Laboratorio Allegri (14): La battaglia di Caporetto e la cattura (25 - 29 ottobre 1917)

«Il nemico avanza quasi indisturbato»
(illustrazione di Kataku, 2022)

Il 25 ottobre [1917] cediamo gli appostamenti di Salcano a una sezione mitragliatrici del 1° Granatieri, avendo ricevuto l'ordine di riattraversare l'Isonzo per riunirci al nostro reggimento, acquartierato sulle alture di Valerisce. Giuntivi a tarda notte, ci rechiamo nelle baracche e ci gettiamo nelle brande, sfiniti ma impossibilitati a riposare, poiché siamo raggiunti dalle notizie più incredibili sull'attacco austriaco in corso, e non facciamo che chiederci cosa diavolo stia accadendo. 
Le giornate successive sono caratterizzate dalla più inesplicabile confusione, alimentata da inquietanti aggiornamenti sulla battaglia: il nemico avanzerebbe quasi indisturbato, interi nostri reggimenti si starebbero ritirando, alcuni depositi di munizioni sarebbero esplosi, numerosi pezzi di batteria verrebbero trainati all'indietro per proteggere la precipitosa ritirata dei nostri...
Di notte il cielo è illuminato a giorno dal bagliore dei colpi avversari, mentre le artiglierie italiane sembrano sempre più fiacche. Alla sera del 27 tutto il reggimento riceve l'ordine di raggiungere il Podgora (nota 1). Ci incamminiamo al buio, sferzati dal vento gelido, in uno stato d'animo sconnesso e turbato, che possiamo vincere solo per la lunga consuetudine a obbedire senza pensare né discutere.

Cartolina del 27 ottobre 1917

Prima di partire riesco a scrivere e consegnare a chi di dovere una cartolina per i miei, sorta di messa in scena tranquillizzante cui i soldati non possono sovente esimersi, rivolgendosi ai propri cari: «Sappiate che quantunque manchi comodità di vita, dove sto non c'è alcun pericolo. Non prestate fede a ciò che dicono di qui perché è assai esagerato».
Raggiunta la nostra meta, un contrordine ci spedisce sul Peuma dove dovremo difendere due strade: quella che conduce a Lucinico e quella verso Valerisce. Ed eccoci nuovamente in marcia, silenziosi e affranti, gli scarponi che affondano nel putrido fango dei camminamenti, l'aria che vibra dei colpi lontani degli austriaci. 

«Muso di porco»
(illustrazione di Kataku, 2022)

Raggiunta la posizione, restiamo senza ordini per tutto il 28 mentre, alla nostra destra, incombe sempre più da presso il fuoco della fucileria. Nel percorso trovo una maschera [antigas] austriaca. L'indosso e mi guardo allo specchio, constatando come ci si trasforma portando sul viso questo muso di porco. Ci raggiunge intanto, non so come, la notizia che Gorizia è nelle loro mani. Alla sera [del 28], incomincia l'assalto nemico alla nostra destra. I soldati possono fare ben poco, forniti come sono solo di due bombe a mano Excelsior e della dotazione di cartucce. Le sorti dello scontro sono tuttavia dapprima incerte, ma quando i nostri soldati si vedono presi alle spalle, soverchiati in numero e armamenti, sono costretti ad alzare le mani, sebbene l'ordine del comandante fosse di resistere sino all'ultimo uomo e a ogni costo. Io, assieme a un certo numero di compagni, riesco in qualche modo a sottrarmi alla cattura e a raggiungere il resto della compagnia 

«Comincia la nostra prigionia»
(illustrazione di Kataku, 2022)

Trascorriamo una notte di vero spasimo. Verso le 5 di mattina del 29 ottobre, il tenente mi ordina d'andare a cercare un collegamento col 2° battaglione. Con un caporale, scendo fra gli alberi, ma come stiamo per arrivare sulla strada, quattro austriaci ci arrivano alle spalle con la rivoltella spianata, obbligandoci alla resa. Quindi ci conducono in una baracca dove sono rinchiusi altri prigionieri. Prima di entrare vengo perquisito e privato della pistola e dell'orologio, che vengono presi in custodia da un baffuto e macilento caporale ungherese. L'intero reparto, poco dopo, viene catturato senza poter opporre resistenza.
Siamo raggruppati come pecore lungo la via, senza che il nemico neppure si preoccupi troppo di tenerci in riga, sicuro com'è che non esista per noi alcuna possibilità di fuga. A un punto, riesco a entrare in una baracca, trovandovi diverse cose utili, abbandonate da un ufficiale d'artiglieria che se l'è data a gambe: anzitutto uno zaino, che riempio di maglie, camicie e mutande di flanella; poi degli indumenti quasi nuovi, che indosso seduta stante: una divisa d'artiglieria, un paio di scarpe, dei gambali, alcuni paia di calze e un cappotto. Rientro quindi indisturbato nella fila dei compagni prigionieri. I nostri disattenti controllori di tanto in tanto si risvegliano, sbraitandoci nelle orecchie vari ordini con voce torva e catarrosa. Ubbidiamo per puro istinto di sopravvivenza, infreddoliti, affamati e affranti, trascinandoci passo dopo passo tra mille orrori.
Comincia la nostra prigionia.




Dario Malini


N.B. L'autrice delle illustrazioni è Kataku, giovane e valente artista pisana. 

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Note

1. Il monte Calvario (in sloveno, Podgora) è un'altura (241 metri sul livello del mare) situata a ovest di Gorizia, sulla sponda destra dell'Isonzo.

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