"Verdun" di H. Desbarbieux - I parte

Fig. 1 Henri Desbarbieux, "Soldati in trincea"
Questo primo intervento di presentazione della raccolta Verdun, realizzata dall'artista-soldato Henri Desbarbieux nel 1916, prende in esame cinque acqueforti che descrivono la vita dei soldati nei tetri sotterranei delle trincee di Verdun.
Partiamo dall'incisione di fig. 1, che già ci permette di individuare alcuni degli elementi più caratteristici e originali del linguaggio grafico dell'artista. In particolare, l’uso espressivo della luce, i potenti contrasti chiaroscurali, la costruzione spaziale complessa e volutamente ambigua, le deformazioni - di dirompente modernità - di alcune parti del corpo degli uomini ritratti, quali la bocca e le mani.
Fig. 1a Henri Desbarbieux, "Soldati in trincea" (particolare)
La scena ha il suo fulcro compositivo nel militare in casacca di pelo al centro dell'immagine (fig. 1a), che sembra rivolgersi concitatamente ad alcuni commilitoni, raffigurati in ascolto nella penombra. La sua figura viene posta nella massima evidenza dalla forte luce - proveniente da un'apertura sulla destra - che la colpisce, il cui effetto è anche quello di dare consistenza (sostanza drammaturgica, ci verrebbe da dire) allo spazio claustrofobico del cupo ambiente sotterraneo. La rappresentazione deformata - enfatizzata nelle dimensioni - della mano sinistra del soldato, poggiata ad un bastone, assieme alla postura sbilanciata, contribuiscono a creare inquietudine. Sensazione acuita dalla sua bocca spalancata, simile a un buco nero che ne dilania i lineamenti, in quella che è quasi un'anticipazione baconiana atta a veicolare ansia, a divenire canale tramite il quale gli orrori dell'esperienza della battaglia possono manifestarsi. Orrori riverberati dall'asfittica struttura dell'ambiente che dovrebbe farne in qualche modo scudo, caratterizzata da una segreta ambiguità spaziale, poiché lo sguardo dell'osservatore, addentrandosi in profondità a partire dal primo piano, segnato dalle presenze di due fucili e un tascapane giacenti nella completa oscurità, incontra via via soldati seduti su differenti livelli, la cui dislocazione - anche a motivo dei forti contrasti luministici - non appare sempre facilmente decifrabile, andando a delineare con forza una realtà contraddittoria e disumanizzata.

Fig. 2 Henri Desbarbieux, "Soldati intorno a una stufa"
Una complessa struttura spaziale governa anche l'incisione di fig. 2 in cui un gruppo di miliari, dislocati su piani diversi, si dispongono a raggiera intorno ad una stufa, perno tematico-compositivo dell’opera. Dalla stufa proviene il bagliore che illumina la scena dall'interno e il calore che attrae gli uomini, tanto infreddoliti da tendere tutti verso il carbone incandescente le mani frementi. Ed è ancora una volta la luce a essere protagonista dell'immagine, riverberandosi sulle mani dei soldati e sui loro visi abbruttiti dallo spasimo. Una scena di forte impatto emotivo che ha qualche punto di contatto con l'iconografia dell'adorazione dei pastori; in quest'immagine però, assente il divino, l'uomo non può manifestare che la bruta e ferina volontà di sopravvivere. Ogni altro elemento di definizione spaziale  è lasciato in penombra (il battente della porta aperto, la sedia riversa in primo piano, il fucile sospeso in alto), o nella quasi totale oscurità, a delineare in maniera sommaria ma icastica l'ambiente ostile e obliante in cui vivono i poilu.

Fig. 3 Henri Desbarbieux, "Il rancio"
Luce e calore sono gli elementi costitutivi anche dell'acquaforte di fig. 3, opera di potente comunicativa e di più immediata leggibilità. Sette militari sono raffigurati in cerchio intorno alla pentola del rancio che un addetto, ripreso in primo piano - in controluce e di spalle - sta rimestando. L’artista indugia con notevole penetrazione e originalità di segno sulle espressioni dei volti dei soldati: assorti, turbati, bramosi... in una vera e propria rassegna di differenti stati d’animo, ambiguamente oscillanti tra l’attesa del cibo, l'alienazione e il senso di incertezza esistenziale.

Fig. 4 Henri Desbarbieux, "Il riposo dei soldati"
Nell'opera di fig. 4, che riprende ancora l’interno di una trincea, la luce, provenendo da un'apertura sulla destra, pone in risalto il giovane soldato al centro dell'immagine (fig. 4a), che gesticola con espressione pensierosa, rivolgendosi forse al compagno seduto su una panca davanti a lui, raffigurato di schiena in primo piano. Quest'ultima figura, nera per il controluce ma ricca di segni prominenti d'evidenza quasi plastica (ed è questo un tratto stilistico originale che connota l'intera raccolta), pare veicolare una segreta - e non meglio definibile - sensazione d'angoscia. 

Fig. 4a Henri Desbarbieux, "Il riposo dei soldati" (particolare)
In alto sulla destra, immersi nella completa oscurità, poggiano su un ripiano alcuni oggetti d'uso quotidiano e una candela nel suo porta-candela. A terra vi è un grande mastello con un mestolo, la cui funzione è connessa alla preparazione del rancio. Tutto concorre a delineare una rappresentazione cupa, gravata dal non detto, pregna d'inquietudine e di un senso misterioso d'attesa.

Fig. 5 Henri Desbarbieux, "Il sonno"
Chiudiamo questa sezione con l'acquaforte di fig. 5, immagine di sorprendente afflato espressionista e di dirompente carica eversiva. Vi è ripresa una camerata sotterranea, nella quale sono stipati alcuni letti, uno accanto all'altro. 
La luce illumina la stanza, evidenziandone la copertura lastronata, con la volta a botte. L'ambiente è caratterizzato attraverso pochi essenziali elementi: le scale che portano verso l'esterno, in alto a sinistra; diversi fucili poggiati alle pareti; un tascapane appeso al muro; una lampada a petrolio fissata al soffitto, la cui forma evoca, forse simbolicamente, una gabbia. 
Fig. 5a Henri Desbarbieux, "Il sonno" (particolare)
L'elemento cui l'artista assegna il contenuto più scottante si trova nella parte bassa della raffigurazione, dove è ripreso un soldato disteso nella branda. Di questa figura emerge dalla coltre solo la testa - priva di occhi e alterata nei tratti - intenta in quello che appare un terribile urlo (fig. 5a). E il contrasto tra l'atteggiamento passivo e quasi rassegnato del corpo del militare, ordinatamente sistemato sotto la pesante coperta, e questo grido ferino, squarcia il velo della retorica intorno alla vita dei poilus, denunciando senza reticenze
 tutta la frustrazione, l'orrore e l'alienazione di chi, costretto a una vita crudele, dura e bestiale, arriva a perdere tutto, anche la propria umanità. 

La vita dei soldati nelle trincee di Verdun, come viene raffigurata in queste opere, appare dunque dolorosa, malinconica e desolata. Nulla sembra giustificarne la crudezza, né l'eroismo né l'amor patrio né alcun altro valore ideale. I poilu si aggirano spaesati per questi cunicoli, senza una vera coscienza di ciò che li sovrasta, simili ad animali in gabbia, vittime sacrificali inconsapevoli la cui esistenza - e anche la cui morte - pare priva di significato. Si tratta di immagini nelle quali non è mai possibile rintracciare dei riferimenti a precisi avvenimenti militari. Sono invece i fatti quotidiani - anche minimi - della vita di trincea a interessare l'artista-soldato (mobilitato in prima persona a Verdun, unità di fanteria 56e bataillon de chasseurs à pied, nel servizio ausiliario). L'essenza della vita di trincea viene così in qualche modo illuminata dall'interno: ciò che viene qui messo a nudo è anzitutto il radicale degrado indotto dall'esperienza della guerra all'interiorità dei soldati. E il messaggio profondo di queste incisioni, in tal modo, trascende l'occasione in cui sono state concepite, divenendo un monito universale contro la guerra per gli uomini d'ogni tempo.


Carol Morganti
Dario Malini


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Cliccando sulla bandiera qui sopra, si può accedere alla versione completa dell'articolo in francese, traduzione di Laurent Chassaing con la collaborazione di Christian Ferré.

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