Laboratorio Allegri (7): L'ultimo periodo a Ferrara (16 marzo - 2 maggio 1917)

«Strascicando i piedi nella neve sudicia»
(illustrazione di Kataku, 2022)

16 marzo 1917. Sono stato trasferito alla caserma Mortara, passato all’istruzione delle reclute. Gli studenti di Siena sono di già arrivati: settantotto, colla zucca quadra e gli occhi colmi di una sorta di placida e sorridente rassegnazione. Tra qualche giorno arriveranno anche quelli di Como. Ho già mandato ai miei il nuovo indirizzo: 2ᵃ batteria, Caserma Mortara, Ferrara.
Fa ancora molto freddo. Alti mucchi di neve grigiastra si accumulano lungo le strade, percorse di giorno solo da vecchi signori affaccendati, soldati annoiati e donne con lo sguardo fisso a terra, perlopiù anziane, che paiono sempre sul punto di cascare. E in questa strana Ferrara irriconoscibile, iridescente e ovattata come una città delle fiabe, la sera noi soldati passeggiamo pieni di stupore, strascicando i piedi nella neve sudicia quasi con deferenza.

«Ho ripreso le mie lezioni accademiche»
(illustrazione di Kataku, 2022)

Riprendo a scrivere queste mie note solo oggi, 4 aprile, al rientro da Como, dove ho sostenuto con buon esito l’esame di licenza superiore. Sono arrivato a Ferrara ieri sera. Forse ci manderanno all’accademia di Modena per diventare ufficiali. Ho scritto a casa chiedendo che mi spediscano il certificato attestante il superamento degli esami di licenza, qualora occorra presentarlo, e di occuparsi dell’iscrizione all’Università. Qui, mi dicono, nei giorni scorsi c’è stato bel tempo. Oggi però la giornata s’è sciupata nel crescere. Ho ripreso le mie lezioni accademiche, costatando con disappunto che i miei poveri allievi avevano di già dimenticato quel poco che avevo loro insegnato.

Lettera del 6 aprile 1917

6 aprile. Sono capoposto alla porta e andrò a dormire al tocco, ho tempo dunque per scribacchiare qualcosa. Gino non lo riesco a vedere da un po' perché lavora senza sosta al lazzaretto, esaminando soldati e soldati ritornati dalla fronte, non sempre tutti interi, che agognano un po' di pace. Oggi ho commesso la più grande coglioneria di questo mondo: credendo di agire giustamente ho denunciato il mio titolo di studio; del resto sta a me, quando mi chiamerà il colonnello, scegliere il secondo piuttosto del primo corso degli allievi ufficiali. Spero che almeno mi lascino in artiglieria. Intanto, filosoficamente noncurante del vento fatale che tutti sferza, ho ripreso il tran-tran di prima, rimettendomi a lavorare nella mia scuola, traendone talvolta anche qualche soddisfazione. C'è un soldatino, ad esempio, alto come un armadio e mite come un cane fedele, che fa assai bene e fra quindici giorni, se procede di questo passo, potrà di sicuro leggere le lettere dei suoi genitori. Fuori diluvia e tira vento. Sono quindi contento di non essere uscito, evitando di godermi questo tempaccio d'inferno che altrimenti mi avrebbe ammollato come i miei compagni, rientrati giusto ora in uno stato deplorevole. Di partire non si ha ancora alcuna notizia, meglio così. Il mio tenente è andato in licenza; se qualcuno ritenesse esagerato il detto: "via la gatta i topi ballano", dovrebbe venire a vedere la disciplina che regna ora in queste stanze. 

Lettera del 6 aprile 1917

Si avvicina Pasqua (nota 1), spero che un altro anno sarò anch'io a casa a fare le feste, ma non vestito in maschera (nota 2).

A teatro
(illustrazione di Kataku, 2022)

Oggi, giorno di Pasqua, sono passati alla caserma Mortara i genitori [del mio compagno] Colombo, che ci hanno intrattenuto sino alle undici di sera: siamo andati a cena alla Bell'Italia e poi al caffè. Con noi c’erano pure Montorfano e Gargantini. Il giorno seguente sono stato ancora a cena con loro e poi a teatro. Accade, in questi momenti, di dimenticare la guerra, ma basta alzare lo sguardo su un compagno in divisa che l'incantesimo svanisce. 
Il tempo si è rimesso al bello e ci stanno vestendo di nuovo perché ora si esce senza pastrano. Se vi sarà qualche spedizione verso zone ancora più calde, farò domanda di frequentare il corso per ufficiali, se invece resterò escluso dalla mobilitazione della batteria non farò nulla e mi metterò a studiare un po’ di chimica che mi sarà più utile. Ho finalmente potuto vedere Gino, ma di scappata perché, dopo aver lungamente scrutato nelle feci dei soldati rientrati dalla prima linea (nota 3), è stato colpito da alcuni giorni di arresti di rigore. Presto però sosterrà gli esami di laurea, beato lui!
I miei scolari studiano di buona lena, senza farsi troppe domande sul destino che attende docenti e discenti. In questi giorni, però, si ozia spesso e volentieri perché i ragazzi, chi prima chi dopo, devono essere sottoposti alle vaccinazioni. Così ho ricominciato ad andare a cavallo. E sono pure tornato al Verdi dove ho assistito a L’avventuriero (nota 4), recitato dalla compagnia Chiantoni (nota 5). Confesso che, quantunque indossi con convinzione la mia maschera da artigliere dalla scorza dura, ho dovuto portare in più di un occasione il fazzoletto agli occhi tanto è tragico.

Lettera del 12 aprile 1917 (2ᵃ facciata)

12 aprile. Avanti Savoia! Per ordini ministeriali resteranno a Ferrara solo:
- gli studenti del 4° e 5° anno di ingegneria
- i volontari di un anno di guerra
- la terza categoria
Quindi anch’io dovrò prendere parte al corso di ufficiale di fanteria. I galloni di caporale non mi hanno valso. La maggior parte di quelli che restano sono i volontari di un anno di guerra. Scrivo a casa: «Non corro alcun pericolo, perché il corso durerà due mesi e poi vi sarà ancora un mese di deposito e un altro mezzo mese di licenza; fra tre mesi e mezzo quindi sono sicuro che la guerra sarà finita». 

Lettera del 12 aprile 1917 (2ᵃ e 3ᵃ facciata)

Domani, 13, partiremo per indossare la divisa dei coraggiosi.
Io rido, fumando filosoficamente il mio pipino, dell'impossibilità per i militari di decidere del proprio destino. Quelli che vanno in fanteria sono più del 70%. Io rido, vedendo il furore dei miei colleghi, la maggior parte dei quali ha voluto la guerra ed ora la teme. Stupidi. Io rido, osservando l'insensatezza del sistema: ci sono giovani del '98 colla licenza liceale che sono sotto le armi da dieci giorni, volontari d’un anno, che restano, mentre vi sono caporal maggiori del '96 e '95 già stati al fronte, feriti e col secondo anno di università che vengono con me al corso! Io rido e sorrido, mentre il fumo biancastro della mia pipa sale quietamente verso il cielo.

Rientro tardivo in quartiere
(illustrazione di Kataku, 2022)

16 aprile. M’è capitata sulle spalle una nuova consegna di quattro giorni, da domenica 15 a mercoledì 18. E tutto questo ben di Satana perché il mio permesso delle ventidue era scaduto da quasi mezz’ora quando sono entrato in quartiere sabato sera. Volete sapere la causa del ritardo? M’ero recato alla Sala Estense a vedere Fedora del Sardou (nota 6). Già assistito una prima volta a questo dramma, che m’è piaciuto, e, fidando che anche il mio tenente sarebbe andato a teatro, mi sono fermato a vederlo una seconda. Poche cose vi sono di giusto a questo mondo, una di queste è l’orologio: esco dal cinema che sono le dieci e dieci, il cinema, per chi non lo sapesse, è in piazza del Duomo. Non ho l’abitudine di scaldarmela tanto perché, fare o non fare, sono sempre due soldi al giorno, quindi arrivo alla caserma Mortara alle dieci e mezza. Entro in corpo di guardia e:
- «Bravo, Allegri, sino a che ora avevate il permesso?» 
- «Sino alle ventidue, signor tenente» 
- «Sapete che ore sono adesso? Le ventidue e mezza»
Guardo il mio orologio ed anche lui mi accusa, sì che lo tengo con cura, gli do la corda ogni ventiquattr’ore, ma, nonostante questo, non si lascia corrompere e continua inflessibile e preciso il suo tic tac. 
«L'orologio dice proprio così, signor tenente»  rispondo.
«Contro tua voglia, però» mi dice insinuante.
«No, signor tenente, sono io che sono andato per errore contro la sua voglia di farmi rientrare in orario»
«Ora andate a dormire, Allegri, sarete però consegnato»
Per quanti giorni me l’ha detto [poi] il libro nero: in caserma per 96 ore.
Questa mattina, cercando di mostrare di non dare alla cosa alcuna importanza, ho detto al tenente che consegnandomi quattro giorni mi mette nell’impossibilità di accettare di buon grado la punizione, perché non sono un citrullo ed è ben noto che l’ossigeno respirato in caserma è meno vivificante di quello che si respira fuori. 
- «Senta» gli ho detto, «non potrebbe farmi un ribasso? Persino lo Stato si accontenta del doppio del mancante.»
- «Come del doppio del mancante?»
- «Signor sì, se lei affranca una lettera con soli tre soldi, la multa corrisponde al doppio del mancante. Manca un soldo, e tassa quindi la lettera di due. Tornando a bomba, io ho mancato per mezz’ora, mi consegni per una sola libera uscita e lei sarà arci soddisfatto perché avrei pagato il quintuplo del mancante. Con quattro giorni pagherei invece undici ore, il 200 %».
Il tenente ha sorriso e s’è allontanato, ma la consegna è restata la medesima. Se fossi stato nei panni di quell’ufficiale non avrei potuto non dar ragione ai numeri.
Oggi, domani e dopo i miei soldati sono a riposo per l’iniezione antitifica. Attendo da casa qualche dispensa di chimica.
Mi fermo qui poiché suona “La zuppa l’è cotta, La zuppa l’è cotta, venite a mangià".

Lettera del 29 aprile 1917 (2ᵃ facciata)

29 aprile. Pareva dovessi partire per Torino ai primi di maggio per seguire il primo corso di ufficiali, ma ieri sera - poiché qui le notizie vanno e vengono come gatti in amore - mi hanno detto che quelli che hanno ottenuto la licenza nel mese di aprile si recheranno invece al secondo corso, che avrà luogo nel mese di giugno. Vorrebbe dire rimanere un mese ancora a Ferrara e poi trascorrere due mesi d'accademia, cosa che mi garba molto, poiché me ne starei nascosto e ignoto per un totale di tre mesi. Invece recandomi subito a Torino, tra due mesi sarei a disposizione.
Ieri sera abbiamo sentito, prima alle nove e poi verso le dieci, due forti scosse, chi dice di terremoto chi vocifera che siano state provocate dall’esplosione di una polveriera di Mantova.
Stamattina mi sono alzato alle sei per poter andare a cavallo, ho strillato, corso di qua e di là perché le mi reclute fossero pronte per la venuta del tenente, poi per ricompensa, siccome mancavano selle, noi caporali abbiamo dovuto far piede a terra e cedere i nostri bei cavallini a dei soldatacci che non sono capaci di star ritti in sella, quest’oggi faremo sciopero.

«E spiego loro un po’ di botanica»
(illustrazione di Kataku, 2022)

Due giorni fa sono stato causa di una punizione per due miei ragazzi, [lo dico] a titolo di cronaca. Vi racconto il fatto dal principio. Dovete sapere che adesso i bastioni sono verdeggianti e i prati sottostanti variopinti per le margherite, i ranuncoli, le primaverine, i fiori di san Giovanni, quindi quando si deve fare scuola a piedi, invece di portare le mie soldatesche in piazza d’armi, le porto sui bastioni. Là comando io, incomincio con: «uno, due, dietro front, squadra alt», ma dopo dieci minuti di questa musica, sia per l’odore dei fiori, sia perché non sono nato per fare il caporale, faccio sedere tutti quanti vicino a me sull’erba e spiego loro un po’ di botanica, poi, di palo in frasca, parlo dell’immensità dei cieli, di geografia, di filatelia, ed i miei scolaretti mi stanno a sentire quieti; l’altro giorno, prendendo incominciamento da un formicaio che si trovava lì presso, narrai loro la storia di Ciondolino (nota 7), mia sorellina Olga la conosce bene, narrai loro i costumi delle formiche, i loro odi, i loro amori, l’abbondanza dei loro granai, la loro valentia nel costruire le cellette non perfette come quelle delle api, ma artistiche pure esse, la loro industriosità. 

Lettera del 29 aprile 1917 (3ᵃ facciata)

Rientrati in quartiere un mio auditore vide un compagno che, dato fuoco a una manciata di paglia, voleva abbruciare non so quali formiche, dalle parole sono passati ai fatti ed è corso qualche pugno. Li ha visti un caporale (quando si tratta di consegnare io non vedo mai niente) e li ha puniti: e la colpa è mia perché se avessi seguitato per due ore a fare: «uno, due, uno, due, sinistr, destr, sinistr, destr», di certo quel mio soldato non si sarebbe preso così  cuore la vita di quei poveri insetti.

Lettera del 2 maggio 1917

2 maggio. Di sicuro il giorno 5 del corrente mese sarò a Torino  per frequentare il primo corso. Non me ne cruccio e mi consolo pensando che così potrò visitare un’altra città d’Italia. Spedirò a casa forse la cassetta e porterò con me la valigia. Quindi, fra due mesi, spero di poter andare a Como in licenza. Domani regolerò i conti con il signor Patruno e preparerò le valige. Lascio Ferrara, chissà  perché, con un gran magone. Debolezze non certo consone a un futuro ufficiale, ma cosa ci posso fare?



Dario Malini


N.B. L'autrice delle illustrazioni di questo intervento, presentate qui in esclusiva, è Kataku, giovane e valente artista pisana. 

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Note

1. 8 aprile 1917. 
2. Ovviamente l'espressione «vestito in maschera» è riferita ironicamente alla divisa grigioverde d'ordinanza.   
3L'amico, più volte citato (si vedano gli interventi precedenti), Gino Lampronti di Ferrara, aspirante medico sottotenente, aveva l'incarico di effettuare gli esami delle feci dei soldati. 
4Versione italiana del testo teatrale francese del 1910 L'Aventurier di Alfred Capus (1857 - 1922).
5. L'attore teatrale (ma anche cinematografico e radiofonico) di grande talento Amedeo Chiantoni nacque a Chieti nel 1871, in una famiglia d'artisti, e morì a Roma nel 1965.
6. Dramma del 1882 di Victorien Sardou (Parigi 1831 – 1908).
7. Ciondolino è un romanzo di Vamba (pseudonimo di Luigi Bertelli), pubblicato nel 1895. Narra la storia di un ragazzino un po' scansafatiche e disordinato (il nomignolo di Ciondolino allude al lembo di camicia che gli fuoriesce immancabilmente dai calzoni), che, odiando la scuola, sceglie di trasformarsi in una formica per evitare di dover studiare. Scoprirà però che anche il mondo degli insetti prevede obblighi, responsabilità e impegni, e tornerà alla condizione umana con maggior consapevolezza e maturità.

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