Laboratorio Allegri (3): «Tanto qualche giorno la segatura bisognerà assaggiarla!» (9 - 15 novembre 1916)

Cartolina inviata dall'ospedale
di Bologna il 9/11/1916

L’altro giorno il cavallo m’ha fatto un brutto scherzo, impennandosi all'improvviso e gettandomi quasi a terra. Uscito pressoché illeso dall'incidente, ho comunque marcato visita, ed ora, 11 novembre, eccomi di nuovo a Ferrara dopo essere stato per tre giorni in osservazione all’ospedale principale di Bologna dove ho ben provveduto ad accentuare gli effetti della potenziale caduta. Ancora non so nulla dell’esito ma non ci spero granché.
Nell'ultima lettera della mamma, vengo a sapere che Dino mi ha spedito delle sigarette: mossa, temo, azzardata, poiché raramente tali mercanzie giungono nelle mani del destinatari dei  pacchi. Nella stessa missiva mi si dice che il papà  insiste affinché, la sera, vada a mangiare in trattoria, ma io non muterò regime perché quello che seguo attualmente mi sembra tollerabile. Al rancio che danno in caserma, che consumo assieme ai compagni, aggiungo un po’ di salame acquistato a parte, il caffelatte, in cui intingo un chifellino, e, da domani, anche un ovo sbattuto nel latte, che mi verrà servito dalla signora Calabresi, inevitabilmente condito da una congrua dose di balordaggini. In trattoria dovrei invece cenare da solo, senza poterne uscire prima delle sette, impossibilitato a quell'ora a recarmi in visita da chicchessia. Infine, ed è forse la ragione principale che mi spinge a rifiutare il consiglio paterno, non mi va proprio di domandare tanti soldi ai miei familiari, così rispondo loro, semplicemente, che continuerò come sono avvezzo fare, poiché «se mi abituassi a far la vita del michelaccio, come si dice, sarei poi a disagio nel caso fossi costretto a tornare al precedente regime».

Pontelagoscuro

Passano i giorni e quasi  non me ne accorgo, tutto mi sembra avvolto in una densa nebbia che sfuma ogni sensazione e impedisce al cuore di battere e all'orologio di ticchettare alla velocità consueta. Già è un mese che sono soldato e mi sembra non sia trascorsa una settimana. Della visita subita a Bologna ancora non so niente, non più, comunque, della fine che hanno fatto le sigarette di Dino. 
Domenica scorsa, 12 novembre, alle ore 20, cinque aeroplani nemici hanno sganciato venti bombe a Pontelagoscuro (nota 1). Ho sentito distintamente, con un inedito senso di smarrimento, gli scoppi e i colpi delle artiglierie di difesa. 

Lettera del 15/11/1916
È avvenuto un caso pietoso: un tenente di vascello comandante della difesa al Ponte appena ha ricevuto l’allarme ha voluto recarsi di corsa dalla sua batteria. Era affetto da vizio cardiaco, e quella corsa gli fu fatale perché appena giunse sul posto cadde a terra morto. Sembra incredibile ma è uno dei molti casi rivelatori di come molti soldati che dovrebbero essere lasciati a casa sono invece considerati idonei all’eleganza in grigioverde. Il racconto è certissimo poiché mi è stato confermato anche da Gino, nel corso dell’ennesima partita a scacchi che ho perduto. In questa stessa riunione è avvenuto un altro fatto degno d’essere annotato. Appena prima che uscissi, Gino mi fa: 
- «Caro Attilio, credo sia ora di darmi del “tu”, poiché ormai ci conosciamo». 
- «Signor tenente, non posso. Il regolamento di disciplina vuole che si dia del “lei” a tutti gli ufficiali». 
- «Se non mi obbedisci, ti consegno».
Cosa dovevo fare? Gli davo del “lei”, ora gli do del “tu”. 

La guerra è, nonostante tutto, un mostro portentoso che accende la curiosità degli uomini, così ieri sera, 14 novembre, Gino e io abbiamo concordato di recarci al Ponte, in tram, per osservare con i nostri occhi gli effetti delle bombe. All’arrivo era però ormai troppo buio e non abbiamo potuto vedere nulla. Ho comunque voluto percorrere il ponte per passeggeri, passando nella sponda in provincia di Rovigo. Cos’è il Po di sera, in piena, come si trova ora! Sentirlo infrangersi contro i piloni del ponte dà una sensazione indicibile di piccolezza. Il livello delle acque è superiore di un metro a quello della pianura tutt’attorno: se si rompesse l’argine, l’acqua arriverebbe di certo sino a Ferrara che, per questa ragione, è cinta da bastioni di terra alquanto alti. 

Intanto l'immane conflitto (che, ne abbiamo tutti costante cognizione, ci attende famelico) va avanti. Ho saputo dalla «Provincia» della morte dell’amico sottotenente Candido Cresseri. La notizia m’ha fatto un’inimmaginabile impressione: povero Candido! Ma qui, come nell’antica Grecia, “tutto scorre” e neppure le emozioni più sincere sembrano poter persistere più di poche ore ore nella scatola cranica.
Mi hanno consegnato or ora una lettera del babbo che la censura non ha potuto addentare, poiché ne ha celato alcuni contenuti in forma di rebus: il censore (il quale, come in una caricatura, sarà stato certo miope e un po’ gobbo) ha dimostrato in pieno la sua poca perspicacia, omettendo di annerire alcuni pensieri che certamente non gli sarebbero piaciuti. Restando ancora in tema di letture, ho sfogliato, con grande piacere, il libro di chimica e quello di filosofia che mi sono finalmente giunti da casa. Ecco un ottimo modo per scongiurare l’istupidimento cui inevitabilmente conduce questa vita. 

Lettera del 15/11/1916

Ho iniziato a saltare la barriera col cavallo, esercizio che un tempo mi sarebbe parso oltremodo rischioso. Tutto merito della placida filosofia che, assistendomi da qualche tempo, mi fa dire con un’alzata di spalla: «Che sarà mai? Tanto qualche giorno la segatura bisognerà assaggiarla!». 


---------------
Note

1. Pontelagoscuro, frazione del comune di Ferrara, ha avuto un destino assai travagliato nel Novecento. Dopo aver subito diversi attacchi nella Prima guerra mondiale, nella Seconda divenne il bersaglio delle bombe degli alleati, che, nel 1944, cancellarono ogni traccia dell'antico borgo.

Nessun commento:

Posta un commento