, [ed] è venuta sull’ordine del giorno la graduatoria, ma i galloni aspetteranno ancora prima di darceli (nota 3). Evidentemente non hanno bisogno di nuovi graduati e i gradi ce li daranno appena prima di partire per il fronte. Intanto sono stato scelto ad istruire le reclute del '98 che arriveranno al deposito il 6 marzo e quindi rimarrò a Ferrara ancora due mesetti forse. Siamo otto del '97 che rimaniamo ad istruire l’altra classe: potremo partire anche noi alla fine di marzo ma è probabile che finiremo la loro istruzione.
Quest’oggi siamo usciti colla batteria e io ero capo pezzo. Avevo un bel cavallino sardegnolo che mi voleva far assaggiare a tutti i costi l’acqua del fossato che costeggiava la via, ma ormai sono franco in sella e la povera bestia si sforzò inutilmente di buttarmi giù.
Domenica sera sono stato al [teatro] Verdi a vedere La Bohème, ma non mi è piaciuta affatto.
27 febbraio. La lista degli istruttori delle reclute del '98 è stata di molto ridotta, ma fortunatamente io sono ancora dentro. Allievi caporali del '97 siamo rimasti solo in cinque: con me c’è pure Petrella e Colombo. Spero dunque di rimanere a Ferrara.
Gino è tornato da Bologna e, quantunque abbia molto da studiare perché vuol dare gli esami di laurea, ci facciamo ancora buona compagnia, senza dimenticare di scontrarci talvolta, ma in modo per nulla cruento, sul campo di battaglia delle sessantaquattro caselle. Il tempo è bello. Ah, gira voce che io sia caduto da cavallo. In realtà a cascare non fui io ma il cavallo, e a me ne venne solo un po’ di paura. Le giornate si allungano e comincia a rincrescere di dover rientrare in caserma alle venti, quando ancora un poco ci si vede.
Oggi è il 7 marzo, le reclute arriveranno il 14. Passano i giorni e io sono ancora registrato nella lista degli istruttori, peraltro sempre più esigua. È già una settimana che qui a Ferrara ha ripreso a fare un freddo e un umido così intensi che la maggior parte di noi è stata colpita da un principio di influenza. Così ci si sfrega sovente le mani ghiacciate cercando inutilmente di ridar loro vita, mentre si sussurra, si ragiona, si disserta, si favoleggia intorno al miraggio delle licenze. Se per il mio prossimo compleanno (nota 4) potessi godere di qualche giorno di libertà, cercherei di procurarmi un po' di fortuna compiendo i vent’anni impeccabilmente vestito da borghese.

«Galoppa Ruello, galoppa»
(illustrazione di Kataku, 2022)

L’altro giorno sono stato caporale di giornata, la mattina vi erano da distribuire le castagne e come fanno tutti i caporali di giornata per paga mi son preso almeno un chilogrammo di castagne lessate. Hanno letto la nota dei goniometristi, degli esploratori e dei telefonisti: io sono stato scelto niente meno che per staffetta-esploratore, perché vado benino a cavallo. Oltre ad esplorare, quindi, avrei un servizio in più: la staffetta, cioè portare ordini in caso si rompa il telefono, oppure a reparti isolati e distaccati. Mi potrò almeno divertire a galoppare, che è la mia passione. Galoppa Ruello, galoppa, galoppa.




Dario Malini


N.B. L'autrice delle illustrazioni di questo intervento, presentate qui in esclusiva, è Kataku, giovane e valente artista pisana. 

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Note

1. Proprietario dell'hotel Bella Italia, così descritto da Achille in precedenza (si veda Laboratorio Allegri 4): «Un bizzarro tipo sempre pacato, serio e cerimonioso, a dispetto delle guance pienotte e rubiconde che sembrano volerne contrastare la sobria natura, aggiungendovi un opportuno riferimento a quella spiccata inclinazione per il fiasco e l'allegria che ci si aspetterebbe in chi eserciti la sua professione».  
2. Giovanni Grasso (Catania 1873 - 1930) fu attore del teatro dialettale siciliano. Introdotto nel mondo dello spettacolo dal padre, cominciò a lavorare come marionettista, formando in seguito una sua compagnia teatrale che rappresentava opere drammatiche siciliane o tradotte in siciliano (dall'italiano o da altre lingue).
3. Secondo questa annotazione (del 22 febbraio 1917) il nostro avrebbe sostenuto gli esami da caporale il 2 febbraio 1917, in contrasto con quanto scritto precedentemente dal militare che annunciava di aver superato tale prova già nella lettera del 7 gennaio 1917. In ogni caso, l'effettivo passaggio di grado dovette farsi attendere qualche mese, poiché il foglio matricolare di Attilio Allegri registra tale evento in data primo maggio 1917.    
4. Il compleanno di Attilio Allegri cade il 29 marzo.


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