Aldo Carpi e la Grande Guerra: la raccolta "Sull’Adriatico" (terza parte)

particolare di: Arrivo di prigionieri dei serbi a Valona

Proseguiamo con l’analisi delle grafiche facenti parte della seconda sezione (La ritirata serba) della raccolta Sull’Adriatico, realizzate nel 1919 da Aldo Carpi su commissione della Marina italiana. Un insieme di 20 litografie, tratte dai disegni che l’artista aveva ripreso dal vivo nel corso delle operazioni sul fronte balcanico, in terra d’Albania, tra l’inverno del 1915 e la primavera del 1916. Qui l’armata serba, con al seguito numerosi prigionieri austriaci, incalzata dall’esercito austro-ungarico, tentava di raggiungere le coste adriatiche, dove l'attendevano le navi della Marina italiana. 

Alcune di queste raffigurazioni sono dedicate proprio ai prigionieri austrici. Carpi vi riprende, con «realismo semplice, efficace, privo di tutto ciò che potrebbe essere cura vana di particolari» (nota 1), quanto ha potuto vedere con i suoi occhi a Valona e a Durazzo, dove gli italiani erano approdati per dare soccorso ai fuggitivi.

fig. 1 Arrivo di prigionieri dei serbi a Valona
La tav XV, Arrivo di prigionieri dei serbi a Valona (fig. 1), datata dicembre 1915, rappresenta una scena mestissima, che ai lettori odierni non può non riportare alla mente le immagini dell’attuale tragedia di tanti profughi in fuga dall’Africa verso le coste mediterranee d’Europa. Su una spiaggia, spettrali figure di uomini vagano soli o in piccoli gruppi, sfiniti dopo le lunghe marce, logori e senza calzature, alla ricerca di qualcosa da mangiare. Alcuni di loro giacciono a terra, forse privi di vita, con la mano angosciosamente ancora tesa a chiedere aiuto. Tagliate dal campo della rappresentazione, sulla sinistra, due braccia intersecate da un cespuglio di vegetazione disseccata, appaiono distese sulla sabbia, suggerendo il corpo supino d’un uomo stramazzato al suolo: così sincopato, questo brano di realtà assurge a simbolo della tragedia umanitaria che si sta compiendo. Il paesaggio marino, incupito dal cielo plumbeo, pare qui congelato nell’inverno adriatico.

fig. 2 Distribuzione di pane a Valona ai prigionieri dei serbi
Nella tav. XVII, Distribuzione di pane a Valona ai prigionieri dei serbi (fig. 2), anch’essa datata dicembre 1916, viene rappresentato un altro tratto di spiaggia in cui dei prigionieri ricevono soccorso all'interno di un campo di assistenza italiano, prima di poter essere accolti a bordo. Nello sfondo, sulla destra, si scorge un punto di aggregazione, probabilmente una mensa. In questa composizione, dal tono solenne, quasi epico, nella quale «il segno prende potenze giottesche e statuarie di solidificazione» (nota 2), v’è un’ampiezza di veduta in profondità inconsueta in questa raccolta. 

fig. 3 Tra gli inospitali monti albanesi

Mentre questi contingenti dell’esercito serbo, allo sbando, giungevano sulla costa, a Valona e Durazzo, altri gruppi di militari, dispersi insieme ai profughi, si trovavano tra le montagne del nord dove si consumavano altre tragedie. La tav. XVI, del 1916, Tra gli inospitali monti albanesi (fig. 3) raffigura queste moltitudini in cammino, lungo sentieri zigzaganti nelle montagne innevate. In primo piano, una processione avanza su uno stretto e malagevole ponticello, transitando sul quale un uomo e il suo cavallo scivolano, piombando nella scarpata. Tutt’intorno, in gran numero, giacciono uomini, donne e bambini accasciati a terra, privi di forze, forse bloccati lì per sempre, a causa dell’ipotermia. Un segno spesso e vigoroso definisce i contorni delle figure che, a differenza di quelle della tavola precedente, non hanno volume. Sono forme piatte che si dissolvono nella neve, perché destinate a scomparire: uno scorcio di quell’universo lugubre che fu la Grande Guerra (nota 3).

fig. 4  I serbi si imbarcano sulle navi d'Italia

L’ultima opera della raccolta (fig. 4), I serbi si imbarcano sulle navi d'Italia (tav. XX), rappresenta la conclusione della missione della Marina italiana che, in circa 200 viaggi, con unità navali mercantili, da Valona e Durazzo, trasse in salvo i superstiti dell’esercito serbo e i prigionieri austriaci, trasbordandoli a Brindisi (nota 4). La litografia, datata 4 febbraio 1916, ha per oggetto il porto della città di Durazzo, lungo il cui molo si assiepa una folla brulicante in attesa dell’imbarco. Il punto di vista rialzato consente allo spettatore di dominare un ampio tratto di questo paesaggio. Due navi stracariche di uomini sono appena salpate, e ancora altri gruppetti si accingono a salirvi a bordo dopo averle affiancate su piccole imbarcazioni. 


Carol Morganti



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Note

1.  Giorgio Nicodemi, Aldo Carpi, «Emporium» 1935, n. 491, p. 240.
2. Raffaello Giolli, L’album delle litografie di guerra di Aldo Carpi, «Pagine d’arte», aprile 1919, n. 4, p. 31.
3. Furono circa trecentomila coloro che persero la vita in questa fuga.
4.  A Brindisi quest'operazione è ricordata con una targa commemorativa: «Dal dicembre 1915 al febbraio 1916 - le navi d'Italia - con 584 crociere protessero l'esodo dell'Esercito serbo e, con 202 viaggi trassero in salvo 115.00 dei 175.000 profughi che dall'opposta sponda tendevano la mano» (https://web.archive.org/web/20140426235247/http://www.marina.difesa.it/storiacultura/storia/palazzomarina/Pagine/Ilsalvataggiodell%27esercitoserbo.aspx).

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