I bambini sono stati sovente rappresentati dagli artisti di guerra come la parte più vulnerabile della società, ora vittime delle aggressioni tedesche nei villaggi in prossimità dei luoghi dei combattimenti (Fiandre, Russia, Francia), ora soggetti alle privazioni, al freddo, ai disagi nelle città dei paesi belligeranti.
Abel Pann (1883-1963), di famiglia ebrea, combattente volontario nell’esercito francese, ha dedicato numerose opere alle condizioni dei bambini in guerra. In particolare, in una serie di litografie, tratte da disegni eseguiti nel 1916 sul fronte russo, egli documenta con forza le angherie dei militari nei confronti dei civili. Sono situazioni di ordinaria follia quelle che l’artista raffigura, nelle quali la violenza va a minare la vita quotidiana delle persone, facendo all’improvviso irruzione all’interno delle loro abitazioni.
Fig. 1 |
Nella fig. 1, Eccolo là, fa presto, nascondi la tua bambola, Simona!, un soldato dall’elmo puntato, simile a un cacciatore che vada a scovare una preda, si appresta ad arrampicarsi nella stanza al piano alto di una casa. Le sue piccole vittime sono lì, ed il loro puerile allertarsi per il salvataggio della bambola denuncia, più d’ogni discorso razionale, la follia di ciò che seguirà.
In altre opere, Pann raffigura dei civili non inermi, mentre tentano un’estrema e disperata difesa di salvare sé e i propri figli.
Nella fig. 2, Civili in armi, la donna armata di fucile, nascosta dietro la sua casa, si sporge a osservare l’infuriare di una battaglia. Con lei vi è una bimba impaurita che si protegge tenendo stretta a sé una bambola. Lo spettatore si fa emotivamente partecipe di questo dramma e della speranza di salvezza.
Ne Il massacro (fig. 3), il soldato di spalle, appena visibile sulla sinistra, che si defila dopo avere compiuto un’atroce carneficina non è uno specifico individuo riconoscibile, ma l’essenza stessa della barbarie guerresca: un essere che ha perso la sua umanità e s’è fatto ingranaggio di una immane macchina distruttiva. Le sue vittime sono probabilmente un’intera famiglia: una madre, i suoi due figli e una terza persona appena tratteggiata al suolo, tutti giacenti presso un muro che delimita i confini del loro villaggio.
Fig. 2 |
Fig. 3 |
Rappresentazioni come queste producono nello spettatore un’istintiva reazione di ripugnanza, in contrasto stridente con il tocco vivace delle note cromatiche che connotano i paesaggi e gli abiti dei personaggi, fantasmi di una serenità inesorabilmente destinata ad essere travolta.
Un altro straordinario testimone delle tragedie belliche è stato Henry De Groux (1866-1930) che nelle sue opere di guerra (litografie e acqueforti) ha ripreso con grande intensità i drammi dei civili in prossimità del fronte e a Parigi. Qui alcuni bombardamenti nemici avevano costretto gli abitanti a cercare rifugio nei sotterranei e nelle cantine, da dove assistettero impotenti agli eventi, atterriti dal frastuono tremendo e dal pericolo di crolli che li avrebbero seppelliti nei loro rifugi.
Nella scena di fig. 4, Madre con bambini in un rifugio, è raffigurata una madre che tiene stretti intorno a sé i suoi tre figlioli cercando di dare loro protezione e conforto. I loro occhi infossati, gli sguardi impauriti e invocanti aiuto, denunciano le dure condizioni imposte, in particolare, ai più deboli, già provati dalla scarsità di cibo e dalla lontananza dei capofamiglia impegnati a combattere al fronte. Condividono lo spazio del rifugio due altre persone, visibili nello sfondo. Una scala che dà accesso all’esterno, due botti giacenti in primo piano sono i soli elementi che delineano l’ambiente, pervaso da un senso di cupezza accentuato dai forti contrasti chiaroscurali.
Fig. 4 |
Carol Morganti
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