Laboratorio Allegri (26): Triste e paradossale epilogo della storia di Attilio - II parte (3 dicembre 1919 - 22 giugno 1921)

Foto di Attilio Allegri (1921)

Il 3 dicembre 1919, mentre era ancora a Bologna, Attilio dava, con evidente soddisfazione, questa notizia ai familiari: «La comunicazione ufficiale dei quattro mesi di licenza [destinati agli ufficiali studenti] arrivò al comando ieri sera. Oggi ne ho fatto richiesta ed ho passato il mio compito ad un altro ufficiale, chiudendo tutti i miei conti in regola (nota 1). Sono contentone di lasciare questa vita insulsa e nello stesso tempo carica di responsabilità».

Lettera del 4 dicembre 1919

Ma i numerosi e gravi fatti di violenza che, nel contesto di manifestazioni socialiste di protesta, si stavano verificando in quel periodo in varie città italiane (innescati per la gran parte da squadre appartenenti alla galassia del nascente movimento fascista), mutarono il quadro della situazione, come veniamo a sapere dalla lettera del giorno innanzi: «Peggio del '48, hanno sospeso le licenze sino a che le cose non si metteranno al meglio. Pensare che il primo [dicembre] dovevo essere all'università. Voci di gravi fatti a Milano, Roma ed altre città. Vi sono parecchi feriti e, dicesi, pure due morti. Speriamo non succedano tafferugli anche stasera. A quanto sembra, anche domani vi sarà astensione dal lavoro».
Nei mesi successivi, le cose, per il nostro militare, si misero al meglio poiché, dopo un brevissimo periodo trascorso ad Alessandria, nel 38° Reggimento Fanteria, poté usufruire di una lunga licenza studio, stabilendosi a Pavia per frequentare l'università, sino al tanto sospirato momento del congedo, che giunse infine il 30 maggio 1920. 
Di lì in poi, in un momento storico pregnante e piuttosto turbolento della vita italiana, mentre andavano a delinearsi le linee di forza che avrebbero irresistibilmente condotto il paese sotto il giogo di un regime dittatoriale, Attilio Allegri poté smettere la divisa grigioverde e dedicarsi in toto allo studio. 

Intestazione lettera del 19 aprile 1921

Passarono i mesi, mentre un evento inaspettato e terribile andava profilandosi all'orizzonte della nostra storia. Così, la lettera che Attilio inviò il 19 aprile 1921 alla famiglia da Pavia è l'ultima sua. In essa il nostro fa riferimento, non senza una notevole dote di consapevolezza, alla questione capitale dell'intensificarsi della violenza fascista: «Ieri poi ha fatto assai freddo, come non ne ho mai sentito in tutto l'inverno. Oggi vi fu una grandine di tutt'altra natura: in seguito al fermento di due fascisti presso il Ticino, vi fu un comizio fascista in cui parlò l'avvocato Lanfranconi (nota 2), avvennero vari pugilati e venne bastonato l'onorevole Maffi (nota 3), deputato socialista di Pavia. La situazione, qui e nella Lomellina è impressionante: tutti i giorni imboscate, fermenti, spedizioni punitive, camera del lavoro incendiate, bastonate, insomma come se la guerra appena passata non avesse insegnato nulla. In tutto ciò, credo si debba supporre l'esistenza di un qualche disegno, poiché quelli pare sappiano bene contro quali persone fare uso di armi e bastoni, spalleggiati da chi avrebbe il compito di fermarli. Ma io, segnato da molti giorni bui, giro alla larga da tanto putiferio e preferisco utilizzare il poco tempo libero per andare al cinema, al caffè o a giuocare a scacchi. Altrimenti me ne resto a casa, sfogliando qualche bella pagina. Ora, ad esempio, sto rileggendo la Storia dei tredici di Balzac e l'ultimo libro dell'Eneide».

Foto di Attilio Allegri (1921)

Causa l'approssimarsi delle elezioni politiche, che si sarebbero svolte il 15 maggio, l'università di Pavia alla fine di aprile venne chiusa, dando la possibilità ad Attilio di tornare a Como, dove poteva studiare in tutta tranquillità, circondato dagli affetti familiari. 

Carrozza di un treno
(illustrazione di Kataku, 2023)

Ma ecco che, giunti al punto di dover narrare il drammatico epilogo della vicenda di Attilio, ci accorgiamo di come, alla luce di tale evento, il significato della sua esperienza sembri d'un tratto sfuggirci, tanto ciò che la conclude appare insensato e anche beffardo. Per tale ragione, la narrazione di quello che accadde il 22 maggio 1921, quando, di primissima mattina, Attilio si recava alla stazione di Como per andare a Pavia a sostenere un esame universitario, preferiamo affidarla alla penna dell'anonimo e un poco enfatico autore di un trafiletto, riportato su un quotidiano locale il giorno innanzi:
Una gravissima sciagura funestava ieri la famiglia del concittadino rag. Oreste Allegri. Il giovane Attilio Allegri, di anni 24, trovava orrenda morte in seguito alla accidentale caduta sotto un treno.
Con il convoglio che parte da Como alle 6 per Milano, delle Ferrovia dello Stato, viaggiava come di consueto, unitamente ad altri studenti dell'Università di Pavia, l'Allegri, studente di chimica, il quale si recava in quella città per sostenere degli esami. Oltrepassata di circa trecento metri la stazione di Carimate, l'Allegri si affacciava ad un finestrino del vagone, ma questo si apriva ed il giovane precipitava dallo scompartimento. Malauguratamente proprio in quell'istante, sull'altro binario, sopraggiungeva in senso inverso un treno merci facoltativo, che si effettua raramente, il quale travolgeva il disgraziato.
Un grido di raccapriccio si levava dai passeggeri alla vista della sciagura. Il treno veniva fermato, ma il povero studente era orribilmente sfracellato e ridotto in pietose condizioni.
Il cadavere, tolto dalle rotaie e portato su un rialzo di terreno, veniva ricoperto e vigilato dagli addetti alla ferrovia. Le autorità giudiziarie di Cantù esperivano gli incombenti di legge; poscia la salma veniva trasportata alla camera mortuaria del cimitero di Carimate.
La notizia, sparsasi in città nel pomeriggio di ieri, destava vivissima impressione, essendo tanto il disgraziato studente, quanto la famiglia sua molto conosciuti
Riepiloghiamo dunque la terribile circostanza. Quel 22 giugno, Attilio Allegri salì sul treno Como - Milano delle 6 del mattino. Dopo circa una ventina di minuti dalla partenza, giunto all'altezza di Carimate, forse per osservare qualcosa che aveva attratto la sua attenzione, s'affacciò a un finestrino posto in corrispondenza di una portiera la quale, sollecitata dal suo peso, inopinatamente si spalancò, facendolo precipitare fuori.

Treni
(illustrazione di Kataku, 2023)

Ma anche così, la morte sfuggita nel recente conflitto avrebbe forse ancora potuto essere dilazionata se, proprio in quell'istante, non fosse sopraggiunto un altro convoglio che procedeva in senso inverso nel binario contiguo. 
Ed ecco il botto, il corpo straziato, la fine. 

Lettera di condoglianze di Sebastiano Colombo e famiglia

Come commento a questo tragico episodio, riportiamo la lettera di condoglianze inviata alla famiglia Allegri dai genitori di un caro amico di Attilio, Felice Colombo, suo compaesano e coetaneo, caduto il 4 agosto 1918 a Foiana della Chiana per un incidente di aviazione:
I nostri figli furono compagni di scuola, di armi: si volevano bene ed ambedue ebbero destino crudele!! Tragicamente la morte ce li ha rapiti nel fiore della gioventù mentre le nostre speranze anelavano giungere a grandi ideali!
La nostra piaga, non ancora rimarginata, si riaperse [...], la penna si ritrae e non può descrivere quanto dolore ci recò la fatale notizia. Coraggio, coraggio, altre parole non troviamo.
Dopo la morte di Attilio, i familiari hanno provveduto a incollarne gli scritti (lettere, cartoline, appunti, fotografie, ecc.) all'interno di un raccoglitore che, giuntoci oltre cent'anni dopo del tutto fortuitamente tra le mani, ci ha permesso di recuperare la vicenda di questo militare, resa nelle pagine precedenti in forma di diario. 
Giunti a questo punto, vogliamo chiudere la narrazione prendendo spunto da uno dei libri che il nostro amava leggere e rileggere, secondo quanto scrive nella sua ultima lettera: «Ora, ad esempio, sto rileggendo [...] l'ultimo libro dell'Eneide». A questa opera, e in particolare alle pagine che la chiudono, il giovane aveva fatto riferimento anche diverso tempo prima. Nella missiva del 30 settembre 1917, inviata ai genitori in occasione del suo primo arrivo in trincea (una trincea posta sulla linea del fronte isontino, non distante da Gorizia), scriveva infatti [si veda: Laboratorio 12]: «Eccomi infine in trincea, ove mi aggiro con il cipiglio del giovane Menete, cantato quasi di malavoglia da Virgilio». 
Il grande poeta latino si occupa di questo Menete - guerriero suo malgrado - nel dodicesimo e ultimo libro dell'Eneide, in un inciso curiosamente sospeso, posto all'interno dell'affresco grandioso della fase finale dello scontro tra Troiani e Latini: 
«Ma Turno abbatte due fratelli
venuti dalla Licia e dai campi d'Apollo,
e il giovane Menete, un arcade nemico
della guerra (ma invano!) che un tempo esercitava
la pesca lungo le acque della palude di Lerna»
(Eneide, Libro XII, vv 646 - 650, traduzione di Giuseppe Ungaretti)
Un modo, dunque, questo di Attilio, d'esternare la propria ostilità al conflitto, nella certezza che la criptica comunicazione non sarebbe stata compresa dai censori, venendo invece decodificata facilmente dai familiari, perché facente parte verosimilmente di un argomentare condiviso. Ed oggi tale clandestino messaggio giunge finalmente anche a noi, mettendoci davanti un sentire probabilmente diffuso tra i militari, ma cancellato sovente dalla storia della Grande Guerra tramite una qualche modalità di rimozione istituzionale: i neri tratti di pennarello di chi doveva vigilare sull'immaginario del conflitto, certo, ma anche talvolta l'autocensura. 
Senza altre parole, terminiamo qui il nostro lavoro di recupero della vicenda dell'aspirante ufficiale Attilio Allegri, «nemico della guerra» non meno del giovane arcade virgiliano, nella convinzione che nella sua storia risuona la voce di un militare (una tra le innumerevoli di cui non s'è conservata memoria) che quel conflitto ha dovuto combatterlo suo malgrado; mentre la sua morte improvvisa, causata da un evento in qualche modo paradossale per uno che aveva attraversato le insidie della Grande Guerra, sembra costituire una sorta di misterioso e sinistro proemio all'epoca buia, foriera di orrori, che dai quei giorni folli e terribili sarebbe fatalmente sgorgata.

Dario Malini


N.B. L'autrice delle illustrazioni è Kataku, giovane e valente artista pisana. 

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Note

1Allegri si occupava del pagamento delle pensioni agli invalidi di guerra.  
2. L’avvocato Gigi Lanfranconi, che sarebbe stato eletto di lì a poco nelle liste del “Blocco nazionale” (aggregazione di destra, realizzata su proposta di Giovanni Giolitti, che comprendeva i liberali, l'Associazione Nazionalista Italiana di Enrico Corradini, i Fasci italiani di combattimento di Benito Mussolini e altre forze politiche di destra), fu grande propugnatore dell'uso politico di fez e manganello, dei quali si sarebbe largamente valso nel cruciale 1922, al fianco di Forni, nella devastazione di Palazzo Marino a Milano, uno degli episodi-chiave che avrebbe fatto da preludio alla marcia su Roma. 
3. Militante del Partito Socialista, Fabrizio Maffi era stato eletto deputato nel 1913. Dopo vari soggiorni in Russia nei primi anni della Rivoluzione, si sarebbe iscritto al Partito Comunista d'Italia nel 1924. Successivamente sarebbe stato perseguitato dai fascisti, dichiarato decaduto dal mandato parlamentare (1926) e mandato al confino.

2 commenti:

  1. Ringrazio molto per l'importante opera di restituzione di questa memoria. Ora comprendo la particolare importanza della rilegatura dell'album, come un monumento al caro figlio. Che fine triste, assurda, paradossale... Tuttavia, quanti altri suoi compagni morirono prima di lui e per alcuni di loro neanche fu possibile onorarne le salme...

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  2. Redazione Arte Grande Guerra28 marzo 2023 alle ore 19:39

    Ringraziamo noi lei, gentile Luciano, apprezzando particolarmente il suo giusto e condivisibile commento. Far risuonare una voce dal silenzio significa in qualche modo riportarne in vita innumerevoli altre, fare proprio il loro dolore e insegnamento.

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