«Corriere della Sera» del 21 agosto 1917 |
Qual era la condizione mentale di un militare che doveva partecipare a un simile scontro? Che orrori vi avrebbe trovato? E quali erano i rischi cui andava incontro? Per comprenderlo, ci avvarremo di un inviato speciale ben noto ai nostri lettori, Anna Felice Sobrero, il minuscolo tenente" che quella battaglia dovette combattere, uscendone miracolosamente (quasi) illeso. La brigata Parma (3ᵃ armata, 11° corpo d'armata, 49° e 50° reggimenti fanteria), cui apparteneva, trascorse la prima parte dello scontro in riserva, cosa che rispondeva a una precisa strategia, tenendo conto che "Le operazioni della decima battaglia avevano particolarmente confermato la necessità che la riserva a disposizione dell'armata fosse molto forte, per far fronte all'intenso logoramento delle truppe" (L'esercito italiano nella grande guerra - vol. iv tomo 2, pag. 168).
Cominciamo dunque seguendo il 49° battaglione durante il primo periodo dello scontro, trascorso in riserva, zona Vallone di Gorizia, nell'ansia continua di ricevere l'ordine d'entrare in azione, condizione che doveva essere davvero sfibrante se l'attendente del nostro, il più volte citato in queste pagine Angelo Cellai, finì in pochi giorni all'ospedale per un pernicioso e umanissimo attacco di invincibile... paura:
19/8 Sto benone. Non posso proprio darvi mie notizie per esteso, ma appena potrò lo farò.
20/8 Sono di nuovo qui, vicino ad Emilio. Notizie buonissime di noi come pure degli avvenimenti che stanno svolgendosi. Vedremo e speriamo bene intanto.
Cellai è finito all'ospedale, forse per la PAURA, ma è cosa leggerissima e tornerà subito.
Qui non ho portato con me la macchina fotografica giacché non posso tenere altro che un pezzo di sapone e il fazzoletto. Non spaventatevi se non dovessi scrivervi per qualche tempo: ora non è sempre possibile farlo.
23/8 Ieri ho visto Emilio per due minuti a mezzogiorno. Dovette subito scappare perché l'avevano chiamato al Comando del 49°, dove il colonnello Zampieri gli doveva parlare.
Siamo tutti in attesa di ordini, giacché sinora non fummo ancora impiegati (49° e 50°). Altro non possiamo fare che attendere l'esito dell'offensiva in corso sperando che sia buono.
Quando l'ordine di recarsi in prima linea infine arrivò, il 22 agosto sera, i reggimenti 49° e 50° si misero in marcia, raggiungendo la valle del Vipacco la notte del 24, per dare il cambio alle sfinite brigate Lecce e Rovigo. Un intenso bombardamento illuminava il cielo come i volti disfatti dei soldati che s'avviavano verso le zone più protette. Gettati nella battaglia in pieno sviluppo, mentre il nemico era intento a reagire con grande determinazione agli attacchi italiani, utilizzando anche i reparti ripiegati qui dalle posizioni della Bainsizza, i soldati del 49° dovettero respingere numerose azioni rabbiose nel corso delle giornate successive, la prima delle quali si svolse il 25 agosto. Ed ecco cosa Sobrero scrisse a casa alla fine di quel dì:
25/8 Carissimi, sto benone, ma [sono] tanto sporco. Credo l'azione presto finita con nostra vittoria. Tornerò a riposo e scriverò molto e... mi laverò! Ho telefonato a Emilio 2 giorni fa, prima di partire dal riposo, e stava pure bene. Ora cercherò [di] fargli avere mie notizie.
Se questo messaggio non ci dice granché intorno a questo primo scontro, disponiamo, del tutto fortuitamente, di un'altra fonte per saperne qualcosa di più. Si tratta della motivazione della medaglia d'argento al valore che sarebbe stata assegnata a Sobrero (come riportato nel Nastro Azzurro), nella quale l'azione in questione viene evocata con notevole vividezza, pur nel gergo militaresco connaturato a queste comunicazioni, tanto da non potersi leggere senza qualche brivido, se solo lo si corredi di un'ambientazione reale, aggiungendovi i rumori assordanti degli scoppi, il puzzo nauseabondo dei corpi in putrefazione, la sete, la fatica, il fumo denso e irrespirabile, i colpi e le schegge che arrivavano da ogni parte, le grida, la paura:
La giornata successiva, 26 agosto, il 49°, benché provato, dovette respingere un altro attacco austriaco non meno deciso, senza che ciò inducesse Sobrero a rompere il suo riserbo e a scriverne diffusamente, e non solo per mancanza di tempo:
26/8 Sto bene. Scriverò stanotte.
Quella notte, manco a dirlo, il militare non poté scrivere nulla. Abbiamo però la possibilità di dare uno sguardo assai dettagliato allo scontro feroce del 26 agosto, poiché l'evidente riluttanza del nostro a parlarne venne vinta da una esplicita richiesta dei familiari i quali, a circa un mese da quei fatti, lo sollecitarono a fornir loro notizie intorno alla morte del tenente Federico Caruson, amico e compagno d'armi di Anna Felice, caduto nel corso di quella battaglia (nota 1). Ed ecco come Sobrero, corrispose all'invito, raccontando lo scontro in un resoconto davvero impressionante, che ci permette di vivere questa azione in presa diretta e senza filtri:
1/10 Circa i dettagli che mi chiedete per la morte del povero Caruson [nota: Federico Caruson, tenente in servizio attivo nel 49° reggimento fanteria, nato nel 1890 a Torino, morto il 26 agosto 1917 sul Carso per ferite riportate in combattimento], eccoli. Dopo che si fece buio, la sera del 26, cominciò l'attacco. E volavano bombarde e artiglierie d'ogni calibro, sfasciando le nostre trincee e facendo scomparire tanta gente. Io, come lui, percorrevo le trincee di corsa, colmando i vuoti rimasti con altri uomini e mantenendo salda resistenza.
Cominciò il lancio di bombe a mano quando loro furono a una quindicina di passi da noi. Durante [i nostri spostamenti lungo la linea delle trincee] ci vedemmo due volte. [La seconda,] io [ero] all'estrema destra del mio fronte, lui all'estrema sinistra del suo, ove eravamo [più] in contatto. Con due cenni della testa capimmo che la cosa si faceva grave. Eravamo [entrambi] a terra per evitare di diventare facili bersagli. Mi fe' cenno colla mano che [sarebbe venuto verso di me].
Il racconto prosegue implacabilmente verso il triste epilogo, che si manifestò all'improvviso, in un attimo, senza quasi che la morte potesse assurgere a tragedia, poiché la potenza distruttiva delle armi non dava il tempo al valore di manifestarsi. Le esistenze dei combattenti erano cancellate in un lampo, determinando annientamento e dimenticanza più che onore e memoria:
Io, arrivato allora lì, mi fermai qualche secondo per asciugarmi l'abbondante sudore quando, con immenso fragore, scoppiò una bombarda nemica sulla sua trincea, a 25 passi da me! Presentii [cosa era successo]. Lui [stava venendo verso di me] e, ai miei calcoli, doveva essersi trovato proprio sul luogo dello scoppio. Corsi là! [Ma trovai] una buca di parecchi metri di diametro e nient'altro! Ritornavo [sui miei passi] e vidi allora il suo attendente sul posto, con occhi [disperati], che mi faceva segno: è qui! Capii, presi un portaferiti e lo misi a scavare con lui. Fu rinvenuto, ma era morto!
Che momenti passai!!
Cartolina del 19 agosto 1917 |
19/8 Sto benone. Non posso proprio darvi mie notizie per esteso, ma appena potrò lo farò.
20/8 Sono di nuovo qui, vicino ad Emilio. Notizie buonissime di noi come pure degli avvenimenti che stanno svolgendosi. Vedremo e speriamo bene intanto.
Cellai è finito all'ospedale, forse per la PAURA, ma è cosa leggerissima e tornerà subito.
Qui non ho portato con me la macchina fotografica giacché non posso tenere altro che un pezzo di sapone e il fazzoletto. Non spaventatevi se non dovessi scrivervi per qualche tempo: ora non è sempre possibile farlo.
23/8 Ieri ho visto Emilio per due minuti a mezzogiorno. Dovette subito scappare perché l'avevano chiamato al Comando del 49°, dove il colonnello Zampieri gli doveva parlare.
Siamo tutti in attesa di ordini, giacché sinora non fummo ancora impiegati (49° e 50°). Altro non possiamo fare che attendere l'esito dell'offensiva in corso sperando che sia buono.
Cartolina del 25 agosto 1917 |
25/8 Carissimi, sto benone, ma [sono] tanto sporco. Credo l'azione presto finita con nostra vittoria. Tornerò a riposo e scriverò molto e... mi laverò! Ho telefonato a Emilio 2 giorni fa, prima di partire dal riposo, e stava pure bene. Ora cercherò [di] fargli avere mie notizie.
Se questo messaggio non ci dice granché intorno a questo primo scontro, disponiamo, del tutto fortuitamente, di un'altra fonte per saperne qualcosa di più. Si tratta della motivazione della medaglia d'argento al valore che sarebbe stata assegnata a Sobrero (come riportato nel Nastro Azzurro), nella quale l'azione in questione viene evocata con notevole vividezza, pur nel gergo militaresco connaturato a queste comunicazioni, tanto da non potersi leggere senza qualche brivido, se solo lo si corredi di un'ambientazione reale, aggiungendovi i rumori assordanti degli scoppi, il puzzo nauseabondo dei corpi in putrefazione, la sete, la fatica, il fumo denso e irrespirabile, i colpi e le schegge che arrivavano da ogni parte, le grida, la paura:
Sobrero Felice, da Torino, tenente complemento reggimento fanteria. Comandante di una compagnia in una difficile posizione di difesa tatticamente molto importante, durante un improvviso e violento attacco nemico eseguito di notte ed accompagnato da un tiro di artiglieria di estrema violenza, percorreva più volte la fronte attaccata, mostrandosi in piedi ove il pericolo era maggiore, incoraggiando ed incitando i propri dipendenti, mantenendoli saldi sulla posizione e ricacciando l'avversario dopo accanita lotta.Vippacco, 25 agosto 1917.
Cartolina del 26 agosto 1917 |
26/8 Sto bene. Scriverò stanotte.
Lettera del primo ottobre 1917 (pag. 2) cliccare sull'immagine per ingrandirla |
1/10 Circa i dettagli che mi chiedete per la morte del povero Caruson [nota: Federico Caruson, tenente in servizio attivo nel 49° reggimento fanteria, nato nel 1890 a Torino, morto il 26 agosto 1917 sul Carso per ferite riportate in combattimento], eccoli. Dopo che si fece buio, la sera del 26, cominciò l'attacco. E volavano bombarde e artiglierie d'ogni calibro, sfasciando le nostre trincee e facendo scomparire tanta gente. Io, come lui, percorrevo le trincee di corsa, colmando i vuoti rimasti con altri uomini e mantenendo salda resistenza.
Cominciò il lancio di bombe a mano quando loro furono a una quindicina di passi da noi. Durante [i nostri spostamenti lungo la linea delle trincee] ci vedemmo due volte. [La seconda,] io [ero] all'estrema destra del mio fronte, lui all'estrema sinistra del suo, ove eravamo [più] in contatto. Con due cenni della testa capimmo che la cosa si faceva grave. Eravamo [entrambi] a terra per evitare di diventare facili bersagli. Mi fe' cenno colla mano che [sarebbe venuto verso di me].
Lettera del primo ottobre 1917 (pag. 3 e 4) cliccare sull'immagine per ingrandirla |
Io, arrivato allora lì, mi fermai qualche secondo per asciugarmi l'abbondante sudore quando, con immenso fragore, scoppiò una bombarda nemica sulla sua trincea, a 25 passi da me! Presentii [cosa era successo]. Lui [stava venendo verso di me] e, ai miei calcoli, doveva essersi trovato proprio sul luogo dello scoppio. Corsi là! [Ma trovai] una buca di parecchi metri di diametro e nient'altro! Ritornavo [sui miei passi] e vidi allora il suo attendente sul posto, con occhi [disperati], che mi faceva segno: è qui! Capii, presi un portaferiti e lo misi a scavare con lui. Fu rinvenuto, ma era morto!
Che momenti passai!!
Non lo potrei scrivere neppure.
Il suo attendente rimase a fargli la guardia sul posto e io continuai a percorrere tutta la linea, incitando i pochi [sopravvissuti]. Dopo un'ora, [il nemico] era stato respinto. Ero sfinito. M'accorsi solo allora d'essere stato ferito, scalfito in varie parti del corpo da [schegge di] bombe a mano, ma [era cosa] da nulla.
Il suo attendente rimase a fargli la guardia sul posto e io continuai a percorrere tutta la linea, incitando i pochi [sopravvissuti]. Dopo un'ora, [il nemico] era stato respinto. Ero sfinito. M'accorsi solo allora d'essere stato ferito, scalfito in varie parti del corpo da [schegge di] bombe a mano, ma [era cosa] da nulla.
Ora [Caruson] è a Gradisca, sepolto [sotto una] croce di legno bianca, con una targhetta di vetro [che riporta] tutti i suoi dati. Riposa vicino al tenente Bozzi, nostro amico, cui Caruson successe al comandare la seconda [compagnia], dopo che morì a Castagnevizza.
Ci appare notevole questa narrazione, priva com'è d'ogni retorica, immune da odio per il nemico o enfasi militaristica. Ci aiuta a conoscere meglio il nostro protagonista, che abbiamo seguito fin dai primi giorni di guerra. Curioso ragazzo la cui condotta al fronte spiccava, secondo il parere dei superiori, per disciplina, spirito di sacrificio, attitudine al comando. Caratteristiche da assegnare anzitutto alla sua peculiare formazione e all'ambiente in cui era vissuto, che dovevano prepararlo a dirigere l'azienda di famiglia, il calzificio Ettore Sobrero, vera eccellenza industriale italiana (a tale proposito si veda l'introduzione al Laboratorio) . Così Anna Felice Sobrero, imbattutosi nell'evento inatteso della guerra, dovette inopinatamente convogliare tali qualità (ma anche l'amore per la musica e l'arte, l'attitudine a tessere relazioni e ad ispirare fiducia) sul campo di battaglia, all'unico scopo di sopravvivere. E non è un caso che egli riferisse con tanta parsimonia i fatti della guerra, trattandosi di una realtà che nulla aveva a che spartire con il suo mondo interiore, nonostante, paradossalmente, fosse proprio quel mondo interiore a permettergli di "fare" la guerra al meglio.
Ma torniamo alle giornate della battaglia.
Altri simili attacchi il 49° fanteria dovette respingere il 28 e il 29 agosto e poi il 9 settembre, combattendo sempre nelle trincee di Vipacco. Il nostro, sopravvissuto chissà come anche a quelle azioni, scrisse a casa solo il 31, dopo diversi giorni di forzato silenzio:
31/8 Cara mamma, non ho più potuto scriverti, perché proprio non potevo, sai! [...] Ora sono quasi del tutto riposato, telefonerò [...] ad Emilio appena potrò. Lui mi avrà visto dalla posizione lontano lontano, chissà?!
1/9 Sto benissimo. Bacioni a tutti. Sono sceso in riserva.
4/9 Ricevo ora il telegramma vostro che dice che non avete ricevuto posta da me per dieci giorni di seguito. Sono stato talvolta quattro giorni senza scrivervi, ma mai dieci! Sono ritardi della posta!!
Voglio darvi una... bella notizia: sono stato proposto per la medaglia d'argento, per l'azione a quota... [nota: quota 126 (Vipacco)]
Attendo i vostri vivi complimenti!
Qui gli encomi al nostro battaglione continuano a fioccare, tra gli altri quello del Duca d'Aosta!
È morto il caporale Fenoglio [nota: Battista Fenoglio, caporale 49° reggimento fanteria, nato nel 1890 a Torino, morto il 2 settembre 1917 sul Carso per ferite riportate in combattimento] che giorni fa mi diceva che era cugino di una ragazza che lavorava da noi, credo quella giovane bionda bionda che lavorava allo standard, che prese marito due anni fa. Anche lui è stato proposto per una medaglia al valore. Si comportò molto bene, ma che gli è valso?
[...] E Lili, perché non mi scrive più? E Cesarino?
6/9 Oggi siamo di nuovo in linea, di rincalzo, ma pare che a giorni andremo a riposo.
10/9 Sono all'accampamento, a riposo.
13/9 Sono sempre qui, a riposo. Dalle mie piccole scalfitture e ferite sono guarito perfettamente e non ne porto che qualche segno. Ieri vi fu la distribuzione di medaglie al valore guadagnate a luglio a Castagnevizza e fu una bella festicciola, guastata solo dalla mancanza dei molti amici caduti, finita alla Casa del soldato con concerto e canti. Pare che andremo ancora più indietro per qualche tempo, a riposo. Vedremo!
Intanto vi ho mandato un pacco con alcune cose prese qui. Mi raccomando, nulla vada perso (specialmente l'elmo austriaco!) perché sono oggetti rari che entrano di diritto nel mio museo.
Qui, stanotte, gran temporale e grandine a piacimento. Era l'una dopo mezzanotte quando la bufera ci portò via la tenda e rimanemmo senza riparo, sotto l'acqua, io come tutta la mia compagnia, pigliando sulla testa tutto ciò che veniva giù dal cielo. Ma lo facemmo con la pazienza che insegna l'essere sovente bersagliati da ben altre tempeste.
Forse tra poco si riapriranno le licenze, vedremo se potrò partire tra i primi. Emilio mi scrisse e gli risponderò. Tanti e tanti bacioni.
20/9 Pare che tra poco andremo più indietro, sempre a riposo, forse il 21. Lili, se può, avrei piacere che andasse a trovare la famiglia Caruson a Torino, in corso Regina Mara n° 90, il padre e la madre del mio amico che morì qui.
L’undicesima battaglia dell’Isonzo, forse la più ambiziosa azione che l'Italia avesse intrapreso sino a quel momento, s'era ormai esaurita. Aveva determinato perdite immani in entrambi gli schieramenti e procurato magri risultati all'esercito vincitore (nota 2), poiché le conquiste italiane sul Carso erano state scarse e anche la pur eclatante conquista della Bainsizza non sarebbe stata strategicamente rilevante (nota 3). Se a qualcosa questa battaglia era invece servita, fu a convincere il Comando Supremo austriaco dell'impossibilità di reggere altri attacchi e, dunque, della necessità d'intraprendere quanto prima un'energica controffensiva. Lasciamo dunque Sobrero al suo meritato riposo, mentre si cominciavano a intravedere all'orizzonte i primi bagliori di un altro epico evento che lo coinvolgerà direttamente, lo scontro che, nell'immaginario collettivo, rappresenta ancora oggi la più grande disfatta militare subita dall'esercito italiano: la battaglia di Caporetto.
Nota 2 In realtà, "l'undicesima battaglia dell'Isonzo fu considerata vittoriosa da ambo le parti: per il vantaggio territoriale conseguito, da parte italiana; per l'incrollabile difesa opposta sul secondo schieramento a forze soverchianti, da parte austriaca" (L'esercito italiano nella grande guerra - vol. iv tomo 2, pag. 397).
Nota 3 Con questo non vogliamo sminuire la battaglia della Bainsizza, "una delle più grandiose operazioni di tutta la guerra, una delle più brillanti offensive svolte sull'intero scacchiere europeo, una delle maggiori vittorie - militarmente, forse, la maggiore - del nostro Esercito" (L'esercito italiano nella grande guerra - vol. iv tomo 3, pag. 10).
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Ci appare notevole questa narrazione, priva com'è d'ogni retorica, immune da odio per il nemico o enfasi militaristica. Ci aiuta a conoscere meglio il nostro protagonista, che abbiamo seguito fin dai primi giorni di guerra. Curioso ragazzo la cui condotta al fronte spiccava, secondo il parere dei superiori, per disciplina, spirito di sacrificio, attitudine al comando. Caratteristiche da assegnare anzitutto alla sua peculiare formazione e all'ambiente in cui era vissuto, che dovevano prepararlo a dirigere l'azienda di famiglia, il calzificio Ettore Sobrero, vera eccellenza industriale italiana (a tale proposito si veda l'introduzione al Laboratorio) . Così Anna Felice Sobrero, imbattutosi nell'evento inatteso della guerra, dovette inopinatamente convogliare tali qualità (ma anche l'amore per la musica e l'arte, l'attitudine a tessere relazioni e ad ispirare fiducia) sul campo di battaglia, all'unico scopo di sopravvivere. E non è un caso che egli riferisse con tanta parsimonia i fatti della guerra, trattandosi di una realtà che nulla aveva a che spartire con il suo mondo interiore, nonostante, paradossalmente, fosse proprio quel mondo interiore a permettergli di "fare" la guerra al meglio.
Ma torniamo alle giornate della battaglia.
Cartolina del 31 agosto 1917 |
31/8 Cara mamma, non ho più potuto scriverti, perché proprio non potevo, sai! [...] Ora sono quasi del tutto riposato, telefonerò [...] ad Emilio appena potrò. Lui mi avrà visto dalla posizione lontano lontano, chissà?!
1/9 Sto benissimo. Bacioni a tutti. Sono sceso in riserva.
4/9 Ricevo ora il telegramma vostro che dice che non avete ricevuto posta da me per dieci giorni di seguito. Sono stato talvolta quattro giorni senza scrivervi, ma mai dieci! Sono ritardi della posta!!
Voglio darvi una... bella notizia: sono stato proposto per la medaglia d'argento, per l'azione a quota... [nota: quota 126 (Vipacco)]
Attendo i vostri vivi complimenti!
Qui gli encomi al nostro battaglione continuano a fioccare, tra gli altri quello del Duca d'Aosta!
È morto il caporale Fenoglio [nota: Battista Fenoglio, caporale 49° reggimento fanteria, nato nel 1890 a Torino, morto il 2 settembre 1917 sul Carso per ferite riportate in combattimento] che giorni fa mi diceva che era cugino di una ragazza che lavorava da noi, credo quella giovane bionda bionda che lavorava allo standard, che prese marito due anni fa. Anche lui è stato proposto per una medaglia al valore. Si comportò molto bene, ma che gli è valso?
[...] E Lili, perché non mi scrive più? E Cesarino?
6/9 Oggi siamo di nuovo in linea, di rincalzo, ma pare che a giorni andremo a riposo.
10/9 Sono all'accampamento, a riposo.
13/9 Sono sempre qui, a riposo. Dalle mie piccole scalfitture e ferite sono guarito perfettamente e non ne porto che qualche segno. Ieri vi fu la distribuzione di medaglie al valore guadagnate a luglio a Castagnevizza e fu una bella festicciola, guastata solo dalla mancanza dei molti amici caduti, finita alla Casa del soldato con concerto e canti. Pare che andremo ancora più indietro per qualche tempo, a riposo. Vedremo!
Intanto vi ho mandato un pacco con alcune cose prese qui. Mi raccomando, nulla vada perso (specialmente l'elmo austriaco!) perché sono oggetti rari che entrano di diritto nel mio museo.
Qui, stanotte, gran temporale e grandine a piacimento. Era l'una dopo mezzanotte quando la bufera ci portò via la tenda e rimanemmo senza riparo, sotto l'acqua, io come tutta la mia compagnia, pigliando sulla testa tutto ciò che veniva giù dal cielo. Ma lo facemmo con la pazienza che insegna l'essere sovente bersagliati da ben altre tempeste.
Forse tra poco si riapriranno le licenze, vedremo se potrò partire tra i primi. Emilio mi scrisse e gli risponderò. Tanti e tanti bacioni.
20/9 Pare che tra poco andremo più indietro, sempre a riposo, forse il 21. Lili, se può, avrei piacere che andasse a trovare la famiglia Caruson a Torino, in corso Regina Mara n° 90, il padre e la madre del mio amico che morì qui.
L’undicesima battaglia dell’Isonzo, forse la più ambiziosa azione che l'Italia avesse intrapreso sino a quel momento, s'era ormai esaurita. Aveva determinato perdite immani in entrambi gli schieramenti e procurato magri risultati all'esercito vincitore (nota 2), poiché le conquiste italiane sul Carso erano state scarse e anche la pur eclatante conquista della Bainsizza non sarebbe stata strategicamente rilevante (nota 3). Se a qualcosa questa battaglia era invece servita, fu a convincere il Comando Supremo austriaco dell'impossibilità di reggere altri attacchi e, dunque, della necessità d'intraprendere quanto prima un'energica controffensiva. Lasciamo dunque Sobrero al suo meritato riposo, mentre si cominciavano a intravedere all'orizzonte i primi bagliori di un altro epico evento che lo coinvolgerà direttamente, lo scontro che, nell'immaginario collettivo, rappresenta ancora oggi la più grande disfatta militare subita dall'esercito italiano: la battaglia di Caporetto.
Dario Malini
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Nota 1 Nell'albo d'oro dei caduti viene erroneamente riportata come data della morte di Caruson il 24 anziché il 26 agosto 1917.Nota 2 In realtà, "l'undicesima battaglia dell'Isonzo fu considerata vittoriosa da ambo le parti: per il vantaggio territoriale conseguito, da parte italiana; per l'incrollabile difesa opposta sul secondo schieramento a forze soverchianti, da parte austriaca" (L'esercito italiano nella grande guerra - vol. iv tomo 2, pag. 397).
Nota 3 Con questo non vogliamo sminuire la battaglia della Bainsizza, "una delle più grandiose operazioni di tutta la guerra, una delle più brillanti offensive svolte sull'intero scacchiere europeo, una delle maggiori vittorie - militarmente, forse, la maggiore - del nostro Esercito" (L'esercito italiano nella grande guerra - vol. iv tomo 3, pag. 10).
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