Laboratorio Sobrero (16): «Destinato al fronte parto domani col reggimento...» (8 - 16 ottobre 1915)

Schizzo dell'ingegnosa segheria ad acqua
(si veda la lettera del 16 ottobre 1915)
Nell'ultimo intervento (si veda Laboratorio 15) abbiamo lasciato il sottotenente di fresca nomina Anna Felice Sobrero alla vigilia di un trasferimento in prima linea (messaggio del 6 ottobre 1915), dopo l'assegnazione al 49° Fanteria (Brigata Parma)
Lettera dell'8 ottobre 1915 (pag. 1)
Le lettere dei giorni immediatamente successivi, però, non fanno più cenno a tale spostamento, dandoci invece alcune interessanti informazioni sulla situazione del nostro nel 49° Fanteria. L'8 ottobre, ad esempio, scriveva:
Dunque ho il comando di plotone della 3.a Compagnia, 1° Battaglione, 49° Fanteria. [...] Ho un attendente fiorentino, affezionato, che mi fa la camera, scarpe e tutto; sempre sull'attenti: «Signor tenente? Desidera?». E riguardo a questo mi fa persino ridere pensando a pochi giorni fa che ero come gli altri soldati!!! [...]
Il mio plotone va benissimo e spero seguitare sempre così: al 20 del mese si riunirà la commissione per passarci sottotenenti di complemento come tutti gli altri.
Cartolina del 12 ottobre 1915
Il 12 ottobre 1915 il trasferimento in prima linea del 49° venne infine decretato, come Sorbero quella stessa sera s'affrettò a comunicare alla famiglia. È difficile ricostruire il profondo risuonare d'inquietudini e fantasmi che un messaggio di tal fatta dovette produrre in chi lo ricevette, approdo inevitabile di molte riflessioni, speranze, premonizioni, paure:
Carissimi, destinato al fronte parto domani col reggimento e raggiungeremo la posizione in due giorni a Passo di Va...., spero essere sempre fortunato. In ogni modo mi reputo già tale, dovendo col mio plotone essere ora in trincea e non nel freddo più intenso di dicembre e gennaio...
Lettera del 14 ottobre 1915 (pagina 4 e 1)
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Il 14 ottobre, raggiunta la posizione di prima linea, (certamente sul fronte Dolomitico ma in località non precisata per ragioni di censura militare) il nostro inviò a casa una lettera piuttosto dettagliata, che ci permette d'osservare in presa diretta la vita dei soldati nelle trincee d'alta montagna:
Sono qui sulla neve a 3000 metri con vento e nevischio freddissimo. La località (se non fosse che sono qui con altro scopo) è incantevole. Qui vi sono già baraccamenti fatti di pietre, assi e fango, ma... nel rustico sto benissimo. Ho la stanzetta che è un bijoux!!! Ha la finestrina con vetri di fiaschi rotti attaccati fra loro, la stufa di fango che la riscalda (ma fa un po' di fumo!!!), il letto con tre sacchi inchiodati fra due pini così [nota: vedere schizzo sulla lettera]: e benché [la costruzione sia] tutta pietre e terra non lascia passare l'aria. Ho il sacco a pelo che, dico la verità, tiene molto caldo: è dato ai soli ufficiali, di tela impermeabile di fuori e pelo di pecora internamente: e ci si entra dentro coi piedi e si lega al collo e si sta caldi anche nella neve. Ho coperte a sufficienza e sto bene.
Lettera del 14 ottobre 1915 (pagina 2 e 3)
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Il racconto del nostro proseguiva con la descrizione della propria attività militare. Al solito, Sobrero provvedette a... edulcorarla un poco riportandone i punti essenziali ai genitori, sempre attento a evitar loro eccessive preoccupazioni. Nonostante ciò, la narrazione è interessante e ricca d'immagini evocative, quali l'ispezione nel gelo della notte; il goliardico cartello apposto dal nemico di fronte alle trincee italiane; il pasto consumato al freddo, con il sottofondo della musica (e in una lettera precedente si precisava che il grammofono riproduceva sempre arie del melodramma italiano); il brindisi di battaglione nella neve; la richiesta di lettere ai familiari, necessarie per mantener vivo il ricordo di un'esistenza differente:
Se non fosse per il lavoro un po' noiosetto dell'ispezione alle guardie di notte... E il lavoro è delicato... e di precisione. Due volte, di notte, nella neve [...].
In quanto al fuoco in questi posti è poco, ma la prima linea delle nostre trincee è a 300 metri [da quelle] dell'austriaco, dimodoché quelli a cui abbiamo dato il cambio l'altro giorno videro un cartellone nelle loro trincee ove era scritto: «Belgrado occupata, arrendetevi». È cosa d ridere, se uno ci pensa... da lontano però!... [...] Mangiare, mangio benissimo e abbiamo portato il grammofono fin qui, che, alle 12 e alle 7, [mentre siamo] a tavola, suona sempre! [...]
Stasera a mensa, festeggiando fra la neve il nostro reggimento, il Maggiore del nostro battaglione fece sturare tre o quattro bottiglie di "champagne". Fra questi posti, credetelo, se non si facesse così si perderebbe l'allegria.
Seguitate a scrivermi: è l'unico ricordo borghese che arriva sino qui!!! Non si vedono altro che militari... e [ricevere posta] mi fa tanto piacere, specialmente lettere, se potete.

Lettera del 16 ottobre 1915 (pagine 4 e 1)
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Nella lettera del 16 ottobre, Sobrero proseguiva a esplorare il cosmo inedito delle trincee di montagna, non senza mostrare ammirazione per alcune delle opere che osservava, anzitutto per l'ingegnosa segheria ad acqua:
Qui si fa la vita un po' da eremita, perché si vive solo fra soldati e nient'altro. Ieri il mio capitano ci condusse (io ed un altro tenente) a fare la visita alle nostre opere nel tratto del fronte, mostrandoci [anche] tutte le posizioni nemiche. Si distinguono ad occhio nudo, e [si scorgono] persino le vedette austriache. Ci mostrò dove si deve camminare per tenersi al coperto. Ammirai i reticolati fittissimi attorno alle nostre lunette, specie di trincee affatto interrate con ricoveri protetti. Andai alla segheria ad acqua, opera dei soldati, che la costruirono senza strumenti del mestiere, ma solo con una lama e fili di ferro: ed è una cosa ammirevole. Tutto sotto una roccia che serve da riparo blindato, [dalla quale] un ruscelletto cade, incanalato fra tre travi legate tra loro; [a muovere] una ruota a pale, fatta con legno di pino tagliato ad accetta. [Ad essa è collegata] una lama [adibita al taglio dei] tronchi: rende [possibile trattare]... 25 o 30 assi al giorno. E con queste assi si fanno i baraccamenti per tutti. 
Lettera del 16 ottobre 1915 (pagine 4 e 1)
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Nel prosieguo della lettera, il nostro prende a descrivere (certo in modo piuttosto innocuo, a beneficio dei familiari) il suo lavoro quotidiano, citando ad un punto (cosa che sarà sfuggita a chi doveva controllare la posta in partenza) la località di Col Margherita, permettendoci così di individuare la zona in cui era ubicato sul fronte dolomitico:
Stanotte sarò di scorta all'artiglieria e monterò col mio plotone. Ma quale è la mia sorpresa: per la prima volta che monto di scorta all'artiglieria, il tenente d'artiglieria è il mio compagno di scuola Luzzi che cantava gli "a solo" con me sotto il professore Albertino! Come sono rimasto contento! e come ci faremo buona compagnia stanotte: lui comanda gli artiglieri e io i fantaccini! [...]
Stamane fui a Col margherita e presi provvedimenti perché potessero resistervi le vedette; sono completamente nella neve. Quando montano di vedetta stanno bene perché sono avvolte nelle pelli d'orso bianco, [...] ma quando smontano se non hanno un'altra coperta in più... Farò mandare dei cappotti [perché qui] non v'è che neve e nebbia e vento! [...] 
Spero farmi prendere una foto, affinché vediate col mio grado nuovo che figura faccio e se ho aspetto marziale. Scrivetemi lettere!
Un racconto che ci permette dunque di osservare da vicino la dura e malinconica esistenza, "un po' da eremita", che i soldati trascorrevano, giorno dopo giorno, in queste trincee d'alta quota, dove non v'era "che neve e nebbia e vento".




Dario Malini





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