Recensione a "La Grande Guerra di Italo Svevo" (Osservatorio Bibliografico della Letteratura Italiana Otto-novecentesca)

Pregnante recensione al saggio di Dario Malini La Grande Guerra di Italo Svevo. La scoperta di una fonte letteraria ignota de «La coscienza di Zeno» sul numero 32 (anno VIII - inverno 2018) dell'importante rivista letteraria Oblio (Osservatorio Bibliografico della Letteratura Italiana Otto-novecentesca), periodico trimestrale, edito da Vecchiarelli Editore, diretto da Nicola Merola.
Citiamo dalla bella recensione di Francesca Riva:
Malini, a partire da questo ipotesto, ribadisce i profondi legami tra il capolavoro sveviano e la Grande Guerra, appoggiando in pieno la lettura de La coscienza di Zeno come romanzo di guerra, fatta, nell'ormai lontano 1998, da Brian Moloney: è «stata la guerra a ispirare a Svevo il romanzo», «e l’ultimo capitolo rivela pienamente il significato ontologico dei capitoli precedenti» (p. 199n). Lo studioso dimostra, a sua volta, che è stata la guerra e la conseguente «necessità di prendere posizione, come artista e intellettuale» (p.11), a far desistere Svevo dal «proposito ferreo» di gettare la penna alle ortiche, tornando, invece, a «quella ridicola e dannosa cosa che si chiama letteratura». Malini ci conduce, nel ragionamento, attraverso l’analisi di passi dell’Epistolario e degli scritti autobiografici, di alcuni racconti, come «Il malocchio, da datare agli anni della guerra, anticipatore di molte tematiche che entreranno nel terzo romanzo», e mediante «la ricognizione sull'attività giornalistica di Svevo nel primo dopoguerra» (pp. 10-11); inoltre chiarisce che il saggio sveviano Sulla teoria della pace, «un lavoro in parte frainteso dalla critica», è stato scritto da Svevo, a esclusione del paragrafo Sulla guerra, dopo la fine del conflitto mondiale (pp. 78-80). L’ultimo paragrafo del libro è dedicato alle pagine estreme della Coscienza, che vedono irrompere la Grande Guerra, anche nelle date preganti del diario. Zeno Cosini, cui potremmo aggiungere i protagonisti de La novella del buon vecchio e della bella fanciulla e de Una burla riuscita, alter ego di Svevo, si muove, in tale frangente, tra sbigottimento, rassegnazione, rimorso, ipocrisia ed egoismo. Svevo descrive in modo impietoso il suo personaggio di fronte all'imponenza atroce della guerra, che, al di là dell’immancabile ironia sveviana, resta, per lo scrittore triestino, tragicamente seria e aberrante (si confronti, a tale proposito, anche Francesca Riva, Il verde e il rosso: pace e guerra in Italo Svevo. Il saggio di Malini, di agevole lettura, è di rilevante interesse, poiché l’individuazione di una fonte inedita, di per sé marginale nei confronti dell’evolversi della trama, ha permesso allo studioso di evidenziare elementi che, dallo stato germinale, sono fioriti nel capolavoro, affondando le radici nel contesto in cui esso è stato concepito. Il libro La grande guerra di Italo Svevo ha una duplice valenza, letteraria e storica; inoltre, si inserisce perfettamente in un filone di studi, quello dedicato alla particolare inventio sveviana, che meriterebbe di essere proseguito.
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