Ricky Tognazzi: «Lassù le parole hannoun significato più profondo»
Ricky Tognazzi è pronto per la salita alla conca della Baracca delle Fortificazioni, alla Costa di Casamadre sopra Ponte di Legno, per l’appuntamento più atteso dell’XI edizione di«Passi nella neve». Domani mattina alle 10.30 Tognazzi leggerà tra le cime dell’alta Valle Camonica «Grande o fetente, è la guerra!». Il testo è tratto dal diario di un giovane ufficiale che racconta le sue esperienze sui fronti del primo conflitto mondiale, dalle giornate seguite alla disfatta di Caporetto dell’ottobre 1917 fino al ritorno a casa dopo la conclusione del conflitto.
È la prima volta che propone un reading ad alta quota?
Sì, è un’esperienza che mi mancava, ho girato sempre per piazze e teatri. Questo invece è un teatro naturale, emozionante: uno spazio con una grande potenza drammaturgica, dove le parole acquistano un significato più profondo.
Cosa l’ha attirata del testo?
Il dovermi mettere nei panni di un soldato che ha vissuto momenti così drammatici: per un verso lontani nel tempo perché legati alla strage della Grande Guerra; ma in un certo senso anche vicini, perché oggi assistiamo a eventi di guerra dall’altra parte del Mediterraneo che potrebbero arrivare anche in casa nostra. Quindi, oltre che patrimonio di memoria, queste letture sono un monito per il presente.
Come pensa di affrontare la lettura?
Cercherò di non essere troppo retorico, soprattutto nelle parti più drammatiche, ma nemmeno di affidarmi al minimalismo di una lettura priva di pathos. Vorrei trovare un equilibrio che possa evocare l’emotività del momento, senza forzature. È un risultato non facile da raggiungere: per me spesso è più difficile leggere un testo che recitarlo.
Lei ha ripercorso, da regista, alcune vicende drammatiche della storia italiana: ultima la miniserie su Boris Giuliano trasmessa in maggio da Rai1. Cosa la spinge a queste scelte?
La realtà mi interessa più di ogni altra cosa, come avviene per altri registi della mia generazione. Io ho cercato di riappropriarmi di una realtà legata ad eventi del passato prossimo: come la vicenda di Boris Giuliano, a rischio di essere dimenticata dai più, mentre è stato il precursore di eroi antimafia come Falcone e Borsellino che hanno ereditato i frutti del suo lavoro. Mi interessa la storia d’Italia, e quella degli eroi loro malgrado, uomini che in solitudine hanno supplito a un compito che avrebbe dovuto essere svolto dalle istituzioni.
Quest’anno è anche tornato a recitare a teatro, insieme a sua moglie Simona Izzo: come è andata?
Molto bene, un grande successo. Era una commedia, «Figli, mariti, amanti...», scritta da mia moglie e diretta da me. Ci siamo divertiti a mettere in scena le nostre nevrosi quotidiane, proponendo una sorta di analisi su cosa significhi essere coppia oggi: perché siamo astronauti che esplorano nuove geografie sentimentali.
Ora a cosa sta lavorando?
Stiamo montando il nuovo film di Simona, tratto dal suo libro «Baciami per sempre», con Barbara Bobulova e Max Gazzè. L’abbiamo girato quest’estate e dovrebbe uscire con l’anno nuovo. È anche questa una storia su un microuniverso di coppie che potrebbero anche scoppiare.
Nicola Rocchi
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