Laboratorio Sobrero (19): L'ansia sulla sorte d'amici e familiari (2 - 14 novembre 1915)

Lettera del 2 novembre 1915 (pagina 1)
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Siamo giunti all'inizio del mese di novembre 1915, mentre il sottotenente Anna Felice Sobrero ed i suoi uomini presidiavano ancora il distaccamento di Monte Castellazzo (a circa 2300 metri d'altitudine), in quei giorni battuto dalla tormenta. Impossibilitato a qualsiasi lavoro a causa del maltempo, il nostro poteva dedicarsi con agio alla corrispondenza, cosa che gli permise di scrivere resoconti particolarmente circostanziati. Ecco cosa scrisse a casa, ad esempio, il 2 novembre, descrivendo l'ambiente circostante e soffermandosi con divertita tenerezza su alcune delle piccole manie dei suoi soldati (nota: al solito, le lettere e le cartoline presentate in questo intervento sono del tutto inedite):
Che dirvi altro? È due giorni che siamo nella tormenta; e non posso uscire dal mio buco che forzatamente. Il vento soffia tutto pieno di neve finissima che toglie il respiro e obbliga a tener chiusi gli occhi. Ora la neve è alta circa 75 centimetri, ed i miei uomini lavorano continuamente a far strada...[...] La posta tarda molto ad arrivare, ma pure tutti ci tengono molto e vanno di corsa! E il mio attendente quando al mattino viene a svegliarmi (verso le nove, però) mi dice, entrando: «Madonna bona! sior tenente, la viene così fitta!... non ci si vede  nulla!... la si conosce che non è roba italiana 'sta qui!».
Mi piace perché è anche lui sempre allegro e non se la prende neppure per idea!... E così gli altri, quando arriva la posta: strada o non strada, saltano neve, massi, e vengono di corsa a vedere se ho qualcosa per loro. E poi tutti leggono ad alta voce le notizie di casa, e chi non sa leggere se la fa [recitare] da dieci o dodici compagni, per vedere se tutti [dicono] lo stesso! 
Lettera del 2 novembre 1915 (pagina 2 e 3)
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Ma trattare l'argomento della posta, pur con tratto ilare, riportò alla luce in Sobrero la questione angosciosa della sorte dell'amico e compaesano Ottavio Croveri il quale, come abbiamo avuto modo di vedere alla fine del precedente intervento (laboratorio 18), non gli scriveva più dal 22 ottobre, dopo aver preso parte a un attacco sul monte Col di Lana:
Mi impensierisce Ottavio. Sono sicuro che il plotone allievi ufficiali ove è lui è stato pure all'assalto d'una posizione. E ho notizie di altri... e di lui... niente! So pure che (da non dire ai suoi) ci sono DIVERSI feriti da bombe a mano. E lo so per esperienza personale perché pure fra i miei uomini i feriti sono da bombe a mano. Spero bene!
Cartolina del 3 novembre 1915
Nella cartolina dell'indomani, 3 novembre, questo tormentoso arrovellarsi del sottotenente s'evidenzia all'improvviso, tra argomentazioni del tutto estranee:
Comincio coll'augurarvi tantissime cose felici per le vostre nozze d'argento, sperando di festeggiarle al nostro ritorno. [...] Di Ottavio non ne so nulla, ma come vi dissi son certo che fu colla sua compagnia all'azione svoltasi sul C... di L.... [nota: Col di Lana]. Domando però a Lattuada che mi informi subito subito e ve lo dirò a risposta ricevuta. Io sto bene e son qui sempre in distaccamento e forse domani sera mi daranno il cambio e tornerò a Passo V. [nota: Passo Valles].
Infine, a messaggio già terminato, sotto la consueta  firma "Cici", il nostro torna a riflettere sul caso dell'amico disperso, cercando qualche altra strada per reperire informazioni sulla sua sorte: 
Chi vi può dare notizie sicure di Tavio [nota: diminutivo di Ottavio] è la moglie di Nello, che può averle ricevute da suo marito.
Cartolina del 9 novembre 1915 (particolare)
Non troppo diversamente, chiudendo la cartolina del 9 novembre, dunque sei giorni dopo quella appena presentata, Sobrero aggiunse nel margine, in basso a sinistra: «Nessuna nuova di Tavio», a certificare il prosieguo della lunga e infruttuosa ricerca di notizie.
Cartolina del 10 novembre 1915
Nel messaggio del 10 novembre Sobrero informava i familiari che presto avrebbe dovuto prendere parte a un'azione:
Un'altra azione si svolge a cui prendo nuovamente parte.
Spero sempre in bene. Partiamo stanotte.
Di nuovo null'altro da dirvi.
Ed è facile pensare quanta ansia avrebbe prodotto un tale scritto nei destinatari, innescando anche in questo caso i lugubri meccanismi dell'assillo.
Cartolina dell'11 novembre 1915
Stato d'animo che connota pure la comunicazione inviata dal nostro ai genitori il giorno successivo, 11 novembre, la quale evidenza come Anna Felice, nonostante fosse ancora in trepida attesa di partire per l'azione di guerra, non potesse evitare di tormentarsi per l'amico:
Rifugiato qui causa tormenta orribile, attendo ordini. Neve altissima. È già tutta notte che attendo, ma fra poco [gli ordini] arriveranno. Ho già trovato chi può avere notizie di Ottavio. La compagnia di Tavio, però, so che ha avuto le perdite maggiori, ma speriamo bene.
Lettera del 14 novembre 1915 (pagina 1)
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La cartolina del 14 novembre, inviata da Falcade, ci informa che Sobrero era rientrato in perfetta salute dall'azione:
Carissimi, come vedete finalmente sono a riposo e... riposo ben meritato! [...] Abbiamo la mensa all'hotel Focobon (prima della guerra era austriaco). Forse vi manderò la foto dei MIEI PRIGIONIERI! che me li fotografarono a Falcade! [...]
Ieri ha nevicato tutto il giorno ma qui a F. [nota: Falcade] la neve non è che una terza parte di quella che vi è a P. V. [nota: Passo Valles]. 
Lettera del 14 novembre 1915 (pagina 2)
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Quindi, nella medesima missiva, Sorbero tornava ineluttabilmente a occuparsi di Ottavio, del quale aveva avuto il giorno prima qualche notizia da un familiare del ragazzo, sebbene vaga e non decisiva. Si noti come egli evitasse accuratamente di scrivere una certa parola disturbante, quasi avesse il timore che il metterla nero su bianco potesse renderla in qualche modo reale:
Il dottor Croveri mi ha scritto una lettera veramente commovente, in risposta alle mie cartoline, ma non credo ancora a quel che dice di Ottavio. È impossibile.
Piuttosto ho già visto sul giornale i [nomi dei] miei compagni caduti. Allora, Carpaneto Italo di Fontanetto Po, che ha giocato al football pure con Emilio [...]; il Tenente Zucco, Carminati, Donati, Capirone, Senunara, disgraziatamente forse [anche] il mio Capitano Paursi, che mi dava sempre i permessi (della 16.a). Non parlo poi dei feriti! 
E mi rincresce molto, ma se si sanno quelli del suo plotone, allora si dovrebbe pure sapere qualcosa di lui: io ho già scritto a tutti quelli che conosco ancora al 50° e attendo.
Lettera del dott. Croveri,  indirizzata ad A. F.  Sobrero (13  novembre 1915)
Ed ecco cosa gli aveva comunicato il dottor Croveri, usando, senza troppe titubanze esoterico-linguistiche, la tragica parola che il nostro aveva consapevolmente rimosso:
Qui corre voce della MORTE di Ottavio Croveri. Speriamo non sarà vero.
Per ora ci fermiamo qui, sottolineando come una delle componenti più esiziali della Grande Guerra (spesso ignorata dai commentatori ma essenziale per comprendere quegli anni) fosse proprio la difficoltà d'avere informazioni su coloro che combattevano al fronte, affidate perlopiù al servizio di corrispondenza, che era interrotto in caso d'azione. Situazione che produceva un'intollerabile e continua ansia in una società intera, con l'effetto di far vivere una moltitudine di persone (militari e civili) in uno stato di perenne e angosciosa attesa, inevitabilmente preda di tormentosi presentimenti intorno a ciò che Antonio Gibelli nel suo saggio L'officina della guerra denomina "la morte probabile" dei propri cari.  
Riguardo infine alla sorte di Ottavio, dovremo pure noi attendere ancora un poco per saperne qualcosa di preciso:  almeno sino alla pubblicazione del prossimo intervento.




Dario Malini





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