Laboratorio Allegri (20): Il cupo lager di Braunau in Boemia (29 giugno - 21 agosto 1918)

Telegramma inviato ai familiari da Attilio Allegri,
lager di Braunau (Boemia), 29 giugno 1918 

29 giugno. Eravamo in quindici ufficiali - sporchi e stralunati - nella lurida carrozza del treno che ci trasportava pigramente verso il lager di Braunau (nota 1), nel corso di un trasferimento durato tre giorni. Passata Vienna e percorso un buon tratto di strada, ci siamo fermati cinque ore a Brünn [brno]. Lì siamo stati scortati nella bella città, incontrando sovente gli sguardi torvi della popolazione civile. Rientrati in stazione, un mio compagno, utilizzando la cucina di un ristorante, ha preparato un risotto cui tutti hanno contribuito con una parte di riso e di condimento. Durante il prosieguo del viaggio, molti prigionieri italiani, che lavoravano nei campi, ci venivano incontro nelle stazioni per salutarci. Regalavamo loro vaghi incoraggiamenti e sigarette. I poveri ragazzi ringraziavano dicendoci: «Forza, presto saremo tutti a casa!», augurio che tutti ripetevano, e anch'io, pur essendo convinto che sarebbero passati ancora lunghi mesi prima che avesse potuto realizzarsi. 
A Mährisch Trübau [Moravská Třebová] abbiamo comprato quattordici chilogrammi di prugne, trasformandone poi il nocciolo in immaginarie granate che lanciavamo attraverso il finestrino. Infine, poco prima d'arrivare a destinazione, ci apparve all'improvviso il nostro campo, più vasto, triste e funereo di quello di Hart: una sterminata sequenza di baracche scure, circondate da alti reticolati, poste nel mezzo di umide e tetre boscaglie. Se, come viene detto, la cartina dell'Austria ha la forma di un gatto, di cui la Boemia è la testa, Braunau è situato nell'orecchia, nel putrido cerume che la ottura (nota 2). 

Lettera del 13 luglio 1918

13 luglio. In questo nuovo campo non vi sono svaghi. Ripenso anche con nostalgia al mio povero orto abbandonato nel campo di Hart, dove, lavorando, riuscivo a trovare qualche momento di calma. Qui il cielo è continuamente coperto da uno spesso strato di nubi che solo di rado lascia passare qualche esile raggio di sole, per poi richiudersi con la ineluttabilità del coperchio di una bara, trovando quindi sovente sfogo in uno scrosciante acquazzone. Fa molto freddo, io di notte mi copro con tre coperte ed il pastrano. Il cibo che ci viene distribuito è scarso e di bassa qualità, inoltre le latrine sono sporche e maleodoranti, ricoperte ovunque da spessi strati di sterco, tali da favorire ogni genere di infezione. Pacchi, dopo il cambiamento, non ne sono arrivati, e la fame viene tenuta a bada solo attingendo alle sempre meno cospicue scorte di viveri che ognuno ha messo da parte. E per chi non ne ha sono guai. Siamo inoltre tutti sudici ed è assai difficile che ci venga concesso di prendere un bagno.

Cartolina del 17 luglio 1917 (indirizzo mittente)

17 luglio. Ieri sera un fortissimo temporale bruciò alcune valvole, lasciandoci al buio. Incominciammo allora a cantare: siamo quattordici nella medesima camera, e da ciò si potrà immaginare il frastuono che tante voci incolte producono se decidono di farsi sentire tutte assieme. Simili cori, piuttosto disperati e anche spaventosi, a dire il vero, in questo campo si usano fare quasi tutte le sere. 
Continua a diluviare e a fare freddo, così ho scritto ai miei di inviarmi coperte, mutande e maglioni di lana, oltre che pane e caffè. 

«Talvolta vado a sedermi al riparo della grondaia»
(illustrazione di Kataku, 2023)

20 luglio. Ancora piove. Per non starmene sempre rintanato in camerata, talvolta vado a sedermi al riparo della grondaia a leggere, fumare o semplicemente a guardare la pioggia che batte sul terreno e sulle altre baracche, cercando di vincere la malinconia indotta dalla cupa ombra delle scure pinete che si estendono fuori dalle cancellate. Mi scrivono da casa che stanno ingrassando delle anitrette: rispondo che, verosimilmente, non le potrò gustare prima del Natale dell'anno venturo.
3 agosto. Ricevetti due giorni fa un pacco dalla zia Emma, con cinquanta sigarette, alcuni biscotti e una tortina. Poi più nulla. E la vita continua triste e monotona, tanto più che non ho compagni di Como. Passo però il tempo a leggere.
7 agosto. Sono ormai da più di quaranta giorni in questo campo e ancora non ho ricevuto pacchi, salvo quello della zia Emma. Appena giunto qui, il cambiamento d'aria e il clima rigido (ma anche le facce sconosciute e la nuova tristezza, poiché ogni campo ne procura una sua propria) mi hanno indotto a consumare parecchi viveri della mia riserva, che si fa inconsistente. Ma ora m'è arrivato un vaglia di 200 corone che verranno subito impiegate nel processo alchemico di conversione del denaro in pagnotte. Ho scritto a casa, chiedendo biancheria pesante, sapone, tabacco, caffè, occhiali, filo, tabacco forte da pipa.
14 agosto. Per domani è stato annunciato l'arrivo di un vagone di pacchi, 1500 circa. Piove, piove, piove, siamo costretti a restare sempre in baracca. Lo stato generale di noi prigionieri è miserevole. Cerchiamo di far passare il tempo leggendo a turno qualcosa ad alta voce, romanzi, novelle, anche libri scientifici. 
Fra due giorni sarà un anno che ho salutato i miei di persona. Mi viene da pensare che il papà avesse previsto un lungo distacco, poiché appariva terribilmente abbattuto quando ci lasciammo alla stazione. 
17 agosto. Ieri mi giunsero finalmente alcuni pacchi viveri di luglio. Così ho potuto prepararmi qualcosa di sostanzioso ed estinguere dal mio rimuginare lo spettro della fame. Sono diventato un cuoco provetto perché in questo campo ogni ufficiale può cucinare in autonomia sui fornelli della cucina.

«Mi sono fatto visitare per la nevrastenia»
(illustrazione di Kataku, 2023)

21 agosto. Mi sono fatto visitare per la nevrastenia nell'ospedale di Praga, ma i medici mi hanno rimandato qui perché non hanno riscontrato nulla. Non mancherò di chiedere una nuova visita per la diarrea. Ho intanto fatto conoscenza con un ragazzo di Como, si chiama Giuseppe Romanò e abita in via Vittorio Emanuele 44. A proposito di comaschi, ho saputo che Bernasconi è tornato ad Hart mentre io, che avevo fatto domanda per restare con lui, mi godo il clima salutare della Boemia. A Hart eravamo a contatto coi russi, ora confiniamo con un campo di serbi il cui stato è forse peggiore del nostro.
Poco distante da qui scorre lo Stěnava, fiumiciattolo lento e sudicio, mentre in lontananza si ergono minacciosi monti neri d'abeti e di pini.



Dario Malini


N.B. L'autrice delle illustrazioni è Kataku, giovane e valente artista pisana. 

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Note

1Braunau, nel regno di Boemia, vicino alla Slesia prussiana, è denominata ora Broumov, nella repubblica Ceca, vicino al confine polacco.
2Il campo di Braunau era situato nell'area tra la città di Braunau e i villaggi di Weckersdorf e Märzdorf. Vi erano detenuti di nazionalità serba, russa, italiana, rumena e montenegrina. Il campo ospitava oltre 30.000 prigionieri, soprattutto serbi e russi. Più di 2.500 prigionieri di guerra, in gran parte serbi, morirono a causa delle ferite di guerra, della malnutrizione, di malattie infettive e assideramento e, in generale, di condizioni di vita e sanitarie inadeguate. Nel 1916, i prigionieri stessi costruirono nel lager un memoriale che ancora oggi ricorda le sofferenze degli internati.
 

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