Film americani e australiani sulla Grande Guerra degli anni Ottanta



Cominciamo citando il film americano Mata Hari (Un corpo da spiare), uscito nel 1985, ulteriore versione della frequentatissima vicenda dell'attraente danzatrice (ed agente segreto) olandese. Il regista della pellicola, il noto autore di film horror Curtis Harrington, qui non è al suo meglio, secondo molti critici, con un copione che miscela con poca inventiva la spy story al genere erotico (nota 1).


Il dramma storico, made in USA, 1918, di Ken Harrison, ambientato in una cittadina texana (l'immaginaria Harrison), stravolta dalle conseguenze della guerra e falcidiata dall'epidemia di “spagnola”, mette in scena una storia collettiva, raccontata attraverso la vicenda familiare di Horace ed Elizabeth Robedaux, che devono fare i conti con gli effetti del conflitto per poter ritrovare la via della speranza (nota 2).

Proseguiamo la nostra rassegna con due interessanti film australiani.


Gallipoli (Gli anni spezzati) di Peter Weir, nelle sale dal 1981, sceglie di raccontare la campagna di Gallipoli (fallimentare e sanguinosa operazione militare intrapresa dall'esercito alleato per permettere alle navi britanniche di attraversare lo stretto dei Dardanelli con l'obiettivo d'occupare Costantinopoli) dal punto di vista di alcuni giovani volontari che, desiderosi di lasciare il bush australiano, si arruolano nelle truppe britanniche. Spinti da una visione romantica della guerra, i giovani Archy e Frank, rivali nelle gare di corsa ma amici nella vita, entrano non senza difficoltà nell'esercito (all'inizio uno in cavalleria e l’altro in fanteria poi entrambi in cavalleria), ritrovandosi, allo sbarco nella penisola di Gallipoli, sotto un massacrante fuoco turco. Il loro battaglione riceverà l’ordine di assaltare alla baionetta le imprendibili postazioni dei turchi, finendo per essere massacrato. La parte più avvincente del film non è costituita dalle scene di battaglia, ma dal racconto del progressivo avvicinamento all'evento bellico, immaginato dai giovani, e reso nelle riprese di Weir, come evento "magico", con i personaggi che attendendo il battesimo del fuoco, quasi galleggiano, come sospesi in un liquido amniotico. Weir schizza con mano robusta l’odissea tragica dei giovani australiani, che attraversano il film a passo di corsa, nel tentativo forse d'affogare la loro vicenda nel ritmo vorticoso di un'azione che non conosce tregua se non nel fotogramma finale, che si blocca su se stesso e chiude – assieme al film – anche il tempo della Storia (nota 3).


Lighthorsemen (Attacco nel deserto), di Simon Wincer,  è un film del 1987, dedicato alla cavalleria leggera australiana. Ne vengono mostrate le drammatiche e sanguinose peripezie nel corso della scoraggiante campagna di guerra del 1917 nel deserto della Palestina. In particolare, la pellicola si sofferma su quattro lighthorsemen, Frank,  Scotty, Chiller e Tas, della 4.a Brigata delle forze britanniche di Cavalleria leggera. Narrazione bellica d’avventura degna di nota, filmata con destrezza, forse un po’ prolisso e schematico nella caratterizzazione dei personaggi, ma con delle sequenze d’azione e di battaglia di notevole impatto visivo, come la carica cruciale su Beersheba, davvero spettacolare e coinvolgente (nota 4).




Stefano Cò



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Note
1) Protagonista di Un corpo da spiare è Sylvia Kristel, impegnata nella difficile impresa d'interpretare Mata Hari dopo attrici del calibro di Greta Garbo, Marlene Dietrich e Jeanne Moreau, ma, dice il Morandini, «finché sta ferma e ben vestita, S. Kristel è passabile». Per una valutazione complessiva del cinema di Harrington, anticonformista e sperimentatore, del suo prediligere l’horror come passepartout per penetrare nelle pieghe “proibite” di altri generi, un cinema che induce non paura ma vertigine e profondo disagio, la sua attenzione per le pulsioni segrete e inconfessabili e le personificazioni femminili come unici soggetti che si stagliano nel «buio» della realtà, archetipi irraggiungibili, vedi la scheda di Adelina Preziosi nel Dizionario dei registi del cinema mondiale, vol. II, p. 132.
2) 1918 è scritto per la Tv dal commediografo Horton Foote, Oscar 1962 per Il buio oltre la siepe e 1983 per Tender Mercies, e i personaggi principali appartengono alla sua storia familiare (e sua figlia Hallie è la protagonista nella parte della propria nonna). Foote completerà poi l’affresco dedicato alla sua famiglia con altri due Tv movie, realizzati dall’American Playhouse della CBS: "Nel giorno di San Valentino e "Convicts". Prodotto televisivo medio-alto uscito su grande schermo, il dramma conta soprattutto per la suggestiva ricostruzione d’epoca e la bravura, la “valentia” degli attori (notizie dai vari siti cinematografici e dai Dizionari dei film).
3) Per la ricerca della propria identità nazionale dei personaggi de "Gli anni spezzati", il loro desiderio tra il ginnico e il vagamente patriottico che condiziona gli arruolamenti di tanti ragazzi australiani e neozelandesi nei primi mesi della grande guerra, la derivazione dal
territorio coloniale agreste e dei grandi spazi ardi, ma ricchi di pericolo implicito in agguato, e il gusto severo e spietato di Weir vedere Claudio G. Fava, op. cit., pp. 176-177. Per una breve sintesi della storia, il riferimento alla “magia” di alcune scene e al culmine del pathos drammatico nella sequenza conclusiva col montaggio alternato tra il soldato in trincea e l’amico, che porta l’ordine di non attaccare, e lo stop-frame del giovane colpito mentre corre disperatamente all'assalto e una bella immagine simbolica, vedere Roberto Nepoti, op. cit., pp. 290-291. Sui riferimenti all'attesa dell’evento e ai luoghi della corsa dei ragazzi, vedere Gianni Canova, Kangaroo movie: per una fenomenologia del nuovo cinema australiano, in Gianni Canova e Fabio Malagnini, Australia New-Wave, Gammalibri, Milano, 1984, pp. 103-104. Per un’ulteriore e interessante analisi del film e delle sue tematiche, Massimo Benvegnù, Filmare l’anima. Il cinema di Peter Weir, Edizioni Falsopiano, Alessandria, 1997, pp. 84-90.
4) Lighthorsemen, girato in widescreen Panavision, divise la critica. Alcuni critici, come il Morandini, gli imputarono delle caratterizzazioni semplicistiche e una durata eccessiva (anche se fu tagliato per la distribuzione in Usa e in Italia, rispetto alla lunghezza originale della versione australiana di 128 minuti), e il "New York Times" ne segnala una presa di posizione piuttosto ambigua sulla realtà della guerra, che trasforma la vicenda in una sorta di avvenuta bellica pacifista-aggressiva. al contrario, il sito dei commenti critici Rotten Tomatoes gli dà un 80% di “critic rating”, basato su 5 giornali e riviste. Il film è inoltre al numero 83 della lista dell’Australian Film Commission’s Top Australian films at the Australian box office, ha vinto 2 AFI (Australian Film Institute) awards nel 1988 (per la migliore musica originale e per la miglior realizzazione del suono), e ha avuto una nomination per la miglior realizzazione cinematografica. In Italia uscì anche con dei titoli differenti: Gli eroi del deserto e I cavalleggeri del deserto (notizie dalla scheda tratte da Wikipedia inglese e dai dizionari di film in rete).

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