Laboratorio Sobrero (17): La presa del monte Castellazzo ed altre storie (17 - 25 ottobre 1915)

Mappa dei principali luoghi citati in questo intervento
Mentre ci si avvicinava alla terza decade del mese di ottobre 1915, il fronte dolomitico andava movimentandosi. Su quella linea si stava infatti preparando un attacco italiano, cui anche il 49° Fanteria avrebbe partecipato, muovendo dai passi di S.Pellegrino e di Valles. In tale ambito, avremo modo di seguire da vicino il sottotenente Anna Felice Sobrero guidare il suo plotone verso la cima del monte Castellazzo. Ma, prima di partire, chiediamo aiuto al bel saggio di Mario Vianelli e Giovanni Cenacchi Teatri di guerra sulle Dolomiti, per fornire al lettore un minimo di contesto
In montagna furono le montagne stesse, e non la scienza militare allora insegnata nelle accademie, a imporre il modo di guerreggiare. Alcuni dei peggiori massacri del settore dolomitico, come i primi assalti al Col di Lana e a Som Pouses, sono senz'altro da attribuire a decisioni che non tenevano nel giusto conto le difficoltà del terreno e la micidiale potenza dei nuovi armamenti: si fece lo stesso errore delle numerose battaglie dell'Isonzo, di mandare allo sbaraglio una massa anonima di carne da cannone. Nel mondo di rocce verticali delle Dolomiti le poche azioni efficaci furono invece condotte da piccoli reparti ben preparati ad affrontare le difficoltà alpinistiche.
Lettera del 17 ottobre 1915 (pagina 4 e 1)
Cliccare sull'immagine per ingrandirla
Questo "risveglio" del fronte dolomitico è ben recepito nelle lettere inviate alla famiglia dal nostro, a partire da quella di domenica 17 ottobre:
Carissimi, stasera la posta non è arrivata sin qui, perché impedita dalle artiglierie nemiche (e stante la giornata chiarissima). Le artiglierie hanno lavorato molto quest'oggi, e ieri vi furono lo scambio di alcune fucilate alla segheria senza esito alcuno. Le granate che caddero qui non produssero che pochi danni di materiali. Oggi il capitano nostro ci fece fare lo studio, sulla carta e col cannocchiale, delle posizioni nostre e del nemico. Poi ci disse il perché. Ed eccolo: «È certo la prima volta che mi viene affidata una missione così importante ed altrettanto... fare una ricognizione in terreno nemico, con una pattuglia di soldati per vedere e... riportare notizie su ciò che succede».
Non sappiamo né quando né dove andrà eseguita. Travero ne ha già fatta una, ed è tornato dopo due giorni e due notti perché è stato sorpreso [dal nemico] presso il forte Dossaccio.
Io sono contento e curiosissimo di vedere e cercare notizie, e vedremo quando mi capiterà. Ed ho già il mio attendente che si offerse volontariamente [d'accompagnarmi].
Lettera del 17 ottobre 1915 (pagina 2 e 3)
Cliccare sull'immagine per ingrandirla
Nella seconda parte della medesima missiva, Sobrero, al solito, non mancò d'alleggerire il suo messaggio con note più amene, dilungandosi con evidente piacere sui momenti in cui era lontano dalla linea del fuoco:
Stasera vado a dormire subito e siccome sono a riposo, stanotte farò una dormita sola sino a domani. Da domani poi sono sorvegliante all'istruzione degli allievi caporali, che si farà nei momenti di riposo. È arrivato stasera un comunicato che parla di metterci, dopo il 30 del mese, a semi-riposo invernale... vedremo, ma ci credo poco, e poi sto bene tra queste cime e punte e non voglio più saperne di traslochi, poiché è sempre lo stesso [dappertutto].
Mi son fatto fare delle riparazioni e aggiustamenti artistici nella mia camera dai miei svizzeri: un ripostiglio per la legna della stufa, un tirante sopra la stufa per stendere la roba lavata, una latta di conserva di pomodoro vuota. Questo è un oggetto eroico, poiché lo faccio ricoprire d'acqua e lo metto sulla stufa: al mattino mi lavo [così] coll'acqua tiepida o almeno senza ghiaccio. [...] Seguiterò domani, mi manca la carta e si fa tardi.
Lettera del 18 ottobre 1915 (pagina 1)
Cliccare per ingrandire
La lettera dell'indomani (18 ottobre) ha però tutt'altra intonazione (cliccare qui per leggere le pagine 2 e 3), riportando l'annuncio dell'imminente partenza dello scrivente per una ricognizione in territorio nemico. Si noti come la calligrafia di Sobrero, in genere assai meticolosa, si faccia qui  concitata, manifestando uno stato d'ansia che il contenuto della lettera non parrebbe mettere in luce con la stessa evidenza:
Sorteggiato, cómpio stanotte e domani ricognizione con pattuglia sul forte nemico del D........ [Nota: Forte Dossaccio].
Spero essere favorito dalla luna piena stasera e partirò al tocco. Non temo affatto, anzi sono curioso e bene armato. Vi scriverò domani notte o dopodomani; appena sarò di ritorno.
Sarà qua il Generale Petitti [Nota: 
Magg. gen. Carlo Petitti, comandante della brigata Parma dal 4 giugno al 29 ottobre 1915] ad attendere esito. Mi farò onore e vedrete. Bacioni e Bacioni da Cici
N.B. Ho un bel binocolo imprestatomi dal Maggiore. Scrivetemi.
Lettera del 25 ottobre 1915 (pag. 1)
Cliccare sull'immagine per ingrandire
Vedremo successivamente l'esito di questa ricognizione, da comprendere tra quelle organizzate in preparazione dell'imminente offensiva, che divenne operativa di lì a poco. Il 22 ottobre il 49° Fanteria venne messo sul campo. Anna Felice Sobrero comandava il plotone che giunse tra i primi a occupare il monte Castellazzo, e la straordinaria lettera del 25 ottobre riporta per intero il racconto di questa azione, in una emozionante narrazione piena di ritmo e dal taglio quasi cinematografico:
Dirvi tutto? Come farei? Vi dico solo che forse per questo inverno è finita! E come? Ho dormito notti e notti sul ghiaccio e neve colla mantellina o talvolta nel sacco a pelo. 
Giorni e notti in continuo agguato e comincio colla presa del monte Castellazzo. Il mio plotone, dopo aver lavorato tutta la notte all'oscuro per farsi un trincerone di neve alle falde di detto monte, verso le 4 del mattino incominciò l'ascesa. Ivi arrivati, alcuni, dietro istruzioni mie e del tenente Montrucchio che comandava un altro plotone di assalitori, imbavagliavano le sentinelle e si precipitavano sul corpo di guardia, mentre quei plufer [nota: termine del dialetto piemontese, con valore dispregiativo, da intendersi: tedeschi] si facevano il caffè.
«Deponete le armi!» gridarono. 
Quelli che tentarono di fuggire furono atterrati da alcuni tiratori posti indietro, gli altri si arresero [e vennero fatti prigionieri]. E feci tanto bottino: 1550 caricatori da fucile, 12 fucili, bombe a mano. 
E quei plufer? Li feci svestire (!!!) per verificare che non avessero nulla [addosso]. [Individuato] un caporale di Fiera di Primero (parlava italiano), lo invitai a mostrarmi con quali mezzi comunicavano coll'artiglieria, ma non voleva rispondere. Lo minacciai e me lo indicò: un telefono con un telefonista austriaco nascosto sotto un piccolo palchetto. Feci staccare i fili e feci portare il telefono fin dal nostro Maggiore. Non avevamo ancora finito [di osservarlo] che l'artiglieria nemica cominciò un fuoco infernale, vedendo occupato il monte! 
Allora: granate, shrapnels, mitragliate. 
Presi presidio per 3 giorni e 3 notti sul monte, vegliando notte e giorno! 
Finalmente ebbi il cambio e mi fu affidata un'altra impresa: sorprendere gli osservatori di Cima Bocche! Ma arrivati fin lì sotto con una squadra, fummo fatti segno dalla fucileria avversaria. Fui colpito ad una scarpa e un soldato si salvò buttandosi dietro un masso, cadendo sul quale perse sangue dal naso. Nel frattempo una nebbia levata coprì la loro vista e ci ritirammo senza perdite.
Lettera del 25 ottobre 1915 (pag. 2 e 3)
Cliccare sull'immagine per ingrandire
La lettera del 25 ottobre termina con il ritorno dello sfinito sottotenente alla sua "cameretta bijoux", della quale finalmente ci viene comunicata l'ubicazione nella località di Passo Valles:
Stasera mi riposo nella mia cameretta bijoux a Passo Valles, ove sto da papa col mio attendente che mi serve a pennello! [...] Mi ricordo ora che non vi accennai ancora a quella mia ricognizione sul forte D.... [Nota: Forte Dossaccio]: con quattro soldati rubai le marmitte del rancio ai plufer, ciò per chiarire sino a che punto arrivai. La loro sorpresa quale sarà stata?
Spero ora di poter fare un po' di vita tranquilla qui. Vi farò vedere al mio ritorno diverse cosette prese: fra l'altro strappai l'insegna sul berretto del sergente prigioniero, perché mi... piaceva. Spero sempre nella licenza fra novembre e dicembre e [poi] la guerra, speriamo, finita!
Parole che mettono ben in luce la voglia di pace che abitava coloro che dovevano fare la guerra, la quale era però, lo sappiamo, ben lontana dall'essere alla fine, mostrando inoltre, a seconda dei luoghi che che ne erano teatro, facce anche molto differenti, caratterizzate spesso dalle immani carneficine che produceva la forza soverchiante delle macchine moderne assieme alle tattiche di attacco non adeguate ai nuovi contesti. In questo intervento abbiamo avuto modo d'osservare da vicino la presa del monte Castellazzo, un'azione d'alta montagna spettacolare e piuttosto ardita, quasi da guerra d'altri tempi, la cui dinamica rappresenta una singolarità all'interno del conflitto. A commento di ciò, anche per fornire al lettore qualche motivo di riflessione, terminiamo proponendo il seguente brano, tratto ancora dal saggio Teatri di guerra sulle Dolomiti
Il valore individuale, il coraggio e l'intraprendenza rimanevano doti decisive [nelle battaglie sulle Dolomiti] e furono espresse non solo da personalità straordinarie entrate nella leggenda ma anche da tanti umili soldati coinvolti in questa guerra strana, che in ogni caso fu meno disumana e più "cavalleresca" dell'orrenda mattanza che si svolse altrove.



Dario Malini





----------------------------------
Chi vuole iscriversi gratuitamente alla nostra newsletter, ci scriva: artegrandeguerra@yahoo.it (basta inserire la parola "newsletter" nell'oggetto della email, per ricevere una comunicazione periodica con le informazioni sulle novità del sito. Per annullare l'iscrizione, inviare una email al medesimo indirizzo, con oggetto "stopnewsletter").

Nessun commento:

Posta un commento