Laboratorio Sobrero (18): La ferocia e altre metamorfosi dei soldati (27 - 31 ottobre 1915)

Lettera del 29 ottobre 1915 (particolare)
Immagine modificata per decodifica parti censurate
Uscito indenne dall'azione sul fronte dolomitico del 22 ottobre 1915, culminata nella presa del monte Castellazzo (si veda il laboratorio 17), il sottotenente Anna Felice Sobrero andò incontro a un periodo relativamente tranquillo. Nonostante ciò (o forse proprio per questo), le lettere inviate ai genitori in quei giorni rivelano non pochi elementi interessanti della sua quotidianità, esemplificativi di ciò che passava nella zucca di molti e molti militari della Grande Guerra in analoghi frangenti.
Lettera del 27 ottobre 1915 (pagine 4 e 1)
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Partiamo dalla lettera del 27 ottobre, distesa e quasi espansiva nel suo tranquillo procedere, a trattare con brio e leggerezza varie situazioni "accessorie" dell'esistenza guerresca:
Il 30 del mese andrò di nuovo in distacco al monte Cast......zzo [nota: monte Castellazzo] da noi preso, e resterò [lì] per alcuni giorni, perché non aspettiate troppa posta da me, e il perché ve lo immaginate, è impossibile!
Intanto, a giorni si riunisce la commissione avanzamento e vengo (se idoneo già ora) nominato sottotenente effettivo e con stellette d'argento. Vedremo! D'ogni modo desidererei proprio rimanere in questo reggimento perché mi trovo proprio bene, e bene veramente, tra le FATICHE e i DISAGI.
[...] Qui ogni tanto si distribuiscono alla truppa carta per avvolgersi i piedi, pettorine di lana, zucchero, cioccolato, cognac, caffè (2 volte al giorno)...
[...] Stasera non sono di servizio e mi faccio una dormita nel mio sacco a pelo!... che non dico altro!
Lettera del 27 ottobre 1915 (pagine 2 e 3)
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Piuttosto interessante, nel prosieguo della lettera, la nota che evidenzia il curioso persistere nel sottotenente Sobrero del desiderio di fare arte anche trovandosi nelle immediate vicinanze delle prime linee, come quel suo modo caratteristico d'accostare, apparentemente alla rinfusa, argomenti di valenza differente, quasi a creare qua e là delle "zone cuscinetto" capaci di dare qualche tratto attraente alla narrazione della propria vita militare:
Se potessi avere un violino qui, una chitarra almeno, mi divertirei un pochino. 
[...] Mi rincresce tanto per Fornerio che sia stato così malcapitato: è ora prigioniero, ma ci penso io a vendicarlo per quanto posso!
[...] Qui [nota: Passo Valles] di giorno in giorno qualche proiettile arriva, quasi sempre innocuo e ci si fa una risata sopra perché non riescono a indovinare la nostra posizione o quella delle nostre baracche!
Lettera del 29 ottobre 1915 (pagine 4 e 1)
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La lettera del 29 ottobre, cuore del presente intervento, contiene il recupero di alcune righe censurate, che appariranno al lettore moderno straordinariamente ciniche e inquietanti per l'assoluta mancanza d'empatia, l'assuefazione all'orrore, la dimostrazione di vera e propria ferocia: rappresentano la (rara) documentazione diretta di un sentire piuttosto diffuso nelle trincee, quella sorta di demonizzazione del nemico che la propaganda militare istillava e incoraggiava nei soldati, pur restando sottotraccia nelle comunicazioni rivolte ai civili. Ma vediamo i punti salienti di questa missiva, che parte in modo assolutamente innocuo:
Carissimi, da domani mattina trasloco un pochino, perché sono "comandante il distaccamento di Cima V...lles [nota: Cima Valles]". Figuratevi! E quello per un po' di tempo.
Se sapeste cosa è arrivato oggi per telefono! Che il reggimento ove ero in prima linea, si è recato al .... [nota: nome di località cancellato] ove ero stato io pure tempo fa, e ha oggi... tante perdite! Mi è rincresciuto tanto, figuratevi quante conoscenze avevo!
Lettera del 29 ottobre 1915 (pagine 2 e 3)
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La seconda parte della lettera contiene il brano, assai crudo, cui si è accennato (che segue, significativamente, la notazione sugli amici caduti). Nonostante sia stato censurato, è stato possibile recuperarlo con qualche maneggiamento informatico, probabilmente perché il pennarello utilizzato per nasconderlo era parzialmente esaurito (le parti oggetto di censura sono quelle evidenziate in giallo):
Ma mi compiaccio della ferrea volontà del maggiore del nostro battaglione che fu dappertutto elogiato: gli austriaci ebbero fra le mani uno dei nostri, morto,e staccategli le membra le posero fra i loro reticolati! Che orrore! Allora il maggiore nostro, nel vedere, fece un'avanzata straordinaria, facendo 120 prigionieri o più, e li fece fucilare lì davanti alle loro trincee! Ben fatto!
(È il maggiore che mi istruì agli allievi ufficiali).
Sono finora molto fortunato e spero sempre di esserlo! Fra non molto tempo avremo un po' di riposo, e lo attendo sempre! [...]
Il mio attendente è molto contento di stare con me, ed io pure! e tante volte mangiamo per necessità nella stessa gavetta! Ho ricevuto vostro pacco della rivoltella, con cinghia, bretella, fodero e tutto. Bellissima. Grazie mille a papalino che ha pensato molto bene a me.
E stasera per cambiare sono di nuovo di scorta all'artiglieria per la notte! Pazienza, vi sono tanti servizi che non si possono rinunziare! E domani inizierò il distaccamento colla rivoltella a fianco, così potrò lasciare un po' il moschetto di noi ufficiali non armati! Null'altro per ora. [...] Il maggiore mi dice che divento sempre più bruno! Sarà la neve. Bacioni e bacioni.
Davvero una annotazione sinistra quella di Anna Felice, il giovane che sino a poco tempo prima inviava alla mamma  lettere abbellite da fiori essiccati: «Allora il maggiore nostro, nel vedere, fece un'avanzata straordinaria, facendo 120 prigionieri o più, e li fece fucilare lì davanti alle loro trincee! Ben fatto!», quasi che il colore sempre più scuro della sua carnagione, «Il maggiore mi dice che divento sempre più bruno! Sarà la neve», riflettesse un'analoga trasformazione morale: da uomo a soldato. Inoltre la fucilazione di 120 prigionieri per rappresaglia si configura come un grave episodio d'atrocità di guerra, del tutto sproporzionato all'offesa subita.
Cartolina del 30 ottobre 1915
Il giorno successivo, 30 ottobre, Sobrero scrisse dal distaccamento di monte Castellazzo:
Carissimi, sono qui in distaccamento fra la neve, ed ora avrò molto tempo a scrivervi, dato il limitato lavoro del Comando di distaccamento. [...] Sto benissimo qui e speriamo sempre in bene! [...] Mi riservo scrivervi a lungo domani.
Lettera del 31 ottobre 1915 (pagine 4 e 1)
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L'indomani, 31 ottobre, il nostro mantenne la promessa, cimentandosi nella "narrazione" della sua attività nell'ambiente invernale di Monte Castellazzo:
Carissimi, come vi scrissi ieri, vi faccio la narrazione della mia situazione odierna. Mi trovo qui distaccato col comando del mio plotone (60 uomini) e la sezione mitragliatrici. Ho una bella cameretta di metri due ed uguale salotto, che sarebbe tavolino, stufa, una sedia. Tutto di pietra e fango, ma fatto alla perfezione. Se vedeste vi mettereste a ridere, perché sembra la casa delle bambole, e quando entra il mio attendente siamo già imbarazzati per uscire. [...] E vivo da gran signore, nel minuscolo però! Stasera per esempio ho mangiato minestra, bistecchina ai ferri, patate lesse, formaggi, frutta e caffè. Quest'ultimo lo prendo tre volte perché mi è comodo. [...] Ho il telefono e una stazione faro-riflettore in caso d'attacco, con riserve luce ossidrica! [...] Provvedo al servizio di guardia e trasporto viveri alle truppe sottostanti. Ecco tutto.
Lettera del 31 ottobre 1915 (pagine 2 e 3)
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Infine il messaggio fa riferimento a una questione che preoccupava grandemente il nostro: la prolungata assenza di notizie sul suo amico, compaesano e compagno d'armi Ottavio, che aveva partecipato ad un assalto sul Col di Lana il 22 ottobre 1915:
Ora mi impensierisce Ottavio che non scrive mai e so che è stato all'assalto di trincee col 50°: e so che il suo capitano è ferito. Gli scrivo, scrivetegli voi e ditelo ai suoi, chissà ove sarà ora.
Terminiamo per ora qui questo nostro tentativo di seguire le tracce delle trasformazione del mondo mentale dei militari della Grande Guerra, nel quale abbiamo cercato di cogliere alcuni degli adattamenti che permettevano ai soldati di sopravvivere nel folle ambiente che il primo conflitto moderno andava delineando. 
Nel prossimo intervento vedremo di sbrogliare l'ultima questione posta dalla lettera del 31 ottobre, cercando di capire cosa fosse accaduto a Ottavio.


Dario Malini





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