Laboratorio Sobrero (26): Il mondo alieno, poetico, spietato e inabitabile della trincea (maggio 1916)

Cartolina del primo maggio 1916
Il mese di maggio 1916 fu caratterizzato, sul fronte italiano, dal poderoso attacco austriaco in Trentino detto Strafexpedition (o, più propriamente, battaglia degli Altipiani), che prese il via il 15 del mese (nota 1). Il sottotenente Anna Felice Sobrero fu coinvolto solo collateralmente nella battaglia, poiché pur trovandosi in Trentino, era a circa un centinaio di chilometri dai punti più caldi dell'azione. Le sue lettere di questo periodo documentano in modo assai interessante i veementi attacchi austriaci che accompagnarono le azioni principali (nota 2). Avremo modo di leggere una sua lettera particolarmente interessante e dettagliata in proposito, datata 27 maggio, cui vogliamo però anteporre alcune riflessioni presenti nelle missive precedenti, cariche di una palpabile tensione:
1/5 Passo Valles. Carissimi, ho ricevuto la vostra lettera colla fotografia dell'automobile: bellissima! Deve camminare bene... però io per ora cammino ancora nella neve e poi nel fango! Fra pochi giorni ci sarà il cambio di reggimento e forse non andremo tanto lontano.
8/5 Tornato da Juribrutto sono, con il mio battaglione, in riposo a F. [Falcade]. Il nostro posto lo occupò il reggimento 215. Ora sono un poco più al caldo, ma lassù ancora nevicava. Dove andremo dopo il riposo? Non so ancora.
10/5 Falcade. Comincia a spirare un po' d'aria tiepida e la neve si scioglie rapidamente, cosicché qua e là si inizia a scorgere qualche tratto di prato di un verde smeraldo che commuove. Vi mando il primo fiore raccolto: è un bucaneve, che ho fatto seccare ieri.
11/5 Ancora a F. a riposo. Fra poco sarà il mio onomastico e già... un anno di guerra!
14/5 Falcade. Qui fa un giorno sole e un giorno pioggia! Emilio si ricorderà di Alì Belfader, quel mio compagno turco di cui vi parlai tanto, e che mi faceva tanto ridere! Ebbene, da poco promosso sottotenente ora è a Torino, riformato: gli manca la mandibola inferiore, strappatagli via da un proiettile, me lo raccontò con perfetta indifferenza un nuovo aspirante qui giunto. 
Corriere della Sera del 22 maggio 1916
A partire dal 15 del mese, mentre cominciava il poderoso attacco nemico, la Compagnia del nostro venne posizionata in Valle San Pellegrino. I suoi messaggi di questi giorni evocano un periodo difficile e pieno di insidie:
21/5 Carissimi, non posso ancora ricevere vostra posta perché siamo separati dagli altri, fra poco, probabilmente, la riceverò tutta insieme. Io sto sempre benissimo e stanotte la nostra compagnia è in trincea ove si fermerà tre giorni. Poi torneremo a Lago P. [Lago di San Pellegrino] che è una porzione della Valle ove mi trovo, e che è tanto nominata dai Bollettini per i bombardamenti! Speriamo di poter raggiungere tra poco il nostro raggruppamento, ma nessuno sa quando avverrà.
22/5 Sono tornato ora dal posto avanzato e riparto stasera per un altro in S. Pell. [San Pellegrino] dove rimarrò altri due o tre giorni. Non allarmatevi se per un po' non potrò scrivervi, perché mi sarà impossibile muovermi se non per il cambio.
Mi restano poche ore per riposare ed ora che la neve si è sciolta in qualche punto, ho montato la tenda per dormire al sole! 
Ho un altro magnifico braccialetto per Lili [nota: Lili è la sorella minore del nostro; il "bracciale" è costituito da qualche frammento di granata o shrapnel] che mi tirarono ieri dall'altra parte!
24/5 Tornato dal distaccamento sano e salvo! Scriverò una lettera domani.
Lettera del 27 aprile 1916 (pagina 1)
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Siamo arrivati al 27 maggio, data nella quale, come abbiamo accennato, il sottotenente Felice Sobrero inviò a casa un messaggio di particolare interesse, che ci permette di osservare dal vero, dal punto di osservazione peculiare della trincea, quelle giornate di guerra:
27/5 San Pellegrino. Carissimi, cominciate ad ammirare che bella carta adopero per darvi la bella notizia che vado di nuovo a riposarmi un po' a Falcade. Da tanto tempo non vi avevo più scritto lettere ed oggi (che tutto il mio plotone, me compreso, abbiamo tempo di pulirci e raschiarci via il fango, di cui siamo tutta una crosta sola...) vi scriverò un letterone. [...] Vi avverto che non ho ho più scritto a nessuno! [...] Non potevo assolutamente: montavo di Gran Guardia alle 9 di sera, smontavo due notti dopo, per riposare 12 ore e nuovamente montare ai piccoli forti avanzati o di scoperta...
Che vi dico?
Lettera del 27 aprile 1916 (pagina 2)
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Cercando di dare risposta alla sua stessa domanda, «Che vi dico?», Sobrero si diffonde in una (per lui insolitamente) particolareggiata descrizione dei giorni trascorsi nel distaccamento avanzatissimo della Valle di San Pellegrino, fornendoci un resoconto di notevole forza visiva ed emozionale di ciò che voleva dire essere soldati: 
Leggete sul giornale e vedrete sempre bombardamenti, piccoli attacchi in Valle San Pellegrino, ove mi trovo da quando troncammo il riposo. Che faccio o meglio che ho fatto qui? Di giorno [mi infilo] in qualche spaccatura di roccia o caverna al sicuro da tutte le artiglierie avversarie. Si riposa un pochino e lascio che [i miei soldati] si sfoghino. Poi... appena fa buio, tutti fuori con tanto d'occhi e d'orecchi [tesi a cogliere ogni insidia]. Allora, anche volendo, non si può dormire, vi assicuro! È uno spettacolo che... chi lo vedesse per la prima volta rimarrebbe di sasso o (come nella Zelinda e il mostro) di lapislazzuli! Razzi di tutti i colori che intrucciano [nota: gergale, nel probabile significato: rendere truce, minaccioso] il cielo, che deve restare sempre illuminato a giorno, per non favorire il nemico nell'attacco. Scoppi di shrapnels, fari dai forti che scrutano e frugano tutto il terreno circostante, cercando di scovare l'avversario. Non si sente un uomo fiatare... solo, ogni tanto, un flebile «Chi va là?», una sussurrata parola d'ordine... ed è tutto.
Lettera del 27 aprile 1916 (pagina 3)
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E prosegue, in una narrazione colma di un curioso ammirato sgomento:
I proiettili, partendo dalle bocche da fuoco, lanciano una saetta di fuoco; e subito dopo un lampo blu illumina tutto intorno. Quindi un fischio, come di sirena decrescente, e uno scoppio che... non vi dico altro!
Non c'è bisogno che avverta i soldati circa la vigilanza... la vedetta mi conosce dal passo, il capoposto dall'ombra sola!
Chi venisse fin sotto il reticolato che sta a due o tre passi dianzi alla trincea, non si accorgerebbe [della presenza] di anima viva... eppure vi sarebbero cento occhi [puntati] su di lui.
Ora poi che la neve è in parte sciolta, specie qui in fondo valle, abbiamo smesso le tenute bianche per indossare quelle grigioverdi; e il cappotto ha lasciato spazio alla mantellina come la neve al fango.
Lettera del 27 maggio 1916 (pagina 4)
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Il racconto è prossimo alla conclusione, mentre la notte insidiosa lascia finalmente spazio alla maggiore tranquillità del giorno:
A poco a poco si fa giorno, verso le tre e mezzo circa, e allora tutto scompare: le vedette arretrano dietro agli scudi, i fari si spengono, i razzi poco a poco cessano... E dopo qualche ora si gode quel po' di sole che penetra tra le fessure delle rocce. L'attendente che, prima che facesse giorno, ha cercato un posto riparato e migliore pel suo tenente, e preparato due o tre gavette d'acqua per bere e lavarsi un po' le mani o la faccia infangata, accende uno scaldarancio e lo mette sotto un pentolino colmo di caffè. Quindi viene a cercarmi per le trincee: 
«C'è un po' di caffè caldo, signor tenente»
«Molto benissimo... e la posta?»
Termina così, assieme al terribile mese di maggio 1916, questa pregnante lettera di Sobrero, a tratteggiare un mondo alieno, misterioso, poetico e quasi inabitabile, un mondo duro e spietato che non dobbiamo dimenticare - e di cui dobbiamo comprendere cause ed effetti -  se non vogliamo che prima o dopo, in una qualsiasi forma, possa tornare.





Dario Malini



Note
1. A partire dal 15 maggio 1916 l'esercito austro-ungarico intraprese, servendosi anche di truppe e materiali sottratti dall'Isonzo e dalla Russia, una vasta offensiva sul fronte del Trentino, che aveva lo scopo di sfondare quella linea, aprendosi la possibilità di dilagare nella pianura veneta. Come è noto, questa azione, detta battaglia degli Altipiani, dopo gli iniziali straordinari successi, alla fine di maggio si arrestò. Quindi, nelle settimane seguenti, la controffensiva italiana costrinse gli attaccanti al ritiro.

2. Il Corriere della Sera, a tale proposito, scriveva: "Quanto agli attacchi [austriaci] di carattere diversivo, tentati in diversi punti della nostra fronte, in Valle Ledro, in Valle San Pellegrino, nella Marmolada, nell'Alto Cordevole, alla testata di Seebacin, sulle alture a nord-est di Gorizia, sulle pendici settentrionali del Monte S. Michele e nella zona di Monfalcone, essi furono tutti costantemente respinti, nonostante si trattasse, in qualche caso, [...] di assalti insistenti ed accaniti, sostenuti da imponente numero di battere" (La crisi iniziale favorevole all'attaccante, «Correre della Sera», 22 maggio 1916)







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