La raffigurazione dei feriti come denuncia degli orrori della guerra

Rari furono gli artisti che seppero dare adeguata rappresentazione ai massacri della Grande Guerra. Tra di loro, quelli che hanno lasciato le testimonianze più significative e pregnanti sono sovente da ricondurre al movimento dell'espressionismo. In questo breve intervento ci concentreremo su due veri capolavori, prodotti in questo ambito, la cui forza espressiva e il cui significato assumono il valore di monito universale contro la guerra.

Fig. 1 Max Beckmann, Una granata, 1915, puntasecca

La prima immagine in esame, intitolata Una granata, è un’incisione alla puntasecca di Max Beckmann (Germania, 1884–1950), risalente al 1915, prodotta nel contesto dei primi attacchi con il gas venefico (fig. 1). Il soldato Beckmann partecipò direttamente a questi eventi, a seguito dei quali fu colpito da una grave depressione nervosa. 
Ma osserviamo l'opera.
A prima vista sembra di percepire solo la confusione dei segni e delle linee. Solo dopo un po' si riesce a cogliere il fulcro compositivo della scena, individuando - in alto a destra - la sfera pulsante che simboleggia l'esplosione di una granata. Da quel punto si dipartono una serie di linee che si espandono con furore in tutte le direzioni, andando ad aggredire lo spazio del foglio, sezionandolo brutalmente in regioni che condensano e mettono in evidenza gli effetti spaventosi dello scoppio. In primo piano vengono esibiti i corpi lacerati di tre combattenti. La guancia di uno di questi gronda sangue, come mostra l’addensarsi dell’inchiostro, la mandibola dell'uomo che l'affianca è fracassata, mentre il terzo soldato pare ripiegarsi su se stesso, in un gesto di estrema quanto illusoria protezione. 
Osserviamo ora attentamente, una dopo l'altra, le altre scene di questa sequenza atemporale di orrori. Penetreremo - dolorosamente - in un spazio fisico, che è anche psicologico, di desolazione, violenza e insensatezza.
Con quest’opera Beckmann voleva denunciare le inedite atrocità che la guerra in corso andava generando. Le deturpazioni dei corpi rappresentati con così grande vigore espressivo sono come lame affilate che intendevano (e intendono) scalfire l'indifferenza dell'osservatore.
  
Fig. 2 Otto Dix, Un ferito, 1924, acquaforte e acquatinta
La seconda opera che proponiamo è l’incisione Un ferito di Otto Dix, pubblicata nel 1924 all'interno della raccolta Der Krieg (fig. 2). Anche questa immagine riprende una circostanza reale. Dix combatté infatti nella Grande Guerra, raccogliendo nei luoghi delle battaglie diversi schizzi e ricordi che rielaborò successivamente. In questo caso la situazione è da riferirsi alla battaglia della Somme, nei pressi del comune francese di Bapaume, nell'autunno del 1916. Raffigura - in una ripresa di inimmaginabile crudezza - un soldato con il ventre lacerato da una granata. Investito dalla forza invincibile dell’esplosione, il cui contraccolpo gli ha fatto ricadere l’elmetto all'indietro, il corpo dell'uomo espone oscenamente allo sguardo dell'osservatore l’enormità di quel solco, mentre nel suo volto, come in una maschera deformata, si imprime indelebilmente la sorpresa e lo strazio per una fine tanto disumana e repentina. 
Le opere che Otto Dix ha dedicato alla Grande Guerra, pubblicate a diversi anni dalla fine dei combattimenti, intendevano riportare alla luce delle coscienze i terribili fatti che avevano caratterizzato gli scontri, rammentandone le atrocità a una società che sembrava invece intenzionata a rimuoverli o a mistificarli.


Carol Morganti


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