fig. 1 "Allegoria della guerra" disegno, firmato SG, 1916 |
fig. 2 "Allegoria della guerra", particolare |
fig. 3 "Allegoria della guerra", particolari |
fig. 4 Albrecht Dürer, Il cavaliere, la morte e il diavolo, bulino, 1514-1515 |
Per decodificare il messaggio veicolato da quest'opera singolare, non riconducibile al genere delle allegorie propagandistiche e celebrative di cui è stata prolifica l’arte di guerra, dobbiamo fare qualche passo indietro, spostando le lancette del tempo fin ai primi decenni del Cinquecento, quando fu pubblicato il bulino Il cavaliere, la morte e il diavolo (fig. 4) del celebre maestro tedesco Albrecht Dürer. Il nostro disegno ne riprende infatti la triade costitutiva, formata dal miles, dalla morte e dal diavolo, evidenziando però numerose significative varianti, a partire dalla loro disposizione spaziale. I tre personaggi occupano infatti un'area più ampia nel disegno, andando a iscriversi in un vasto e statico triangolo, definito dalla Morte al vertice e dalle figure del cavaliere e del diavolo alla base. In tale nuovo contesto, un aspetto significativo acquisisce la raffigurazione del soldato che – a differenza dell’omologo düreriano – viene mostrato di schiena, in piccole dimensioni e come avulso da ciò che l'attornia: abulico e del tutto inerte nonostante l'apparire del diavolo e l'accorrere funesto della morte.
Chi o cosa rappresenta questo miles?
Nulla sembra avere in comune con il campione della cristianità raffigurato nel bulino cinquecentesco, il quale persevera nel suo alto compito morale, contrapponendosi coraggiosamente alle insidie del diavolo e del tempo, il cui scorrere conduce inevitabilmente alla morte.
Il nostro soldato sembra invece chiuso in sé stesso e incapace d'agire, condizione rimarcata anche dal diverso stato della sua cavalcatura che, a differenza di quella imponente e gagliarda dell'antico miles, giace a terra senza vita (fig. 5). Il combattente della Grande Guerra, dunque, appare privo di valori ideali che ne giustifichino la condotta, alienato e soverchiato dalla cieca furia dei combattimenti, come annullato nella sua stessa umanità: agente inconsapevole e al tempo stesso vittima delle insidie del male e della distruzione che imperversano. Un messaggio di cupo pessimismo che, anche per l'universalità propria al linguaggio allegorico utilizzato nel disegno, sembra sorpassare la stessa situazione contingente, andando a riguardare la condizione generale dell'uomo e delle nazioni nella modernità.
Chi o cosa rappresenta questo miles?
Nulla sembra avere in comune con il campione della cristianità raffigurato nel bulino cinquecentesco, il quale persevera nel suo alto compito morale, contrapponendosi coraggiosamente alle insidie del diavolo e del tempo, il cui scorrere conduce inevitabilmente alla morte.
fig. 5 "Allegoria della guerra", particolare |
Carol Morganti
Dario Malini
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