Film europei sulla Grande Guerra degli anni Settanta


La nostra rassegna dei film europei dedicati alla Grande Guerra degli anni Settanta, comincia con due pellicole di genere spionistico.
Produzione franco-inglese del 1971, Zeppelin (
Zeppelin), di Etienne Perier, narra la vicenda immaginaria di un ufficiale britannico di origine tedesca che, nel 1916, ha il compito di insinuarsi tra le le linee germaniche incaricate della costruzione del dirigibile che dà titolo al film, al fine di avvertire le forze armate inglesi in caso di bombardamenti. L'uomo porterà a termine la missione, trovando però la morte durante il collaudo del veicolo. Pur basandosi su un copione discreto e mostrando scene inusuali e abbastanza spettacolari dell'aerostato in volo, la pellicola non ebbe grande successo di botteghino e merita forse oggi una riscoperta (nota 1).


L'attenta ricostruzione storica di Atentat u Sarajevu (Quel rosso mattino di giugno. Attentato a Sarajevo), uscito nel 1975 per la regia di Veljko Bulajic, permette di seguire le contorte trame che condussero all'attentato di Sarajevo del 28 giugno 1914. Coproduzione jugoslava - cecoslovacca, il film è quasi un kolossal che ha anche l'ambizione di dare il massimo risalto alla caratterizzazione psicologica dei personaggi e alle complesse motivazioni che ne determinarono le azioni sul palcoscenico della storia (nota 2).


Shout at the Devil (Ci rivedremo all'inferno) è un dramma bellico avventuroso, venato di comicità, uscito nel 1976 per la regia di Peter Hunt. Allo scoppio della Grande Guerra, uno spregiudicato commerciante d'avorio - americano d'origine irlandese - è impegnato in Africa per i suoi loschi traffici. Pur lontano da ogni sentimento patriottico, si fa convincere dagli inglesi a partecipare all'eroica azione (che gli costerà la vita) di affondare un cacciatorpediniere tedesco (nota 3).


Da riportare al sottogenere aviatorio è la produzione inglese Aces High (La battaglia delle Aquile) di Jack Gold, del 1977. Ottobre 1917, le entusiasmanti imprese dell'aviazione britannica ispirano l'emulazione di tutti i ragazzi inglesi delle scuole superiori. Tra gli eroici aviatori vi è il maggiore John Grisham, comandante della 76a Squadriglia, di stanza nei pressi di Amiens. Lasciata la scuola, lì giunge il giovane tenente Steve Croft, imbattendosi nella reale fragilità umana dei piloti, tra cui l’anziano ufficiale Sinclair, chiamato “nonno” per l’affetto di cui circonda le reclute, il nevrotico Crawford e tanti altri. Poco alla volta la recluta scopre che anche l’ammirato eroe John ha paura della morte, soffocata attaccandosi sovente alla bottiglia, e che la guerra, più che dispensare onore e medaglie, è un mostro senza morale che si ciba quotidianamente di vittime. Sinclair muore sull'aereo pilotato da Croft e anche questi, al termine della prima settimana di vita militare, cade nel corso di una disperata impresa. Film un po’ celebrativo ma anche critico sulla illusorietà dell’eroismo e sulla futilità di portare al macello tanta gioventù (nota 4).


Un film senz'altro da vedere, prodotto in Francia, è L'horizon (Orizzonte rosso) di Jacques Rouffio, pellicola di chiari intenti pacifisti, che evoca le sofferenze del giovane Antonin Lavalette, figlio di ricchi agrari, tornato dal fronte, nel 1917, convalescente da una ferita alla schiena e psichicamente depresso per le sofferenze patite in guerra. La narrazione affronta, non senza eleganza per merito dei bravi interpreti, il doloroso percorso mentale che accompagna il periodo trascorso a casa dal ragazzo. Incitato alla condizione di "imboscato" dalla famiglia (che vorrebbero ricorrere ad amicizie influenti per fargli ottenere il congedo), esortato a tale comoda via di fuga anche dal sentimento romantico che lo lega a Elise, vedova di un suo cugino morto in guerra, e dall'esempio di alcuni vecchi compagni di scuola, passati per convenienza a posizioni antimilitariste, il giovane deciderà infine di tornare in prima linea, non per patriottismo ma per l'invincibile abulia che lo domina, stato mentale che si configura quasi come malattia generazionale (nota 5).


La Maison des bois (La casa dei boschi) di Maurice Pialat è una miniserie televisiva francese in sette episodi, uscita negli anni 1970-'71. Attraverso lo sguardo innocente dell'infanzia, il regista tratteggia con delicatezza e verità gli effetti della Grande Guerra sulle vita quotidiana delle persone comuni. Nell'estate del 1917, tre fanciulli (Hervé, Bébert e Michel), i cui padri sono in guerra, vengono accolti nella “casa dei boschi”, posta in un villaggio dell’Île-de-France, affidati alle cure di Albert, il guardiacaccia, e sua moglie Jeanne. La guerra, all'inizio apparentemente lontana dal villaggio, farà via via sentire sempre più da presso i suoi terribili effetti, delineando un mondo in mutazione, una Francia in agonia che, assieme a molti dei suoi figli, sta irrimediabilmente scomparendo. Sorta di opera-mosaico, con la narrazione che si frantuma in sequenze, quadri d’insieme e “sotto-trame” riguardanti i vari personaggi, mentre la Storia (con la esse maiuscola) resta sempre sottilmente presente, richiamata da un fatto, da una frase, da un dettaglio minimo ma significante. L'insieme della trama acquisisce così il valore di una requisitoria efficace e non didascalica contro la guerra e le costrizioni di una società governata «dall'aridità dei sentimenti» (nota 6).






Stefano Cò



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Note
1) Di produzione franco-inglese, Zeppelin (seguito di un fortunato film prodotto dalla Disney) racconta una storia complicata ma con una buona definizione dei personaggi, mentre la fotografia e il colore, il cast e l’atmosfera (compresi gli interessanti effetti speciali) gli fanno raggiungere lo scopo prefisso, come viene riconosciuto anche ne Il Morandini.
2) Serve forse dare una breve sintesi della trama di Quel rosso mattino di giugno. Attentato a Sarajevo: nel 1908 la Bosnia viene annessa all'impero asburgico e affidata alla reggenza dell'arciduca Francesco Ferdinando, nipote dell'imperatore Francesco Giuseppe nonché erede della corona; mentre nella indipendente Serbia si organizzano focolai di resistenza. L’anziano Francesco Giuseppe si mostra ostile verso la granduchessa Sofia, sposata da Francesco Ferdinando con matrimonio morganatico, ma invia il nipote a Sarajevo per presenziare alle grandi manovre del 1914. D’accordo con il Kaiser e in disaccordo con Francesco Giuseppe, il reggente aspira all'annessione della Serbia e del Montenegro. Superando diverse difficoltà, mettendo da parte ogni scrupolo, evadendo l’opposizione della Serbia che teme dalla congiura lo scoppio di una guerra cui si sente impreparata, alcuni giovani congiurati raggiungono Sarajevo e Nedjeljko lancia una bomba contro l'auto del reggente, uccidendo degli estranei; e poi Gavrilo colpisce mortalmente con la pistola Sofia e Francesco Ferdinando. Semi-kolossal storico di coproduzione jugoslava e cecoslovacca, che alla ricchezza di mezzi e spettacolo, aggiunge, con esiti non sempre felici secondo alcuni critici, la cura dei personaggi e delle loro motivazioni, mentre la regia risulta accademica per Il Morandini.
3) Tratto da un romanzo di Wilbur Smith, il film di Hunt è piuttosto lungo: ne esistono varie versioni, una di 150 minuti, un’altra di 144, un’altra ancora, arrivata in Italia, di 119. Quest'ultima riesce meglio a tenere insieme il versante tragicomico e la vivacità dell’azione, con una parte per un grande attore come Lee Marvin, il quale è sempre divertente e per un bel po’ riesce a tenere desta l’attenzione, mentre «gigioneggia» un po’ troppo per Il Morandini.
4) La battaglia delle Aquile è un remake, spostato dalla terra al cielo, di Journey's End (1930), tratto da un dramma di R.C. Sheriff.
5) Orizzonte rosso è un film dalla data di uscita dubbia, il 1970 per alcuni, il 1967 secondo altri, vedere Le garzantine Dizionario del Cinema, a cura di Gianni Canova, Garzanti, Milano, 2002, p. 1009. Per l’argomento controverso, la realizzazione ambiziosa e le molte polemiche suscitate, il regista è stato costretto ad aspettare fino al 1975 per poter lavorare a un secondo lungometraggio.
6) Per delle analisi rigorose sulla serie televisiva di sette ore La casa dei boschi, sulle varie tematiche che la innervano, le interazioni tra i personaggi, l’attenzione al contesto storico, il lirismo, la dolcezza, la tenerezza e l’amore autentico trovato dai bambini nella famiglia acquisita, vedere François Chevassu, "Visita alla casa dei boschi”, in Maurice Pialat L’enfant sauvage, a cura di Sergio Tuffetti e Aldo Tassone, Lindau/Museo Nazionale del Cinema, Torino/France Cinema, Firenze/Admiranda, Institut de l’Image, Aix-en-Provence, Torino, 1992, pp. 147-150 (la citazione cge chiude larensione è a pag. 150) e Nicola Rossello, Maurice Pialat, Le Mani, Recco-Genova, 1998, pp. 43-48.

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