Laboratorio Allegri (17): L'arrivo dei primi pacchi nel lager di Hart bei Amstetten (31 gennaio - 28 febbraio 1918)

«Abbiamo improvvisato
quello che ci sembrava un banchetto»
(illustrazione di Kataku, 2023)

31 gennaio. Qualche giorno fa alcuni carri sono entrati nel campo, con stridente cigolare di ruote e ampi dondolamenti di fianchi, simili a cammelli dalle gobbe gonfie d'acqua. Voci incontrollate li hanno detti carichi di pacchi. Ed era vero. Ieri sera, terminate le operazioni di smistamento, me ne hanno consegnato uno, il primo che ho ricevuto da quando sono stato internato, spedito il 28 dicembre. L'ho aperto con il cuore in subbuglio e le budella torte, districando nastri e resecando involucri, rinvenendovi 1,8 kg di pane, suddiviso in sette filoni. Quindi, questa mattina, mi sono ritrovato tra le mani un secondo pacco di 3,8 kg, contenente una scatola di latte condensato, 2 scatolette di carne, un pezzo di pancetta, 1,5 kg di riso, 1,3 kg di farina. Poco prima di mettermi a scrivere queste righe, poi, mi hanno annunciato l'arrivo di altri due pacchi, uno di biancheria, l'altro ancora di viveri, con pasta, salame, tonno, fichi, castagne, lardo e cioccolato, secondo quanto m'ha anticipato il papà in una delle sue ultime lettere. Ho condiviso il contenuto dei pacchi con i miei compagni di stanza, Raboni, avvocato milanese, e Meacci, ragioniere toscano. Sistemate le pietanze sul tavolaccio della nostra camera, abbiamo improvvisato quello che ci sembrava un banchetto, gustando ogni vivanda con una voluttà che potrà comprendere solo chi ha bazzicato luoghi tristi come questo. 
3 febbraio. Il pacco viveri annunciato mi è arrivato solo ieri, mancante del salame e del cioccolato, vivande che gli austrici hanno prelevato anche dai pacchi dei compagni. La biancheria, invece, mi è giunta completa e in ottime condizioni.
Lo sblocco dei pacchi ci permette di tornare a vivere, dandoci l'energia per meglio sopportare il freddo e la capacità di pensare ad altro che alla pancia. La nuova situazione, però, ha incoraggiato il sorgere di alcune strane ossessioni. Non sono pochi i compagni, ad esempio, che cercano di mettere da parte pane e altre cibarie, privandosi spesso anche del necessario, per premunirsi nel caso si ripresentassero dei giorni grami. Inoltre, motivi continui di rabbia e frustrazione generale sono i furti di vivande, che avvengono nelle camerate, da attribuire non agli austriaci, ma ai nostri connazionali, cosa che alimenta, in tutti e verso tutti, i sospetti più furiosi, anche se, sovente, ingiustificati.

Lettera del 3 febbraio 1918 (2ᵃ facciata)

Forse perché contagiato dalla smania collettiva per l'accumulo, nella lettera del 3, richiedo al papà l'invio di un gran numero di cose: «Desidererei un paio di mutande di tela, un'altra salvietta, un paio di tovaglioli, del filo, del sapone, qualche medicinale: chinino, piramidone, magnesia Polli, tintura di iodio, sublimato, taffetà (nota 1), latte, pastiglie dissetanti. È buono che in ogni pacco mettiate un po' di pasta o di farina, che serve per la mensa comune, e castagne, fichi, latte, cacao e lardo. Ciò che è graditissimo però è il pane, dovete fare in modo da inviarmene più che potete [...]. Desidererei anche qualche pacchetto di tabacco che qui non si può avere, nascondetelo però nella biancheria perché anche questo lo rubano. È ora credo di cambiare argomento poiché mi è sempre stato tanto odioso quello di cercare roba».

Lettera del 3 febbraio 1918

Se verso la fine di gennaio la temperatura pareva farsi meno rigida, sono alcuni giorni che fa un freddo siberiano, cosicché mi sono tappato in camera a leggere e studiare. Oggi, come tutte le domeniche, c'è stato, durante il pomeriggio, un piccolo intrattenimento [teatrale]: sono state inaugurate le scene, il sipario lo si sta costruendo con sacchetti.
Ho saputo che il padre di un mio compagno di prigionia, Giosuè Bernasconi, tenente degli alpini proveniente anche lui da Como, è passato dai miei per avere notizie del figlio. Il 12, scrivendo a casa, preciso che questi, divenuto un mio caro amico, gode di ottima salute, e termino la lettera con l'inevitabile lista di richieste, cui nessun detenuto può esimersi. Chiedo dunque pastiglie Querio, una bottiglietta di fernet e una di grappa, vari medicinali e molto altro, precisando di inviare il tutto in cassette anziché in sacchetti.

Gli sguardi torvi dei bambini austriaci
(illustrazione di Kataku, 2023)

Da qualche giorno il freddo si è nuovamente attenuato. Splendeva il sole, ad esempio, l'altro ieri pomeriggio, quando ci hanno condotto a fare una gita verso Amstetten, guastata dagli sguardi torvi, uniti a non pochi improperi, rivoltici da alcuni bimbi che giocavano nel giardino di una casetta posta giusto all'imbocco del paese. Al rientro, mi sono lavato, recandomi quindi in biblioteca (poiché l'attenuarsi della fame ridà fiato alla mente), dove ho potuto sfogliare diversi quotidiani austriaci abbastanza recenti. Alcuni articoli, che traducevo parola per parola dal tedesco, sudando lacrime, spiegavano in tono professorale come l'arresto dell'offensiva austro tedesca di fine ottobre fosse da imputarsi all'eccezionale rigidità dell'inverno di quest'anno, vaticinando come imminente la caduta delle difese italiane schierate sul Grappa e sul Piave. Senza dar credito a  tali scritti, che ritenevo fallaci ma la cui validità non ero in realtà in grado di valutare, volli considerarli alla stregua di semplici esercizi linguistici. Smisi dunque di arrovellarmi e mi recai alla mensa. Lì, attingendo alla mia scorta personale di cibarie, arricchii la consueta magra cena con un bel pezzo di pane, condito con una generosa fetta di pancetta. Ecco come tira avanti un prigioniero!
8 febbraio. Ieri era giovedì grasso che abbiamo festeggiato con un concerto, eseguito con più buona volontà che competenza dai compagni, e alcune recite comiche. Ecco un esempio di ciò che è andato in scena: Matador (marcia), Amour (valzer), Come ti erudisco il pupo monologo di Oronzo Marginati, Il ciarlatano monologo di  Davide Carnaghi, brani orchestrali dalla Traviata di Giuseppe Verdi, varie romanze per tenore. 

Lettera del 16 febbraio 1918

16 febbraio. Poche sono le cose da annotare in questi giorni, poiché nel cosmo del lager nulla di rilevante sembra mai accadere; ma eccone tre: stiamo ornando la nostra cameretta con i quadretti dipinti da uno dei miei due coinquilini; presto verrà assegnata a ogni gruppo di ufficiali che dormono nella stessa stanza, in genere due o o tre, un'aiuola da coltivare, che mi sono proposto di far fruttare al meglio, poiché i miei due compagni non s'intendono di fagioli e di patate; a giorni alcuni detenuti, tra i quali spero di non essere compreso, verranno trasferiti nel lontano campo di Pilsen. C'è da dire inoltre che m'è arrivato un altro pacco, il cui contenuto m'era stato precedentemente dettagliato dal papà: riso, farina gialla, due scatole di carne, un pezzo di pancetta e una scatola di latte. Mancava solo, anche questa volta, la cioccolata, per il resto era in buone condizioni. 
24 febbraio. Ho finalmente ricevuto il vaglia di 112 corone, che mi verrà pagato a giorni. Attendo ancora, invece, i medicinali che ho chiesto di spedirmi, poiché qui girano molte gravi malattie. Ma cerco di non pensarci e a trascorrere il tempo nel modo migliore. Ad esempio con l'amico Bernasconi. Visto che dispone di una macchinetta per il caffè, spesso ci facciamo il caffè e latte chiacchierando di musica, letteratura, di Como e un po' di tutto, ma evitando con cura gli argomenti più spinosi.

Lettera del 28 febbraio 1918

28 febbraio. Ieri venne a trovarci il Nunzio Pontificio che visitò coscienziosamente ogni parte del campo, parlò con molti detenuti e infine promise d'interessarsi alla nostra difficile situazione. Promesse, temo, da marinaio, anzi, da religioso d'alto rango. In ogni caso, la vita qui continua a macinare giornate tutte uguali e pochissime novità. Una delle quali è la seguente: questa mattina, io e Bernasconi siamo andati a farci una fotografia, che ci verrà consegnata tra una settimana (nota 2). Poco più tardi, mi hanno annunciato l'arrivo di tre nuovi pacchi, che si andranno ad aggiungere ai cinque già ricevuti. Li ritirerò domani. Ora sono di nuovo nella mia stanza. Prigioniero di già da quattro mesi, osservo sconfortato il triste paesaggio invernale che si mostra dalla finestra. Ieri l'altro, facendo una lunga passeggiata, passammo vicino alla stazione: a quando l'addio a questi luoghi?



Dario Malini


N.B. L'autrice delle illustrazioni è Kataku, giovane e valente artista pisana. 

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Note

1. Cerotti adesivi.  
2. Questa fotografia è pubblicata nel capitolo successivo, Laboratorio Allegri (18)

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