«Corriere della Sera» del 23 e 24 settembre 1917 |
Lettera del 6 ottobre 1917 (pag. 2) |
28/9 Carissimi, stasera vado in linea col reggimento, dove ero PRIMA [nota: valle del Vipacco], e vi resteremo una dozzina di giorni. Ma ora si starà un po' meglio perché furono fatti dei lavori. Dite a Emilio che non venga a trovarmi ora, ma tra una quindicina di giorni. Mi piacerebbe vederlo vestito da ufficiale. Vi scriverò appena sarò giunto là.
3/10 Carissimi, vi ho scritto ieri l'altro dandovi chiarimenti sulla morte del povero Caruson [nota: abbiamo già trascritto la lettera qui menzionata (datata primo ottobre 1917, ma riferita a fatti accaduti il 26 agosto,nel corso dell'undicesima battaglia dell'Isonzo) nel Laboratorio 36]. Io sono sempre in linea e sto benissimo. Stanotte ho lavorato con i miei portaordini per farmi un SALOTTO. Ed è riuscito qualcosa di chic! Un salotto in trincea! Fatto con sacchetti di terra, blindato e sicuro. Tappezzato con teli da tenda. Un tavolino, un sofà e, intorno, delle pareti chiuse ermeticamente, fornite pure di una porta e una finestra. Dentro si può persino accendere il lumino di notte. Vi appenderò anche delle fotografie!
Queste notti di luna sono sempre tranquillissime, perché ci si vede bene e si può lavorare sicuri.
Non ho altro da dirvi se non che col primo novembre cominceranno le licenze e sarò tra i primi a partire certamente! Speriamo la possa prendere anche Emilio per essere così tutti a casa.
4/10 Caro Emilio, non posso venirti a trovare perché sono in linea a q. 126 [nota: quota 126 (Vipacco)]. Io sto benone. Ho saputo che sei stato a casa [...]. Sei sempre a Gradisca? Tanti e tanti baci da Cici.
6/10 Carissimi, ho ricevuto ieri sera la vostra lettera con le due belle fotografie: una del biliardo con tutte quelle facce che conosco, e l'altra di mamma, Emilio e Gino.
Ho ricevuto un biglietto da Emilio, da Gradisca, ove mi dice essere in... villeggiatura! Gli ho subito mandato un mio portaordini che ritornò con un altro suo biglietto dove scrive d'essere in attesa di destinazione. Spero che saremo sempre vicini per poter facilmente
avere notizie reciproche.
Dovete sapere che mi è accaduto un incidente ieri sera. Si stava facendo fotografie, con il mio attendente, alla posizione avversaria (giacché come vi ho detto ho portato la macchina in linea) e si girava già da due ore, strisciando per le trincee e i camminamenti (perché dal mattino alla sera GIOCHIAMO a nasconderci, GIOCO PERICOLOSO). [A un certo punto] ci arrampichiamo sul parapetto della trincea: metto a fuoco e preparo [lo scatto]. [All'improvviso] dalle posizioni avversarie parte un colpo di cannone e il proiettile si avvicina fischiando: mi precipito giù in trincea, trascinando con me la macchina che si ammaccò in due o tre parti e ora tutto il meccanismo funziona stentatamente. Il colpo, intanto, scoppiato a pochi metri, ci aveva ricoperto di sassi, ma... nient'altro. [La macchina ] ve la manderò appena potrò: speriamo che la possano riparare bene e presto.
Fra un venticinque giorni inizieranno le licenze! Spero di potervi abbracciare.
Lettera del 17 ottobre 1917 (pag. 1) |
11/10 Carissimi, sono due giorni che non ho potuto scrivervi. Ci fecero due attacchi, ma non in forze, entrambi respinti nettamente. Ancora sei giorni in linea e poi... a riposo.
Mi rincresce non poter fare fotografie, senza la macchina!
Il mio salotto imbottito è rimasto meraviglioso, resistendo a tutti i calibri!!
Fra una ventina di giorni cominceranno le licenze invernali, e allora... vedremo.
È venuto da me un soldato che [...] vide Emilio a Gradisca e conobbe Dino ("Quel caporale del '99 con gli occhiali alla 10ᵃ di Torino!"). Ed ora s'è unito alla mia compagnia. Quale combinazione! Tre fratelli divisi dalla guerra ora misteriosamente riuniti in questo soldataccio!
Ho ricevuto una lettera dalla famiglia del povero Caruson. Dice che desidererebbero la foto del cimitero di Gradisca [nota: Il tenente Federico Caruson, amico e compagno d'armi del nostro, era sepolto nel cimitero di Gradisca, come detto in Laboratorio 36]. Rispondete loro che la farò fare ad Emilio e gliela manderò.
Null'altro da dirvi se non informarvi dell'arrivo di un'acquazzone!
17/10 Carissimi, [sono] giunto a riposo! Finalmente e... per quaranta giorni! [nota: Sobrero scriveva da Farra d'Isonzo, vicino a Gradisca] Oggi ripartiremo per andare a trascorrerne venti a Santa Maria La Longa dove c'è Savio (credo). Figuratevi che allegrezza in tutti i soldati. È un riposo premio per gli attacchi sostenuti e respinti da noi.
Ieri ho passato tutta la giornata con Emilio, e ci siamo divertiti. Stamane viene a mangiare da noi perché è stato invitato al 1° battaglione.
Ora parliamo di Dino. In questo momento qui al 49° è vacante un posto da caporale all'ufficio amministrazione e uno al comando di reggimento. Se Dino è certo di poter rimanere [a Torino] ancora a lungo, stia lì, altrimenti basta la sua risposta perché mi occupi io di fargli raggiungere subito il 49°. A me basterà un suo telegramma. Capito?
Oggi piove, pazienza. Emilio fra mezz'ora sarà qui.
18/10 Stamane alle 5 partii (colla bandiera) e giunsi qui a Santa Maria La Longa! Che bello! Un po' di riposo! Qualche casa, dei civili, un letto! Un po' d'allegria.
Oggi assegnarono degli ufficiali subalterni alla mia compagnia. Uno è Rey, figlio di Ugo Ray! Che ne dite? È un bambino! Del '99. È pure venuto qui il figlio della maestra Marchisio! Domani domanderò personalmente al colonnello che li lasci nella mia compagnia. Li prenderò sotto la mia protezione e credo che i genitori ne saranno contenti.
20/10 Carissimi, mi trovo sempre a Santa Maria La Longa a riposo, ma piove tanto tanto. Abbiamo cambiato comandante di battaglione oggi, ed è venuto uno di cavalleria! Pare sia un buon uomo... vedremo poi che tipo sarà. Ho ricevuto (dopo dieci giorni di silenzio) qualche cartolina da Emilio e Giovanna: pare si siano entrambi svegliati d'un colpo per ricordarsi di me!
Io sto sempre bene e così spero di voi. Tanti e tanti bacioni da Cici.
Alla lettera del 20 ottobre fece seguito un lungo e preoccupante silenzio da parte di Anna Felice Sobrero (che sarebbe stato interrotto solo nel mese di gennaio 1918, come vedremo nei prossimi capitoli), cui faceva eco il succedersi di notizie sempre più allarmanti intorno ai risultati dell'attacco austro-tedesco del 24 ottobre. Questione che rende pressante domandarsi come vissero quelle giornate i familiari del nostro, dei quali è facile immaginare il tormentoso stato emotivo, privi com'erano d'ogni notizia sulla sorte del figlio combattente (come su quella del fratello Emilio), una condizione che rispecchiava quella di decine di migliaia di famiglie italiane.
«Corriere della Sera» del 2 novembre 1917 |
26/10 Non ci nascondiamo la violenza che assumerà la lotta che si inizia, perché combattiamo un nemico disperato. [...] Il destino mette oggi l'Italia all'avanguardia nel mondo in armi (Prima dell'attacco di Luigi Barzini)
27/10 Da tre giorni ormai, poderose forze austro-tedesche cozzano con estrema violenza contro le nostre linee. Le colonne principali nemiche, sboccando dalla conca di Plezzo e dalla testa di ponte di Tolmino, hanno travolto, il giorno 24, le nostre linee avanzate, hanno potuto allargare la breccia nella giornata di ieri, e la loro pressione continua fortissima (articolo non firmato).
29/10 La violenza dell'attacco e la deficiente resistenza di alcuni reparti della II Armata hanno permesso alle forze austro-germaniche di rompere la nostra ala sinistra sulla fronte Giulia. Gli sforzi valorosi delle altre truppe non sono riusciti ad impedire all'avversario di penetrare nel sacro suolo della patria. La nostra linea si ripiega secondo il piano stabilito (Bollettino di Cadorna, 28 ottobre).
2/11 Le nostre truppe, eludendo il piano dell'avversario con la rapidità della manovra, prontamente decisa, e ritardandone l'avanzata col valoroso contegno dei riparti di protezione, hanno compiuto, per quanto in condizioni strategiche e logistiche oltremodo difficili, il ripiegamento sul Tagliamento (Bollettino di Cadorna, primo novembre).
2/11 La manovra di ripiegamento, svelata nelle sue proporzioni dal comunicato ufficiale, implica un sagrifizio a cui non si può pensare senza angoscia: le armate della fronte Giulia, ritiratesi sul Tagliamento, debbono abbandonare un vasto tratto di territorio nazionale. L'arretramento era imposto nel modo più imperioso dal crollo della linea sull'Alto Isonzo [...]. Occorrevano fermezza di cuore, lucidità di mente per prendere senza indugio la decisione di compiere il doloroso sagrifizio, ora che il pericolo è stato scongiurato, a prezzo di quel sagrifizio, si può dire che la Terza armata deve la propria salvezza alla rapidità con cui fu decisa la ritirata e al valore delle truppe di copertura, giustamente riconosciuto e additato alla gratitudine del paese (articolo non firmato).
8/11 Data la scarsa difendibilità del Tagliamento, attualmente in magra, abbiamo ripiegato la nostra linea verso la Livenza (Bollettino di Diaz, 7 novembre).
9/11 Nelle condizioni in cui ha dovuto svolgersi il ripiegamento dalla fronte Giulia e, per una conseguenza ineluttabile, dai settori attigui, la linea della Livenza non poteva offrire bastevoli punti di appoggio per una difesa prolungata. [...] Anche il lettore meno esperto di cose militari, dando uno sguardo alla carta geografica, comprende ora che il ripiegamento si è andato compiendo verso il Piave. Non è il caso di dire quali possano essere i vantaggi della nuova linea [...]. È lecito però esprimere [...] il convincimento che il soldato italiano [...], testimone degli strazi a cui sono sottoposte le province invase, saprà sbarrare il passo al nemico sulla linea che gli verrà segnata (articolo non firmato).
15/11 Lungo il Piave l'attività combattiva è andata aumentando: le opposte artiglierie svilupparono intensa azione di fuoco: tentativi nemici di passare il fiume [...] vennero sventati con gravi perdite per l'avversario (Bollettino di Diaz, 14 novembre).
La semplice lettura degli estratti proposti, renderà evidente come il «Corriere» (il più diffuso giornale italiano), che aveva effettuato una cospicua campagna interventista e sempre sostenuto con forza le ragioni della guerra, oscurasse scientemente ogni notizia che avrebbe potuto troppo smuovere la riprovazione dei suoi lettori in merito al comportamento del nostro esercito. La linea editoriale del quotidiano, infatti, era indirizzata a riportare i fatti essenziali della battaglia in corso, sminuendone gli effetti più drammatici e cercando di delineare la precipitosa ritirata italiana come un doloroso ma necessario "sagrifizio", un'indispensabile e riuscita manovra strategica ("Occorrevano fermezza di cuore, lucidità di mente per prendere senza indugio la decisione di compiere il doloroso sagrifizio"), senza evidenziarne troppo gli orrori, quali la spaventosa entità di militari morti, feriti, dispersi, fatti prigionieri, le carovane di profughi che, privi di tutto e in condizioni disperate, fuggivano il nemico abbandonando le loro case, le violenze sui civili, le terribili devastazioni del territorio. Tutto ciò mentre l'avanzata dell'esercito austro-germanico (dall'Isonzo al Tagliamento, dal Tagliamento alla Livenza e quindi, dopo la sostituzione al vertice di Cadorna con Diaz, dalla Livenza al Piave) sembrava inarrestabile.
Per ora ci fermiamo qui, lasciando al prossimo articolo il resoconto dettagliato di ciò che era accaduto al tenente Anna Felice Sobrero in queste capitali giornate.
Per ora ci fermiamo qui, lasciando al prossimo articolo il resoconto dettagliato di ciò che era accaduto al tenente Anna Felice Sobrero in queste capitali giornate.
Dario Malini
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