Metamorfosi di guerra: mostra di opere d’arte originali della Prima Guerra Mondiale.

La Grande Guerra ha prodotto un’imponente mole di rappresentazioni visive: fotografie, filmati e opere realizzate da artisti con procedimenti non meccanici. Una fioritura iconografica senza precedenti che evidenzia come al primo conflitto globale venne riconosciuto fin da subito la qualità di evento epocale di cui bisognava conservare memoria.
La mostra Metamorfosi di guerra, ospitata dal 4 al 19 novembre 2011 presso la sede della cooperativa “La Speranza” di Cassina de’ Pecchi, presenta un’ampia selezione di disegni, dipinti, incisioni e litografie realizzati nelle trincee, nelle retrovie e in prossimità delle aree di guerra da pittori-soldato o da artisti testimoni. Si tratta di opere rare e inedite, provenienti dai fronti occidentale e italiano e, in misura minore, da quello orientale e balcanico.
Il rinvenimento di queste testimonianze è stato reso possibile grazie alla paziente attività di recupero promossa, nell’arco di quasi un decennio, dall’associazione “ArteGrandeGuerra”, i cui esiti vengono messi a disposizione del pubblico con regolarità tramite specifiche attività culturali e puntuali aggiornamenti in questo sito (www.artegrandeguerra.it). L’attività di ricerca dell’associazione, che riguarda opere d’arte e opere letterarie, ha recentemente prodotto l’uscita del testo Il sorriso dell’obice di Dario Malini, Mursia editore. La pubblicazione di questo diario di guerra è seguita al fortuito ritrovamento della corrispondenza dal fronte di un giovane soldato-pittore romano: Walter Giorelli. La prosa arguta e raffinata, la notevole libertà di pensiero e la non comune capacità di penetrazione dell’animo umano del giovane militare fanno di questo testo un autentico capolavoro letterario. Alcune frasi del soldato Giorelli, caduto a Plava il 23 novembre 1916, commentano le sezioni della mostra cassinese, intessendo un intenso dialogo tra testi e immagini.

Le sezioni della mostra
Il percorso espositivo si articola in quattro ampie sezioni tematiche, in ciascuna delle quali la guerra viene osservata nei suoi effetti e nelle trasformazioni che ha prodotto sui combattenti (sezione I: I soldati), sull’ambiente (sezione II: Il paesaggio devastato) e sulla società (sezioni III: I bambini; sezione IV: Le donne).

Sezione I: I soldati
La vita dei soldati è documentata da un numero consistente di opere. Si tratta di immagini prive di retorica, nelle quali trova espressione una gamma variegata di emozioni esprimenti disagio, paura, angoscia, ma anche coraggio e forza d’animo. Gli avvenimenti vi sono colti nella prospettiva parziale e frammentaria del singolo combattente. “Soldati in trincea” è il titolo assegnato al primo nucleo di queste rappresentazioni. Esse trattano il tema dell’inazione che caratterizza l’esistenza del soldato nei lunghi periodi di stasi che separano un combattimento dall’altro. 
fig. 1
La precarietà e l’insicurezza sono i motivi dominanti di questi lavori, tra i quali citeremo due disegni realizzati nell’inverno 1915 da artisti degli opposti fronti di guerra: Tranchée (n° 1) del francese Georges Victor Hugo (Bruxelles 1868-Parigi 1925), nipote dell’omonimo e celebre scrittore, e Frankreims, 1 novembre 1915 (n° 2) del tedesco Kurt Opitz (Lipsia 1887-1960). In entrambi gli uomini, come animali in gabbia, trascinano la loro esistenza in una dimensione sospesa ed effimera.
fig. 2
La staticità che caratterizza tali scene si contrappone al movimento delle rappresentazioni di battaglia, presentate nel secondo nucleo della sezione, intitolato “Soldati all’attacco”. Dinamici al massimo grado appaiono, ad esempio, i soldati tratteggiati dagli artisti espressionisti tedeschi Walter Teutsch in L’assalto dei bavaresi e Ernst Barlach in All’assalto del 1916 (n° 3). I fanti caricano alla baionetta, preda di un vero e proprio furore guerriero: sono macchine di distruzione senza più alcun barlume di umanità.
fig. 3
La realtà spersonalizzante della guerra raggiunge l’apice nelle raffigurazioni che ne enfatizzano l’aspetto meccanico. Un tema, questo, che trova ampio sviluppo nell’opera dell’artista-soldato André Devambez, di cui sono esposte alcune acqueforti nel terzo nucleo della sezione volta a documentare la vita dei soldati, denominato “La guerra meccanica”. A titolo esemplificativo citeremo l’opera Un schrapnell (n° 4), nella quale si evidenzia la forza distruttiva delle macchine mentre il nemico resta invisibile, percepibile solo negli effetti della sua azione incessante ma anonima.
fig. 4
La spietata realtà della guerra ha mostrato straordinari e luminosi episodi di generosità tra i soldati. Con modalità diverse gli artisti hanno spesso tentato di rappresentare questi eventi minimi di solidarietà tra gli uomini che, al di là d'ogni calcolo utilitaristico, si dispiega anche in mezzo alla tragedia e all'orrore. È questo il tema dell’ultimo nucleo di opere della sezione in analisi, intitolato “Soccorso”, qui esemplificato dalla litografia Les deux amis (n° 5) del maestro francese Théophile-Alexandre Steinlen. Dalla composizione essenziale, l’opera costituisce una sentita e incisiva testimonianza della solidarietà che sussiste tra i militari anche nel contesto spersonalizzante della guerra.
fig. 5
Sezione II: Il paesaggio devastato
Gli effetti delle armi moderne sul paesaggio hanno destato grande impressione nei combattenti. L’approccio degli artisti a tale tema è molto vario: se alcuni intendono semplicemente documentare gli sconvolgimenti del territorio a seguito della battaglia, altri proiettano nei luoghi sfregiati dalle armi lo stato d’animo degli uomini che ne sono gli artefici. Le rappresentazioni di questo genere sono sovente improntate a un carattere visionario e apocalittico. Tra i soggetti paesistici esposti, aventi per tema la natura mutilata e trasfigurata dalla distruzione, si colloca Champagne Bois 207 (n° 6), eseguita nel 1917 dal pittore Alfred-Victor Fournier, raffigurante desolate pianure della Champagne: dopo l’infuriare dei bombardamenti, le selve e i campi hanno subito un’impressionante metamorfosi, sono tramutati in lande desertiche recanti nella vegetazione disseccata e straziata i segni della mutilazione.
fig. 6
Nell’ambito dell’incisione della guerra, tra gli artisti-soldati combattenti sul fronte occidentale, in particolare in Belgio e in Francia, ha avuto un ampio sviluppo la raffigurazione delle rovine dei monumenti architettonici. Tale produzione viene a costituire una sorta di filone a se stante, caratterizzato da una vena singolare che reca significativi punti di contatto con la poetica romantica del rovinismo. Le cattedrali gotiche e i monumenti storici dei secoli passati rappresentati nelle incisioni della Grande Guerra sono immagini che spesso, a differenza di altri tipi di raffigurazioni, non evocano l’orrore del presente ma appaiono piuttosto contrassegnate dalla bellezza e dalla grandiosità, dalla magnificenza che le architetture antiche continuano a suggerire anche nel loro disfacimento. Prendiamo ad esempio l’acquaforte esposta in mostra, raffigurante L’Eglise de Flirey di Leopold Poiré del 1915 (7), in cui si documentano gli effetti dei violenti bombardamenti che ridussero a poche vestigia la chiesa, ubicata in un villaggio della Lorena, a meno di un km dal fronte. 
fig. 7
L’edificio nella stampa conserva ancora tutta la sua imponenza, anche se la torre della facciata risulta sventrata e un cumulo di macerie ostruisce l’ingresso principale. La straordinaria qualità artistica del segno, dal ductus morbido e fluente, conferisce risalto alla bellezza in dissoluzione, mentre i passaggi chiaroscurali accentuano il dramma in atto, il senso del divenire, della trascorrenza. Pieni di gravità si ergono i platani in primo piano, che con i loro rami spogli sembrano alzare un canto funebre, lugubre e al contempo magnifico.

Sezione III: I bambini
La raffigurazione dell'infanzia appare, con diversissime intonazioni, in un gran numero di opere eseguite nel periodo della Grande Guerra.
I bambini sono stati sovente rappresentati dagli artisti di guerra come la parte più vulnerabile della società, ora vittime delle aggressioni tedesche nei villaggi in prossimità dei luoghi dei combattimenti (Fiandre, Russia, Francia), ora soggetti alle privazioni, al freddo, ai disagi nelle città dei paesi belligeranti. Abel Pann (1883-1963) ha dedicato numerose opere alle condizioni dei bambini in guerra. In particolare, in una serie di litografie, alcune delle quali presenti in mostra, tratte da disegni eseguiti nel 1916 sul fronte russo, egli documenta con forza le angherie dei militari nei confronti dei civili. Sono situazioni di ordinaria follia nelle quali la violenza va a minare la vita quotidiana delle persone. Nella fig. n° 8, Eccolo là, fa presto, nascondi la tua bambola, Simona!, un soldato dall’elmo puntato, simile a un cacciatore che vada a scovare una preda, si appresta ad arrampicarsi nella stanza al piano alto di una casa. 
fig. 8
Le sue piccole vittime sono lì, ed il loro puerile allertarsi per il salvataggio della bambola denuncia, più d’ogni discorso razionale, la follia di ciò che seguirà. In altre opere, Pann raffigura dei civili non inermi, mentre tentano un’estrema e disperata difesa di salvare sé e i propri figli. Ne Il massacro (n° 9), il soldato di spalle, appena visibile sulla sinistra, che si defila dopo avere compiuto un’atroce carneficina non è uno specifico individuo riconoscibile, ma l’essenza stessa della barbarie guerresca: un essere che ha perso la sua umanità e s’è fatto ingranaggio di una immane macchina distruttiva.
fig. 9
La Grande Guerra nell’immaginario dei bambini rappresentò sovente il più fantastico ed eccitante dei giochi. “Giocare alla guerra” è d'altronde una pratica antica e diffusissima dei bimbi d’ogni nazione. Negli anni del conflitto una copiosa produzione di opere grafiche ripresero tali passatempi infantili: realizzate tramite la tecnica della litografia a colori, erano espressamente concepite per avere ampia divulgazione e destinate ai bambini stessi. Un’ambiguità sottile si ravvisa in questo genere di rappresentazioni, oscillanti tra un intendimento ludico e una volontà propagandistica volta a instillare nelle menti dei più piccoli dei sentimenti di parte, a forgiare in loro una mentalità militaresca. Tra le opere esposte in mostra in questo nucleo, denominato “La guerra dei bottoni”, vi proponiamo una litografia del 1916 di Gaston Marechaux (n° 10). 
fig. 10 (Ogni volta che c'è un attacco, quello deve fare la pipì...)
Si tratta di un’immagine vaporosa nel registro cromatico come nei contenuti, venata di una delicata e divertita ironia scaturente dall’accostamento di due registri contrapposti: quello duro e inflessibile della guerra (in cui si sentono gli echi dei discorsi degli adulti) e quello lieve e puerile dell’età infantile. Anche le immagini destinate ad illustrare racconti di guerra per l’infanzia offrono in qualche caso materiale di un certo interesse, specialmente laddove interviene la mano di un geniale illustratore come Eugenio Colmo soprannominato Golia. In proposito, presentiamo un suo disegno (n° 11) realizzato per il racconto di Francesco Sapori Chi s’alza perde il posto, facente parte della raccolta Gli austrici senza rancio e di 22 asinelli prigionieri. 
fig. 11
Drammatica, potente, icastica, questa rappresentazione è incentrata sulla figura di un soldato allampanato e beffardo affiorante dal solco di una trincea; la battuta che pronuncia (che è ripresa nel titolo del racconto stesso) è come una sferzata, in cui è condensato tutto ciò che compete sapere a chi combatte in prima linea: sbagliare anche un solo movimento è fatale. Una lezione di vita da imparare fin da piccoli.
La sezione si chiude con uno sguardo intorno al modo in cui i bambini vedevano effettivamente la guerra. A tale proposito viene esposta l’interessante testimonianza offerta da una serie di disegni eseguiti da un bambino triestino. Di questo artista in erba conosciamo solo la sigla K.E. che appone su alcuni fogli e il periodo d'esecuzione di alcuni suoi lavori, il 1916 e il 1917, date che talvolta vi compaiono. Irresistibilmente attratto dai potenti mezzi che solcano i cieli ed il mare, vi riprende navi militari, circondate da esplosioni (n° 12), aerei italiani in volo in procinto di bombardare una nave, o ancora bombardamenti aerei in una campagna dove imperversa la guerra di artiglieria.
fig. 12


Sezione IV: Le donne
La guerra strappa il soldato dall'esistenza familiare, catapultandolo in un mondo disumano. I contatti con la casa si allentano, limitati ai rari periodi di licenza e al filo tenue della corrispondenza epistolare, canale condizionato dalla censura e, per certi versi ancora di più, dall’autocensura. In questa separazione forzata dalla vita quotidiana, dagli affetti, dall’amore, l’esistenza può ritrovare un volto umano solo nella vicinanza dei camerati, che vengono a costituire una sorta di “nuova famiglia” tutta al maschile dove la donna è pressoché assente. L’immagine femminile nell’universo militare riaffiora quale evocazione della mente e dei sensi.
Diverse opere di artisti-soldato e artisti-testimoni, in gran parte inedite, realizzate nel corso del conflitto sono presenti in mostra a documentare questo importante tema. Alcuni disegni anonimi facenti parte di un corpus appartenente alla mano di un soldato della Grande Guerra, come si evince dalla data 10/3/16 e da una iscrizione presente su uno di essi: «Les artistes de guerre», sono in gran parte nudi di donna caratterizzati da notevole senso artistico, eleganza, maestria del segno e attenzione alla dimensione psicologica. Nella figura n° 13 viene ripresa una modella stante adagiata per terra, con il braccio poggiato ad uno sgabello. 
fig. 13
Il contrasto tra l’ombra che le attraversa lo sguardo e la luce che ne mette in risalto le rotondità, emana una prorompente carica sensuale e vitale. Vagheggiato talvolta con nostalgia, più spesso ambito e agognato, il corpo femminile è raffigurato in opere di questo tipo quale oggetto di desiderio. La tipologia di donna che vi corrisponde è quella della prostituta, costante presenza femminile che accompagna il militare nella concreta quotidianità bellica. Del tutto differente è la figura dell'infermiera, presenza spesso confortante per il soldato, parte di un mondo che si oppone a quello crudele dei combattimenti, dominati dalle leggi dell’effimero, dove la vita si dissolve come un soffio. Dolce e rassicurante è, ad esempio, l’infermiera ripresa in un’incisione di Henry De Groux, datata «1916», tratta dalla importante serie intitolata Le Visage de la Victoire (n° 14)
fig. 14
Il sorriso ricolmo di fiducia e di speranza della ragazza è in sé un medicamento, un antidoto per il soldato che giace ferito nel letto al suo cospetto. Essa è apparentabile a quelle delle donne della casa lontana, alla madre, alla sorella o alla sposa che attendono il ritorno del figlio, del fratello o del marito partito soldato al fronte. Figure, queste, che svolgono anch’esse, seppure in un modo diverso, una funzione idealmente protettiva nei confronti del combattente loro congiunto. Attraverso il governo della casa, e poi tramite il sostegno morale, il contatto epistolare o anche soltanto con la preghiera, esse costituiscono un caposaldo di stabilità dentro l’universo della guerra. Ma la guerra moderna travolge ogni costruzione consolatoria. Così, nella litografia n°15, Kathe Kollowitz ha scolpito il proprio volto con i segni vivi del dolore per la perdita del figlio, combattente nella Grande Guerra.
fig. 15
Riflessioni conclusive
L’indagine condotta attraverso le opere d’arte della Grande Guerra ha portato alla luce aspetti di sorprendente attualità, facendo percepire il primo conflitto globale come un varco di accesso cruciale verso i secoli XX e il XXI. Artisti di nazionalità diversa hanno espresso contenuti esistenziali derivanti dalle condizioni di vita imposte dalla guerra, che risultano fortemente anticipatori di sviluppi della condizione dell’uomo di oggi nella relazione con i consimili e con l’ambiente. La fragilità, l’effimero, l’annullamento dell’io, la mutilazione del paesaggio, le sofferenze inflitte ai deboli sono solo alcuni degli aspetti più significativi sui quali la mostra fornisce degli stimoli di riflessione per il visitatore che a sua volta può ricavarne altri dalla fruizione personale delle opere. 


Carol Morganti

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