Laboratorio Allegri (18): Il lento trascorrere delle giornate nel lager di Hart (8 marzo - 12 maggio 1918)

Foto del campo di Hart bei Amstetten
inviata a casa da Achille Allegri nel marzo 1918

8 marzo. I pacchi di viveri continuano ad arrivare regolarmente. Sino ad ora ne ho ricevuti dieci e domani ne devo ritirare un altro, credo di pane. Ancora attendo, invece, il pacco di libri che mi dovrebbe essere stato spedito il 29 gennaio, così potrò mettermi a studiare un po' la chimica. Il tedesco lo sto masticando da due mesi, e devo dire che me la cavo benino nelle prime traduzioni. 

Lettera dell'8 marzo 1918

[Oggi] è una bellissima giornata, un sole caldo entra nella mia cameretta e mi fa ricordare quando, alla domenica con i primi soli, s'andava con il papà, Dino e Olga a cogliere le primule e gli anemoni sulla mulattiera di Brunate (nota 1). Il mio compagno Raboni sta grattando il pane con tanto impeto da far tremare il tavolo; ora smetto di scrivere perché il divertimento passa a me. Il pane così sminuzzato lo mettiamo nel brodo, che rendiamo più gustoso con un po' di pancetta. In questo modo si riesce ad attraversare, giorno dopo giorno, l'amara insulsaggine del luogo in cui siamo rinchiusi, le cui tristi stanzette molti dei prigionieri cercano inoltre di trovare il modo di abbellire. Io, ad esempio, ho fissato alla parete di fronte al letto la fotografia di Dino, inserita dalla mamma in uno degli ultimi pacchi, e una bella cartolina inviatami da Olga, raffigurante un paesaggio di Como. Quando vado a dormire ho queste immagini proprio sotto gli occhi, così mi addormento pensando alla mia famiglia e mi pare quasi di venire cullato dall'oscillare dolce delle acque del nostro lago. 

Da sinistra: Bernasconi, Allegri e Redaelli
fotografia, campo di Hart,  28/2/1918

16 marzo. Sino ad ora mi giunsero quattro pacchi di pane, uno di biancheria, due di libri, sei di viveri. L'utilizzo del contenuto degli stessi è un processo alchemico di equilibrismo alimentare, che ogni detenuto interpreta a suo modo. Io verso alla mensa, con tempistiche ben ponderate, un chilogrammo di riso, di pasta o di farina, cosa che dà diritto a dieci buoni per mangiare della minestra o polenta al posto del semplice brodo. Pancetta e castagne cotte le uso invece per prepararmi degli spuntini. Le scatolette le tengo di riserva qualora dovessi essere trasferito ad altro campo. Ho spedito a casa la fotografia che feci giorni fa con Bernasconi e l'amico suo Redaelli.

«Le passeggiate nei dintorni di Hart»
(illustrazione di Kataku, 2023)

Non è facile far passare i giorni in un luogo in cui l'ozio obbligato, l'oppressione dei mille regolamenti, gli sfibranti appelli, adunate e perquisizioni, sembrano volerci annichilire. A tutto ciò cerchiamo di opporci tenendoci il più possibile occupati. Alcuni giorni fa, ad esempio, assistetti a una conferenza tenuta da un cappellano austriaco. Presto poi voglio cominciare a piantare nel mio orticello i semi di zucca che mi hanno mandato da casa e tutti quelli che riuscirò ad acquistare. Sto anche leggendo alcuni dei volumi giuntimi nell'ultimo pacco, in particolare, i testi di chimica e tedesco, oltre al libro Storia di una montagna di [Élisée] Reclus. Essendomi arrivata un'abbondante fornitura di tabacco, da un po' non faccio che tenere in bocca la mia pipa, scegliendo oculatamente, a seconda delle circostanze o dell'umore, il gusto cremoso del Maryland o quello aromatico del Macedonia. Fortunatamente, ora che le giornate si stanno facendo assai belle, sono più frequenti le passeggiate nei dintorni di Hart.
28 marzo. Mi mancava il cappello, così Redaelli me ne ha regalato uno che aveva ricevuto da casa. Sono fatti minimi come questo a rappresentare i rari segni del perdurare del senso di fratellanza tra noi prigionieri.
Nota a margine: due sono le ricorrenze di fine marzo che dovrò celebrare in cattività, il 29, mio ventunesimo compleanno, e il 31, Pasqua. 

Il volo sul campo dell'aeroplano
(illustrazione di Kataku, 2023)

8 aprile. Il tempo è ormai primaverile, ed è bello vedere le prime viole che spuntano qua e là tra l'erba. Al di là della rete, i contadini austriaci lavorano la terra con alacrità e buon umore, quasi non ci fosse un campo di prigionia proprio davanti a loro. Anch'io ho vangato il mio orticello, seminandovi i fagioli che ricevette un mio compagno ed i semi di zucca giuntami da casa; poi pianterò le patate e dei fiori. Nonostante tutto, i giorni continuano a trascorrere lentamente, assai più che nei primi tempi che giungemmo qui, probabilmente perché alla sofferenza fisica della fame s'è sostituita quella spirituale, per molti versi ugualmente dolorosa.
Per riprendere la cronaca della mia prigionia da dove m'ero fermato, dirò che per il mio ventunesimo compleanno non ho fatto nulla di speciale, mentre a Pasqua sono state organizzate varie iniziative: la messa cantata, le gare di corsa e salto, l'intrattenimento musicale, tutto curato da noi detenuti. Non ci sarebbe altro da appuntare riguardo a quel giorno festivo se, verso le 18, un aeroplano austriaco non avesse attraversato d'un tratto il lager a quota bassissima, sfiorando arditamente la rete metallica per poi innalzarsi, farsi sempre più piccolo e sparire nell'azzurro, rammentando alle nostre povere anime incatenate quanto la fangosa terra e il libero cielo siano in realtà vicini.
Ho scritto a casa chiedendo, oltre alle solite cose necessarie a chi deve vivere di carità, i seguenti volumi della biblioteca universale Sonzogno: i numeri di Carmen Sylva [Novelle, I racconti del Pelesch e Chi bussa?], il 39-40 di Dumas [La signora delle camelie], il 303 di Gogol [Novelle ukraine], qualcosa di Victor Hugo, il 357 di Lamartine [Le confidenze], il 5 di Shakspeare [Amleto] e qualche altro testo.
20 aprile. Questa sera mi hanno annunciato l'arrivo di altri tre pacchi, in tutto sono dunque 24. Nel mio orto ho seminato fave, fagioli, insalata, cavoli e zucche: i fagioli e l'insalata sono di già spuntati. Ho poi piantato viole del pensiero, margherite, garofani, due o tre prugni e ciliegi, sperando di non avere il tempo di vedere troppo sviluppati gli alberi.

Lettera del primo maggio 1918

1° maggio. Le passeggiate sono ora teutonicamente regolamentate. Alle nove di mattina, per turno, si va verso Amstetten, Blindenmarkt o Melk, attraversandone le belle strade, tutte fiancheggiate da meli e peri in fiore, come in Svizzera. Si viaggia a passo di marcia, osservati talvolta dallo sguardo aspro di qualche cacciatore con pantaloni corti, giacca di fustagno, berretto a cencio con piume e fiocchi, la pipa perennemente accesa e l'inseparabile zaino in spalla. E si cerca anche di conversare coi soldati della scorta, utilizzando un amalgama di parole in milanese, latino, tedesco, ungherese, rumeno, russo e dio sa cos'altro, per poi intendersi assai meglio a sguardi e a gesti.
Molto tempo lo passo con Bernasconi: si studia, si legge, si parla di Como, dei nostri amici e genitori; facciamo anche cucina insieme.

Lettera dell'8 maggio 1918

8 maggio. Nella camera vicina alla nostra un professore di Milano sta facendo scuola agli attendenti, dissertando sul tema delle spedizioni polari. Ieri sera ho assistito alla prima parte della conferenza che ha per argomento la "Storia della letteratura francese", che proseguirà domani e venerdì. Altri temi verranno trattati nelle lezioni delle venienti settimane: "Storia della letteratura spagnola", "Storia delle religioni", "Storia della rivoluzione russa". 
Nella passeggiata di stamattina ci siamo recati sino alle rive di un affluente del Danubio (nota 2). Il fondo della valle è tutto coperto da canne che vengono utilizzate come copertura delle case coloniche. Su tali tetti, coll'andar del tempo, si depositano - ad opera del vento - terra e semi, cosicché in questa stagione molti di essi sembrano parte non della vita umana ma di quella vegetale. 

Scatola di Caffè Franck

Sono le 20, dalla finestra aperta sul cortile entra una brezzolina fresca e un grato profumo di fiori di melo e di pero di cui sono ricchi i dintorni. Alcuni grilli friniscono tra l'erba. Mi tornano alla mente le volte che, con Dino e Olga, si andava a caccia di questi insettini. Di pensiero in pensiero, mi rammento del primo grillo che catturammo, arrampicandoci su un alto muraglione non distante da casa. Rammento quanto amavo il povero prigioniero e il dolore che provai quando infine morì, incapace di vivere nel lager del nostro barattolo, sebbene venisse regolarmente fornito di erba, acqua e avesse aria a sufficienza. Ricordo come fosse stato ieri, e non mi so spiegare come un fatto di così minima importanza si sia fissato nella memoria, che lo riponemmo in una scatola di Caffe Franck e lo seppellimmo fuori dalla terrazza, in un angolo della strada. Una settimana dopo esumammo il cadaverino, scoprendo che era pieno di formiche che, per dispetto, bruciammo vive.
Mi riscuoto.
Dall'altra parte del cortiletto, due ufficiali accompagnano col mandolino una malinconica canzonetta napoletana. Troppo malinconica forse, poiché m'induce a scrivere di un altro triste recluso. 
Lettera dell'8 maggio 1918

Soldati austriaci hanno preso un corvo e gli hanno tagliato le [penne] remiganti, sì che non può più volare. Lo tengono nella loro camerata, poveretto. Salta di qui e di là, apre le ali per tentare il volo, s'alza appena da terra e poi vi ricade. Se gli si porge qualche briciola o un lombrico, l'uccello si avvicina, ma senza mai prendere il cibo, dando invece all'offerente delle gran beccate. 
Il sole sta tramontando, così, per vincere la malinconia dell'ora, carico la mia pipina con del buon tabacco Maryland. Un fumo grigio e denso subito s'innalza, obbligandomi a dirigere lo sguardo verso il cielo turchino e notare con un sobbalzo le venature rossastre che lo feriscono.

Lettera del 12 maggio 1918

12 maggio. L'altra notte ho fatto un sogno troppo bello. Credevo di essere, coi miei compagni, in viaggio per Como. Sapevamo però - io, Bernasconi e Ostinelli, un tenente pure di Como - che avremmo dovuto proseguire sino a Monza e lì restare in contumacia (nota 3). Appena il treno ebbe passato il ponte per entrare a Como, saltammo dal finestrino e così potemmo riabbracciare le nostre famiglie. Il più delle notti faccio simili sogni: spero davvero che presto si avverino. 



Dario Malini


N.B. L'autrice delle illustrazioni è Kataku, giovane e valente artista pisana. 

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Note

1. Claudio, detto Dino, classe 1899, è il fratello di Attilio; Olga, nata l'11 settembre 1902, la sorella. 
2. Si tratta del fiume Ybbs, affluente della riva destra del Danubio.  
3. Con contumacia si intende il periodo in cui il militare, rientrato dalla prigionia, è tenuto in un apposito campo (detto "campo contumaciale") prima di essere rimandato al corpo di appartenenza; e questo sia per questioni di carattere sanitario sia per ragioni amministrative (fra cui l'interrogatorio di "discriminazione", finalizzato alla determinazione di eventuali addebiti legati alle circostanze della cattura).

2 commenti:

  1. Nota 3: La 'contumacia' era il periodo in cui il militare che rientrava dalla prigionia era tenuto in un apposito campo - il 'campo contumaciale' - prima di essere rimandato al corpo di appartenenza e questo sia per questioni di carattere sanitario, sia per espletare le pratiche amministrative (fra cui l'interrogatorio di 'discriminazione' per appurare se vi fossero addebiti per le circostanze della cattura).

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    1. Redazione Arte Grande Guerra30 marzo 2023 alle ore 09:17

      Abbiamo passato la sua precisazione nella nota. I nostri lettori sono davvero informati e attenti. Grazie mille!

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