Laboratorio Sobrero (40): Il pane di Gadda, la sbobba e altri tormenti (26 novembre - 11 dicembre 1917)

Disegno di Anna Felice Sobrero, 7 dicembre 1917
Scorrendo alcune pagine del diario di prigionia inedito di Anna Felice Sobrero, recluso n° 60255 nel campo di concentramento di Rastatt, il Russenlager, abbiamo l'opportunità di osservare in presa diretta il torpido e doloroso scorrere delle giornate in un lager tedesco della Grande Guerra, dal 26 novembre all'11 dicembre 1917, quando, superato il trauma iniziale dell'impatto con la nuova realtà, i prigionieri dovevano conformarsi all'avvilente quotidianità della vita in cattività.
Diario di prigionia di A. F. Sobrero  (pagg. 8 e 9)
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Tra i molti motivi affrontati in queste note, quello preponderante è certamente  la scarsità del vitto. Un problema vitale che raramente in Sobrero assumeva però i toni drammatici riscontrabili in altre testimonianze, stemperato da una vena peculiare che gli permetteva di guardare alla pur angosciosa situazione del campo con un pizzico di ironico distacco, sebbene gli effetti della fame si facessero sentire pericolosamente anche per lui: "9 dicembre. Oggi sono preso da forti capogiri. Una volta ho sbattuto la testa contro la branda. Il dottor Manera dice che è la fame e lo stomaco vuoto. Oh! lo credo anch'io!". 
Diario di prigionia di A. F. Sobrero (pagg. 9 e 11), particolare
(29/11/1917 e 3/12/1917)
Un atteggiamento che oggi qualcuno definirebbe "resiliente", ben esemplificato da alcuni suoi disegni che riprendono delle pietanze dispensate a Rastatt, quali lo smunto ma (alla vista) non sgradevole "salamino pallido" e "la sbobba" fumante, ritratti con innegabile verve nelle pagine del suo diario in data 29 novembre e 3 dicembre 1917. 
A proposito del "salamino", è interessante ciò che ne scrisse il tenente Guido Sironi, fatto prigioniero il 25 ottobre 1917, durante la battaglia di Caporetto, e detenuto per un periodo a Rastatt: 
Comparve qualche volta, su quella specie di schermo cinematografico [nota: la lavagna in cui era indicato il menu del giorno], un surrogato detto «salamino pallido», che, tanto lontano dalla cosa e dal nome assegnatoli, pareva il vero simbolo della Germania bloccata e affamata.
Guido Sironi, I vinti di Caporetto, p. 98 (1922)
La condizione appare davvero drammatica nella testimonianza di Carlo Emilio Gadda, giunto al campo di concentramento di Rastatt il 5 novembre 1917: 
La maggior parte di noi sono impazienti e rabbiosi: a ciò siamo ridotti dalla fame. [...] Continuo a soffrire orribilmente la fame e mi trovo in uno stato di debolezza come dopo una malattia (16 novembre). La rabbia e la stizza provocata dalla fame, dura sempre in tutti e si manifesta a mille piccoli incidenti (20 novembre). La fame è sempre terribile, torturante: ci danno il solito quinto di pagnotta al mattino, neppure 200 grammi di pane. Insieme un mestolo di cosiddetto caffè, vale a dire ghiande toste e macinate diluite in molta acqua. A mezzodì e a sera, due mestoli di sbobba, roba liquida, totalmente acquosa, in cui, secondo i giorni, nuotano bucce di patate, o un lieve velo di farina, o qualche veccia (29 novembre). La fame è terribile, e ci abbruttisce, ci ottunde il sentimento (10 dicembre). La mia fame è insaziabile, serpentesca, cannibalesca. Raccolgo da terra la buccia, la briciola; trangugio la resca di merluzzo (21 dicembre). 
Carlo Emilio Gadda, Giornale di guerra e di prigionia
L'effetto abbruttente della fame era espresso da un altro prigioniero di Rastatt con uno spirito non troppo diverso: 
La fame continuata non ci faceva pensare che al mangiare, al mangiare, al mangiare; si parlava di questo, si pensava questo, si ricordava questo; si viveva per una misera scodella di sbobba da maiali e per un tozzo di pane nero [...]. La fame, a poco a poco, divenne una vera idea delirante: non si parla che di mangiare, non si aspetta che l'ora in cui sarà distribuita la misera scodella di brodaglia.
Sisto Tacconi,  Sotto il giogo nemico (Prigionia di guerra) 
In Sobrero la difficile situazione alimentare non era certo meno presente, tanto che le sue note giornaliere non mancavano quasi mai di dare un resoconto più o meno esauriente degli scarsi alimenti consumati. Ma nelle sue parole l'esperienza parrebbe in qualche modo alleviata dalla quasi completa assenza di quei ripiegamenti pessimistico-esistenziali così frequenti in altri diaristi:
26 novembre. Bel tempo. Un cocomero [nota: cetriolo] sott'aceto e supplemento di camomilla.

27 novembre. Da oggi ore 8 caffè o surrogato. Ore 10 appello. Iniezione antitifica.

28 novembre. Iniezione antivaiolica e anticolerica. Zuppa d'acqua. [...] Senza pane! Traslocato in fondo alla baracca con Gatti.

29 novembre. Disinfezione pagliericci. Zuppa di verdura. Inviata la 4ᵃ cartolina a casa.

30 novembre. Scritto la 1ᵃ lettera a casa, pel Natale, di tre fogli [nota: la lettera è trascritta alla fine di questo intervento].
Diario di prigionia di A. F. Sobrero (pagg. 10 e 11)
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Per il nostro, il primo novembre si prospettò un trasloco all'interno del campo. Spostarsi da un blocco ad un altro significava accedere ad un universo simile al precedente ma non uguale, e comportava un doloroso cambiamento di sistemazione notturna, di abitudine, di alleanze: 
1° dicembre. Pronti per trasloco al Blocco n° 7.
Passaggio al blocco n° 7. Trovo due ufficiali del 50° (anche il 1° battaglione del 50° è prigioniero). Il cappellano distribuisce la "sbobba": barbabietole rosse, due cucchiai, e ceci. Le pagnotte si fan sempre più piccole e una pagnotta in cinque è un po' poco!!

2 dicembre. Il caffè qui è più abbondante, ma in compenso più [acquoso]. 
2ᵃ iniezione antitifica!
Protesta solenne al capitano di cucina per la camorra! (ore 20).

3 dicembre. Nevica. Fa freddo in baracca. La bisca alla baracca del gioco.

4 dicembre. Cambio del capitano di cucina (le proteste hanno fatto effetto!).
Il surrogato di sapone: la creta (mancanza di grassi)! Va bene specialmente quando ci si lava la faccia; peggio che l'ABRADOR [nota: rinomato sapone per bucato]!

5 dicembre. 5 gradi sottozero: tutto è gelato, anche la baracca. Da 45 giorni non mi cambio la biancheria!
Diario di prigionia di A. F. Sobrero  (pagg. 12 e 13)
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Il freddo insopportabile ("5 gradi sottozero: tutto è gelato, anche la baracca
"), le privazioni d'ogni bene necessario (sapone, biancheria, vestiario oltre che cibo e notizie dai propri cari) rendevano dura e angosciosa la vita dei prigionieri, producendo in tutti un atteggiamento diffidente e stizzoso, non solo verso i carcerieri, la cui condotta non poteva essere troppo messa in discussione, ma anche e soprattutto verso i compagni di prigionia, in particolare quelli che si occupavano della cucina, definiti sovente (a Rastatt come in altri campo di concentramento), senza bisogno di prove o processi, camorristi, ladri, profittatori. Il 5 dicembre Sobrero scriveva, conformandosi agli umori generali: "Protesta solenne al capitano di cucina per la camorra!".  Anche di ciò era fatta la triste routine del campo, un ingranaggio che alla lunga stritolava, al quale ci si cercava di sottrarre studiando, leggendo o giocando (per diletto o, più spesso, per soldi) con i compagni. Ed ecco che iniziative come "la bisca alla baracca del gioco" aveva un effetto liberatorio, costituendo inoltre una questione serissima, come si comprenderà dalla nota dell'11 dicembre, di seguito trascritta, che riporta la notizia (e le non irrilevanti conseguenze) della scoperta di un baro. Ma continuiamo a seguire lo scorrere monotono delle giornate nel lager:
6 dicembre. Freddo intenso...ma che fame!! Forse ci daranno un po' più di carbone per domani! Perché... oggi [non] fa freddo??
Ci fu pagato lo stipendio di novembre e dicembre: 10,40 al mese [nota 1]. Non avendo altro da fare, leggo nuovamente Quo vadis.

8 dicembre. Inviata la quinta cartolina a casa. Comprata una razione di uova di pesce e molluschi dai russi.

9 dicembre. Domenica. Messa all'accampamento [celebrata] dal cappellano di cavalleria.
Oggi sono preso da forti capogiri. Una volta ho sbattuto la testa contro la branda. Il dottor Manera dice che è la fame e lo stomaco vuoto. Oh! lo credo anch'io!
La domenica è il giorno più disgraziato per il vitto. Mattino: cavoli bolliti; sera: farina di ceci.

11 dicembre. L'ufficiale tedesco parla di aumenti nel vitto: fosse vero!
Stasera ai tavoli da gioco fu preso un baro (Rucci), sarà cacciato dalla baracca domattina.
L'11 dicembre Gadda riportava nel suo diario la stessa informazione riguardante il vitto:
Giornata assai fredda. Fame, piedi freddi, ma l'animo è abbastanza sollevato. Ci hanno annunciato un lieve miglioramento del vitto (11 dicembre).
Carlo Emilio Gadda, Giornale di guerra e di prigionia
Diario di prigionia di A. F. Sobrero (pag. 12), particolare (7/12/1917)
Constatazione che sottolinea la contiguità tra il nostro e lo scrittore milanese, nel campo di Rastatt, inducendoci a utilizzare, quale commento al disegno di pag. 12 del Diario di prigionia di Sobrero (una pagnotta di Rastatt divisa in cinque razioni), le parole dello stesso Gadda:
La fame. Dal 25 non mi cambio la biancheria. Il caffè al mattino e 1 pagnotta divisa fra cinque, per tutto il giorno (6 novembre). La fame è sempre terribile, torturante: ci danno il solito quinto di pagnotta al mattino, neppure 200 grammi di pane (29 novembre). 
Carlo Emilio Gadda, Giornale di guerra e di prigionia

E il pane di Gadda (come ci piace chiamarlo), raffigurato da Sobrero il 7 dicembre, diviene un'icona potente ed emozionante delle privazioni sopportate dai soldati in prigionia.

lettera del 30 novembre 1917 (pag. 1)
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Ci fermiamo qui, proponendovi ancora soltanto, in chiusura, un estratto della prima lettera inviata da Sobrero a casa dal campo di Rastatt, datata 30/11/1917:
Rastatt, 30 novembre 1917. Carissimi, finalmente vi posso scrivere la prima lettera! Finora vi scrissi cinque cartoline, e spero le avrete ricevute tutte. Vi dirò in poche parole quel che fu di me dal giorno 29 ottobre, giorno disgraziato, nella notte del quale fui fatto prigioniero. D'allora in poi attraversai l'Austria e la Germania e finii qui a Rastatt al campo di concentramento. Qui sono al blocco 1, siamo divisi in baracche, si sta bene, ma la nostalgia è più forte di noi, non si fa che pensare alle persone che ci vogliono bene e che penseranno a noi... e l'unica forza che mi sostiene è d'avere adempiuto sino all'ultimo il mio dovere di soldato!
Questo scritto, che non giunse a destinazione prima della metà del gennaio 1918, ci permette di aggiungere un tassello alla conoscenza dello stato d'animo del nostro, durante la prigionia, facendoci constatare quanto il giovane fosse pervaso dalla dolorosa nostalgia della famiglia, ma anche disturbato dal fango che era stato gettato sui prigionieri di Caporetto (quelli che qualcuno chiamava "i disertori di Caporetto"), e si sentisse quasi in dovere di giustificare la propria condotta nella circostanza della cattura, evidenziando di "aver adempiuto sino all'ultimo al mio dovere di soldato". 
Questo intervento si chiude qui, lasciando al prossimo di farci vivere altre torpide, dolorose e sorprendenti giornate all'interno del lager di Rastatt.





Dario Malini





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Nota 1. Gli ufficiali, ricevendo uno stipendio, erano in grado di acquisire il minimo indispensabile che permettesse loro di non morire di fame. Lo stesso non si poteva dire per i soldati.
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