Come si vede, si tratta di una scelta "bassa", "umile", "disadorna come la tenuta del fante", in coraggiosa controtendenza rispetto ai ricercati virtuosismi poetici dell'imperante dannunzianesimo. Ed è probabilmente anche per questo che, letti oggi, questi versi non suonano affatto vecchi, sostenuti come sono da una musicalità schietta e di grande freschezza, che le non infrequenti cadute retoriche e patriottiche offuscano solo in parte e solo laddove diventano davvero troppo invadenti.
Il poema segue passo passo, attraverso le stagioni, alcune compagnie di fanti stanziate nella zona del basso Isonzo. Il culmine della narrazione è rappresentato dalla notte del 7 agosto, data dell'azione militare che condurrà l'esercito italiano dentro Gorizia.
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Chi dette il segnale?
tutti i settori tacevano...
ed ecco sonare lo stormo.
Cominciarono le bombarde
con abbai, con rugli, con schianti.
Sbucavano dappertutto,
coll'ali sui torsi pesanti;
traballavano in aria,
e poi giù, strepitando,
a divorare le trincee,
a stritolare i sassi,
a fondere i reticolati.
Uomini e melma,
ferri e pietre,
tutto tritavano, urlando,
tutto rimescolavano,
sfragnendo e pestando,
come dentro le madie
gigantesche delle doline
impastassero il pane
della vittoria
per la fama del fante.
Lasciata la trincea, l'enfasi nazionalistica appesantisce non poco il procedere dei versi, che tuttavia poggiano su un sentire ingenuo e sincero:Avanti, avanti verso Gorizia, la cui miracolosa apparizione chiude il poema.
Dario Malini
***
Terminiamo proponendovi uno stimolante confronto tra due modi diversissimi di raccontare il medesimo episodio. Dopo i versi del Locchi, la Battaglia di Gorizia ci viene narrata anche dal soldato Walter Giorelli: per leggere questo scritto, tratto da Il sorriso dell'obice cliccare qui.
grazie mi soccorrete a capire .a
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