Aldo Carpi e la Grande Guerra: la raccolta Sull’Adriatico (seconda parte)

fig. 1 Attraverso le nevi e le paludi albanesi

Seconda parte dell’intervento dedicato alle 20 litografie della raccolta Sull’Adriatico di Aldo Carpi, dedicata alle azioni di guerra in Albania, cui l’artista-soldato prese parte tra l’inverno del 1915 e la primavera del 1916. 

Presentiamo qui dieci tavole raffiguranti la ritirata dell’esercito serbo.

B. La ritirata serba

Nella tavola X (fig. 1), Attraverso le nevi e le paludi albanesi, che riporta la data dicembre 1915, una fila di uomini disegna una tetra striscia grigia che segue le forme arrotondate delle montagne ricoperte di neve. Si tratta di soldati sbandati e profughi serbi che hanno abbandonato i loro villaggi, incalzati dalle truppe austro-ungariche. Nel gruppo, in primo, piano si distinguono alcune figure incappucciate, tra cui una giovane coppia con dei bambini. Alcune persone, stremate dalla fatica, dalla fame, dal freddo, sembrano non reggersi più in piedi, tanto che una di loro è stramazzata al suolo, il corpo abbandonato sopra un fagotto. Il paesaggio circostante appare inospitale, ostile, inadatto alla vita, sensazione rimarcata dal tronco d’albero mozzo che si scorge sulla strada percorsa dalla gente in fuga, angosciata, stremata e priva di soccorso. 

fig. 2 Pidocchi

Nella tavola XI Pidocchi (fig. 2) del gennaio 1916, numerosi soldati sostano sui declivi davanti al mare, ora in crocchio ora isolati, variamente disposti, chi in piedi, chi seduto, chi sdraiato. Da notare la varietà dei modi con cui ciascuno è raffigurato, dal soldato disteso su un fianco, in scorcio in primo piano sulla destra, ai compagni sedutigli accanto e ripresi frontalmente, a quelli adagiati sulla china, ad altri ancora, intenti a discorrere con un vicino. Nelle loro pose spontanee parrebbe di poter scorgere l’effetto d’una qualche provvisoria libertà conquistata. In effetti si tratta di militari giunti infine alla meta, la costa adriatica, dove potranno essere soccorsi e messi in salvo. L’occhio dello spettatore non può tuttavia fare a meno d'indugiare sul centro della scena, dove un uomo, di spalle, si erge nudo, allargando le braccia e rivolgendosi verso la distesa marina. È l'indizio del sottile motivo disturbante che pervade questa ripresa apparentemente gioiosa, rappresentato dalla presenza dei pidocchi, fastidiosissimi insetti, letali veicoli di molte malattie, che, infestando i militari, li costringe a liberarsi degli indumenti nonostante le temperature rigide del periodo invernale. 

fig. 3 Sotto il temporale 

Nella tavola XII, Sotto il temporale (fig. 3), Carpi evidenzia una particolare ispirazione, conseguendo un vertice assoluto della sua arte, capace di attuare una vera trasfigurazione lirica di un momento della vicenda dei militari serbi in fuga dal nemico. L’evento del temporale produce una sorta di fusione tra uomo e natura. I soldati, fragili e indifesi, si accalcano sotto le chiome di alberi maestosi, nei cui tronchi sembrano respirare arcane divinità, assimilando i loro corpi alla fibra lignea. L’atmosfera, magica e irreale, segna una battuta d’arresto, una fuga dalla realtà penosa e oppressiva che l’artista sta inseguendo e fissando sulla carta. È l’irruzione di una visione estatica che distoglie dal dolore. Carpi sembra voler qui comunicare che la salvezza è nella natura, nell’essere in sintonia con i suoi moti, nel decodificarne i messaggi nascosti (i suoni della pioggia; i profumi che si sprigionano, le linee avvolgenti e misteriose che la vegetazione delinea). Messaggi visivi, uditivi, olfattivi, attraverso i quali tutto l’orrore può essere purificato.

fig. 4 Distribuzione di viveri ai prigionieri dei serbi

L’opera seguente (tav. XIII), Distribuzione di viveri ai prigionieri dei serbi (fig. 4) sembra raffigurare l’avverarsi del sogno, quasi una visione di riconciliazione universale. I prigionieri austriaci, esausti e laceri, dopo una marcia forzata tra le montagne albanesi, trovano finalmente ristoro dalla fame, dal freddo e dalla fatica. Alcuni militari italiani distribuiscono dei viveri, custoditi in casse, mentre i prigionieri tendono le braccia verso i soccorritori. A quegli esseri malridotti la natura offre protezione e ricovero dentro la fitta vegetazione del bosco. La velatura bruna che avvolge la scena allude all’oscurità dell’ora tarda, rischiarata dalla luce fioca di una lampada. 

Questo primo nucleo di grafiche (tavv. X-XIII) rivela notevoli qualità artistiche, intenso afflato lirico, oltre a una viva partecipazione al dramma umano dei soldati e dei profughi, che vengono riscattati dall’abbrutimento e dal degrado attraverso il contatto salvifico con la dimensione naturale. La natura, dapprima matrigna e ostile (tavv. X-XI), diviene nelle scene successive materna e protettiva, dischiudendo la possibilità di una nuova armonia che rimargini le ferite e la disgregazione prodotte dalla guerra.

Il prossimo intervento sarà dedicato alla parte conclusiva della raccolta.


Carol Morganti



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