Laboratorio Allegri (25): Triste e paradossale epilogo della storia di Attilio - I parte (30 dicembre 1918 - 24 novembre 1919)

Foto di Attilio Allegri

Con la nota del 29 dicembre 1918, presentata alla fine del precedente articolo, termina la vicenda propriamente di guerra e prigionia che ci siamo assunti il compito di raccontare. In questo e nel prossimo intervento, daremo al lettore qualche ragguaglio su ciò che accadde al giovane Attilio di lì in avanti. 
Nei giorni che seguirono, gli venne infine concessa la sospirata licenza. Molta acqua era passata sotto i ponti dall'agosto 1917, l'ultima volta in cui aveva potuto calcare il suolo della città natale. E, al termine di quella licenza, era dovuto salire sul treno che l'avrebbe irrimediabilmente condotto verso gli eventi dolorosi della battaglia di Caporetto e poi della terribile prigionia nei lager austriaci di Hart presso Amstetten e di Braunau in Boemia. Ed ecco che ora, nel gennaio del 1919, dopo circa un anno e quattro mesi d'assenza, provato da tante fatiche, Attilio giunse infine a Como dove poté riabbracciare i propri familiari. La licenza, sebbene «in parte guastata dal brutto tempo», come avrebbe scritto al fratello Dino in una lettera di qualche tempo innanzi, era stata un momento colmo di emozione, che gli aveva dato la possibilità di restare quasi un mese in compagnia dei genitori e dei fratelli Olga e Dino, anche quest'ultimo uscito incolume dalla guerra (che fortunatamente non aveva dovuto vedere troppo da vicino). Ma Attilio, a quel punto, ancora non era padrone della propria esistenza, poiché il giorno in cui sarebbe stato collocato in congedo era lontano. 

Prigionieri austriaci al lavoro
(illustrazione di Kataku, 2023)

Nel mese di febbraio il nostro dovette dunque tornare ai propri compiti militari. Dopo un periodo trascorso a Porretta, addetto al servizio di vigilanza della linea ferroviaria sino a Pistoia, a partire dal 17 febbraio, venne spostato a Pravisdomini, dove, come scrisse ai genitori, non era che «un prigioniero che doveva far lavorare degli altri prigionieri». Il suo compito era infatti di occuparsi della manutenzione di alcune strade con l'aiuto di circa 200 prigionieri austriaci, in attesa di essere rimpatriati. Lui in quel periodo dimorava presso una famiglia di contadini a Madonna di Campagna di Cordovado. Il 28 febbraio scriveva: «Sto tutto il giorno all'aria aperta, mi viene quindi un forte appetito. faccio la cura delle uova. Alla sera, siccome siamo lontani dal paese di Cordovado, circa 3 km, andiamo a dormire presto; sto di casa presso un contadino». E, il 10 marzo: «Il paese è privo di divertimenti e poco popolato perché molte case sono in rovina e molte di quelle ancora in piedi sono prive di porte, finestre e mobilio». Dal 27 marzo poté finalmente godere di una licenza per motivi di studio e cominciare a seguire i corsi  tenuti nella facoltà di chimica dell'Università di Pavia, che cominciarono il 7 aprile. Attilio Allegri, mentre poteva finalmente dedicarsi all0 studio, era a quel punto un essere ibrido che cercava di tornare faticosamente alla pacifica quotidianità di un giovane della sua età. 

Lettera del 5 maggio 1919

Il 5 maggio scrisse qualcosa che rende assai bene tale stato mentale: «L'altro giorno mi sono vestito in borghese per andare con Fontana e Gerosa a teatro, e mi sono accorto dopo un lungo tratto di strada che avevo messo per abitudine il berretto da soldato».
A partire dalla fine del mese di giugno, gli ufficiali studenti vennero richiamati in servizio attivo. A tale proposito, l'8 luglio, mentre era ancora a Pavia, il nostro scriveva: «Sono rimasto male quando lessi la circolare che ci revoca la licenza. Io che avevo fatto tanti castelli in aria».

Lettera del 21 luglio 1919

Una lettera successiva, redatta ancora a Pavia, è  intestata "Braunau in Böhmen, 21 luglio 1919", quasi provenisse, significativamente, dal lager austriaco dove era stato internato. In essa Attilio, mentre era impegnato in azioni di contrasto a quegli scioperi delle classi popolari che infiammavano Pavia come molta parte d'Italia (nota 1), affermava: «Due giorni di prigionia nelle scuole Carducci, per toglierci dalla circolazione. Che supa».

Lettera del 21 luglio 1919

Nel prosieguo della missiva, mostrava tutta la sua avversione per le manovre cui doveva partecipare: «In più di quattrocento [soldati stipati] in un locale ristretto: chi va, chi viene, chi canta chi grida. Per fare una dimostrazione contro lo sciopero, il governo ha pensato bene di farla fare a noi e di mettere delle sentinelle alle porte: "Di qui non si passa". Ho pensato tutto il tempo ad Hart bei Amstetten, ecc. ecc.». 

Bologna, La fontana del Nettuno,
cartolina del 25 settembre 1919

In seguito, Attilio venne spostato a Bologna, dove fu impiegato in vari lavori, dovendo anche seguire alcuni corsi, da lui descritti (ironicamente) con queste parole: «Il nostro servizio consiste nell'assistere a conferenze sul fucile, sulla manovra ed altri consimili argomenti... interessantissimi», mentre avrebbe voluto impiegare ben più proficuamente il proprio tempo nello studio universitario. Ecco come raffigurava le proprie giornate in una lettera del 15 agosto: «Tutto il giorno non si fa che sbadigliare, a partire dalla mattina quando mi alzo (alle 5 perché l'istruzione incomincia alle 6). Mettete dei pali in una sala, ecco gli studenti ufficiali che ascoltano i regolamenti spiegati dal maggiore».
E, il 10 ottobre, chiariva senza reticenze il suo stato d'animo riguardo al lavoro d'ufficio che doveva svolgere: «Parlano di mandarci all'università per il 15: speriamo sia una notizia con fondamento. La vita d'ufficio mi è grandemente antipatica e, quantunque vi sia poco da fare, preferirei essere altrove, perché qui sono troppo a contatto con i superiori i quali, per definizione, hanno sempre ragione».

Lettera dell'11 ottobre 1919

Imbestialito dal protrarsi di questo stato di cose, nella lettera inviata alla famiglia l'11 ottobre sbottava: «Fa un freddo da Braunau, mi occorrerebbe un po' di sole per essere meno nero, specialmente dopo aver letto le altre "agevolazioni" concesse agli studenti ufficiali. Ci danno facoltà di fare gli esami ma non di studiare.
Animali! Animali! Animali!!
Hanno paura che... 
Viva la vedova  (vedi Victor Hugo: vedova = ghigliottina). Possibile che siamo arretrati dalla Francia di 116 anni?».
A partire dal 21 ottobre, Attilio ebbe anche l'incarico di pagare le pensioni agli invalidi di guerra, presso la caserma Cialdini di Bologna. 

Lettera del 24 novembre 1919

Il 24 novembre, manifestando un sempre più profondo malessere per le disposizioni della vita militare e il più vivo desiderio di poter ottenere al più presto il congedo, così scriveva ai genitori (dopo un periodo in cui era stato messo agli arresti): «Alla fine del mese vostro figlio sarà per la seconda volta libero; la terza volta (siccome non c'è 2 senza 3) lo sarà quando il buon dio Marte lo manderà a casa sua» (nota 2).


Dario Malini


N.B. L'autrice delle illustrazioni è Kataku, giovane e valente artista pisana. 

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Note

1. Dopo la guerra, nel periodo denominato dalla storiografia "biennio rosso", tra il 1919 e il 1920, le classi popolari (operai e contadini) si mobilitarono in una serie di scioperi e agitazioni contro il taglio degli stipendi e le dure condizioni di chi lavorava nei campi. Le cause di queste agitazioni sono certamente da mettere in relazione con la grave crisi economica conseguente al conflitto, ma da connettere anche alla forza prorompente del mito (poiché era già tale) della rivoluzione russa.  
2La prima liberazione è ovviamente da identificarsi nell'uscita dal lager di Braunau; la seconda, nella fine del periodo in cui era stato messo agli arresti (dieci giorni di arresti di rigore e dieci di arresti semplici), che sarebbe terminato appunto pochi giorni dopo, alla fine di novembre (ecco come Allegri descrive la motivazione di tale punizione: «Vado agli arresti perché non avevo tanta autorità d'impedire ai soldati di fare baccano alla stazione. Cose che capitano»); la terza, nella data in cui gli sarebbe stato finalmente concesso il sospirato congedo. 

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