Laboratorio Allegri (24): San Benedetto del Tronto (6 - 29 dicembre 1918)

San Benedetto del Tronto, Torre dei Gualtieri
(cartolina del 22 dicembre 1918)
Il momento lungamente atteso di lasciare Trieste mi venne comunicato all'improvviso la mattina del 6 dicembre: il mio treno sarebbe partito il pomeriggio di quella stessa giornata. Cosa potevo fare? Messo insieme i bagagli alla bell'e meglio e salutati velocemente parenti e amici (Giulia no, perché non l'avevo trovata), salii appena in tempo sul convoglio che, quasi m'avesse aspettato, non appena fui dentro s'avviò a passo di lumaca verso nord ovest. Il paesaggio che a tutta prima ci scorreva davanti era impressionante, segnato da immani ferite: Duino, Monfalcone, Ronchi, Sagrado, Cormons...  Quando il treno virò finalmente verso Venezia (ma a mio discapito, poiché avrei voluto prendesse tutt'altra direzione), tale spettacolo doloroso si dileguò come per  incanto e, dappertutto, la vita sembrò riprendere il suo corso normale. Viaggiammo a lungo, con andatura discontinua, finché, a tarda sera del 7, entrammo piuttosto provati nella stazione di Ancona. Una scodella di sbobba e qualche polpetta fu la nostra cena, dopodiché ce ne andammo di malumore a riposare in una baracca del campo di concentramento. Dopo una notte piuttosto agitata e una ben misera colazione, l'8 mattina ripartimmo. Abbattuto, osservavo di malvoglia il paesaggio grigiastro che sfilava nel finestrino, quando, sorta di prodigio, al sorgere del sole, il mare assunse "il colore del vino", similitudine che avevo sempre creduto letteraria, cara ai greci non meno che al mio tedioso professore d'italiano. Il treno continuò a procedere su un percorso che sfiorava la costa, fermandosi di continuo per ragioni imperscrutabili: come il viaggio di ritorno di Ulisse, anche il nostro non sembrava avere troppa fretta di concludersi. Così, dopo aver percorso quasi a passo d'uomo i 90 km che dovevamo percorrere, arrivammo a San Benedetto del Tronto a notte inoltrata.

cartolina del 13 dicembre 1918

San Benedetto del Tronto, 13 dicembre. Trascrivo dalla cartolina appena inviata a casa: «Cari, la faccenda va molto in lungo e siccome un proverbio dice: gioco bello è breve, prendo il teuf-teuf (nota 1) e vi vengo a trovare, tanto più che dalla vostra cartolina del 10, giuntami stamane, seppi che Dino sarà con voi per Natale. Questo è un piccolo paese di zampognari e di pescatori; mi alzo alle sei e vado a letto alle otto, come le galline».
15 dicembre. Forse oggi arriva la commissione interrogatrice (nota 2). Ho letto poi sul giornale che «il senato ha approvato la proposta di Maggiorino Ferraris, di mandare in congedo per Natale tutti i reduci dalla prigionia». Fosse vero!
16 dicembre. Niente di nuovo. Natale s'avvicina e non c'è speranza che possa trascorrerlo a Como. Forse arriveranno altri quattromila prigionieri mentre quest'oggi incominciano ad andare in licenza i primi cento interrogati. Ma, prima o dopo, salirò anch'io su quel treno! Qualche volta mi arrabbio, ma poi rido di me, della vita miliare, di tutto. Molte sono d'altronde le stranezze di quest'epoca folle, una delle quali è la seguente: dormo in un lussuoso villino poco lungi dal mare, con una vista strepitosa. Per il resto, nulla di notevole mai accade. Talvolta raccolgo conchiglie e, l'altra sera, dovetti anche aiutare alcuni pescatori a tirare in secco un barcone, perché c'era mare cattivo. 

«Tutto il giorno ora corro in bicicletta»
(illustrazione di Kataku, 2023)

Sono stato, ahimè, nominato di vettovagliamento, e devo occuparmi di dar da mangiare a trecento persone. Ho dunque molto da lavorare: tutto il giorno ora corro in bicicletta a destra ed a sinistra per procurare il vino, la carne, la legna e ogni altra mercanzia richieda il mio lavoro. Domani comincia l'interrogatorio dei soldati, noi ufficiali dovremo anche consegnare una relazione scritta.

Cartolina del 19 dicembre 1918

19 dicembre. Io sono come color che son sospesi (nota 3). Andrò [in licenza], non andrò? Ecco la domanda che mi faccio ogni volta che vedo (e disgraziatamente passo una ventina di volte al giorno davanti alla stazione) sferragliare un treno. Ma nulla di preciso si sa, mentre s'aspettano altri prigionieri. E pensare che vivo accanto a persone che cantano per l'allegria perché possono partire in licenza. Un migliaio se ne sono di già andati. Dopo tanta fatica, avrei davvero bisogno di allontanarmi da tutti questi estranei, di stare accanto a qualcuno che mi vuole bene.

Le barche da pesca
(illustrazione di Kataku, 2023)

20 dicembre. Questa mattina subii l'interrogatorio e consegnai un rapporto scritto riportante il modo in cui fui catturato. Il colonnello presidente della commissione mi ha proposto per venticinque giorni di licenza. Se non arriveranno nuovi prigionieri, fra una settimana potrei essere a casa, nel caso invece ne arrivassero altri, come è annunciato, dovrò trattenermi ancora qui. Al momento il campo è deserto, ma il lavoro è comunque spossante. Ieri, ad esempio, dovetti occuparmi, alla stazione, dello scarico di migliaia di scatolette di carne e patate. Nelle poche ore libere, mi diverto a vedere l'arrivo e la partenza delle barche da pesca dalla spiaggia, spettacolo semplice e grandioso, identico da secoli a sé stesso, che neppure la guerra ha avuto il potere di mutare.

San Benedetto del Tronto, Corso Umberto I
(cartolina del 23 dicembre 1918)

23 dicembre. Qui il campo è sfollato, si crede però che arriveranno presto altri prigionieri. È per questo che il colonnello ci fa restare, quantunque al comando ci sia di già la mia licenza pronta.
24 dicembre. Sono felice che Dino passi le feste a casa. Spero di arrivare in tempo per vederlo, altrimenti lo andrò a trovare a Caserta (nota 4). Noi qui siamo in dodici, tutti ex gefangenen [prigionieri], a cercare, senza riuscirvi, di trascorrere il Natale in gozzoviglie. Questa sera mangeremo maccheroni colle vongole, domani tacchino e torta. Ma a che serve? Vorrei essere presso il caminetto di casa, accanto all'albero ben adornato, l'Olga al piano e la mamma, il papà, Dino e io a stonare tutti assieme una qualche canzone. Invece eccomi qui, ancora prigioniero, a fingere un'allegria piuttosto malsana, masticando bocconi amari.
25 dicembre. Questa mattina ci siamo recati dal colonnello per fargli gli auguri. Ci ha ringraziato per il lavoro prestato, dandoci però una cattiva notizia, cioè che i comandi superiori ancora non sanno se questo campo si deve sciogliere. Se entro una settimana non arriverà nessun ordine, ci ha detto, verremo mandati a casa. 
27 dicembre. Se prima non avevo un minuto di libertà, ora invece non so proprio cosa fare. Tutti i prigionieri se ne sono andati, trascinandosi dietro le loro storie dolorose assieme alla voglia di dimenticarle, e qui siamo rimasti in pochi ad attenderne altri. Arriveranno? Non lo sappiamo e il comando è meno informato di noi. 

«Percorrendo la via che conduce in montagna»
(illustrazione di Kataku, 2023)

29 dicembre. Mi sono allontanato dal paese, percorrendo la via che conduce in montagna. Mentre salivo, talvolta chiudevo gli occhi, immaginando di dirigermi a Brunate. È una crudeltà tenere i figli lontani dalle madri. Mi sembra siano trascorsi decenni da quando sono stato a casa, tanto da dovermi sforzare per ricordare la voce e la faccia di coloro che amo. Quando avrò la licenza? L'incertezza mi fa esasperare. Oggi è una splendida giornata quasi primaverile, simile a quelle in cui, con il papà, Olga e Dino, andavo a cogliere le viole (nota 5). 


Dario Malini


N.B. L'autrice delle illustrazioni è Kataku, giovane e valente artista pisana. 

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Note

1. Espressione colloquiale francese, corrispondente al nostro "ciuf ciuf", onomatopea riferita al rumore prodotto da una locomotiva a vapore. 
2. Tutti i prigionieri di guerra, al rientro in Italia, vennero ascoltati da una specifica Commissione interrogatrice prigionieri di Guerra, che aveva il compito di verificare le contingenze della loro cattura, al fine di individuare eventuali responsabilità personali o episodi di consegna spontanea al nemico. 
3. Divertito riferimento al canto II dell'Inferno di Dante (vv. 52-54), dove Virgilio dichiara di dimorare nel limbo: «Io era tra color che son sospesi / e donna mi chiamò, beata e bella, / tal che di comandare io la richiesi».   
4. Dino, fratello minore del nostro, anche lui sotto le armi, dal 25 settembre 1918 si trovava presso la scuola militare di Caserta.
5. Nei giorni successivi, il nostro poté finalmente tornare a casa, godendo di una licenza di circa un mese.

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