Le conseguenze della guerra nei disegni inediti di un soldato belga

Re Alberto I
in una cartolina dell'epoca
Il 4 agosto 1914 l'esercito tedesco entrò in Belgio. Due giorni prima il Deutsches Reich aveva inviato un ultimatum al governo del re Alberto I del Belgio, che ingiungeva al paese (neutrale fin dal trattato di Londra del 1839) di non opporre resistenza al passaggio delle truppe teutoniche. Il Belgio, è noto, decise invece di combattere, fidando sull'entusiasmo e sull'abnegazione del suo mal organizzato esercito (la cui consistenza si attestava in forse centoventimila soldati attivi, disponendo inoltre di armi e mezzi del tutto obsoleti e inadeguati) e sull'aiuto degli anglo-francesi. L'inaspettata, per quanto non duratura, resistenza del Belgio rappresentò un elemento determinante della prima fase della Grande Guerra, e, per i tedeschi, il primo inquietante campanello d'allarme riguardo alla concreta attuabilità dell’auspicata “guerra lampo” su cui i loro generali e strateghi facevano tanto affidamento. Le vicende terribili, le impensabili efferatezze che seguirono, nell'evento che la propaganda alleata denominò «stupro del Belgio», furono dovuti a molti fattori, non ultimi una serie di false credenze e paure collettive che influenzarono in modo determinante i comportamenti di militari e civili di entrambi gli schieramenti. Ad esempio, tra i tedeschi si propagò in modo virale il mito del carattere infido dei civili belgi, comprensivo di tutta una serie di immaginari episodi che vedevano soldati tedeschi avvelenati, accecati, evirati e uccisi a tradimento da donne ed anziani apparentemente inoffensivi; argomenti di immane presa emotiva su soldati e ufficiali, che inevitabilmente andavano ad incrementare la loro ferocia nei confronti della resistenza belga. La voce della propaganda inglese, da parte sua, operò una vera e vera e propria campagna di demonizzazione del nemico, amplificando, o inventando talvolta di sana pianta, episodi di civili belgi fucilati senza motivo, di donne violentate, di bambini mutilati e di altre impensabili efferatezze compiute dall'esercito di Guglielmo II. Ma su tutto questo non vogliamo dilungarci, esistendo una ricchissima bibliografia che approfondisce in modo più che soddisfacente gli eventi militari dell'azione tedesca in Belgio, come l'imponente campagna anti-germanica ordita dalla propaganda alleata.

La fortunata circostanza costituita dalla recente acquisizione, da parte dell'associazione ArteGrandeGuerra, del diario di guerra per immagini di Peter Thelenun soldato-pittore belga che ha combattuto su linee avanzatissime del fronte belga a partire dal 1914 sino al termine del conflitto, ci mette a disposizione una preziosa testimonianza intorno a un elemento spesso trascurato della fase iniziale della primo conflitto mondiale: l'impatto sul mondo mentale dei soldati belgi della repentina, e del tutto inaspettata, necessità di dover scendere sul campo di battaglia, confrontandosi d'emblée, senza preparazione, con gli eventi feroci della prima guerra moderna.
Cominciamo fornendovi le poche informazioni biografiche in nostro possesso di questo soldato. Peter Thelen nacque in Belgio nel 1885. Ferito una prima volta, forse nel 1916, si recò in convalescenza in Inghilterra. Tornato al fronte nel 1917, rimase ferito una seconda volta, nel 1918, nel corso di un combattimento. Morì nel 1920 in conseguenza delle ferite subite.


Fig. 1 Peter Thelen, Le poilu, Belgio 1914, acquarello 
Il disegno di fig. 1, intitolato Le poilu e datato 1914, mostra un soldato belga in piedi, con la baionetta inastata protesa in avanti, in atteggiamento di vigile attesa. La torsione del corpo fornisce una qualche dinamicità alla figura del soldato, che sembra sorvegliare alacremente il territorio ondulato che gli sta davanti. Appare evidente la volontà di rappresentare il poilu non in veste di vittima sacrificale, piuttosto come un militare saldo nei propri compiti difensivi, compreso della grande responsabilità gravante su di lui, per nulla intimorito dalla prospettiva di doversi scontrare con il temibile avversario, attendendo il quale non mostra apprensione o timore di dovergli cedere il passo.


Fig. 2 Peter Thelen, Malines, Belgio 1914, acquarello 
Un altro disegno di Peter Thelen, datato anch'esso 1914, mostra una scena di battaglia (fig. 2). Il titolo dell'opera, Malines, permette di riferirla a un preciso evento della guerra in territorio belga: l'occupazione tedesca della città di Malines, in provincia di Anversa, avvenuta alla fine di agosto 1914. In primo piano, un ufficiale esorta con fare gagliardo i suoi uomini all'attacco. Soldati che si scorgono in secondo piano, tratteggiati  con segni rapidi mentre si lanciano in avanti tra i colpi del nemico e il fumo delle esplosioni. Si noti come l'avanzata dei poilu segua dinamicamente la linea della diagonale dell'opera, dall'angolo in basso a sinistra a quello in alto a destra. In basso, sulla sinistra, è accennato il corpo di un combattente belga, riverso a terra, con ancora con la baionetta serrata tra le mani.

Si tratta di scene che mostrano una guerra epica, di notevole impatto visivo e non priva di fascino. La modalità raffigurativa tramite la quale queste immagini illustrano l'operato dei soldati, evoca irresistibilmente valori nazionalisti quali il coraggio, lo spirito di sacrificio, la dedizione alla patria, l'energia, lo slancio vitale. Una visione che accomunerebbe dunque il nostro soldato ai molti giovani di tutta Europa che, soprattutto in quel 1914, vedevano nella guerra l'occasione per un riscatto individuale e collettivo dalla banalità del quotidiano e di rinnovamento spirituale: una ineguagliabile avventura liberatoria ed eroica. Ideale che si configurava come un vero e proprio mito della modernità, alla cui diffusione non fu estranea l'azione pervicace della propaganda di ciascun paese. Un modo di concepire il conflitto che, in una guerra di difesa come quella belga, diventava particolarmente penetrante e persuasivo. 

Potrà forse sorprendere, dunque, come, scorrendo il taccuino di Peter Thelen, si trovino anche numerose opere di tono del tutto differente, che denotano un diverso - contrapposto - registro espressivo.


Fig. 3 Peter Thelen, Grand-mère, Belgio 1914, disegno
Il disegno di fig 3, ad esempio, mostra la nonna dell'artista, seduta presso il focolare, ripresa nell'atto di sorvegliare la cottura di qualche vivanda - probabilmente delle patate - posta all'interno di un paiolo di metallo. Una scena intima, ricolma di quiete, che stride grandemente con le precedenti immagini di battaglia. 


Fig. 4 Peter Thelen, Grand-mère, Belgio 1914, disegno
La medesima atmosfera pacifica, satura di affetto e di teneri ricordi familiari, pervade il disegno di fig. 4, nel quale il soldato Peter con pochi tratti sapienti raffigura ancora la propria nonna, intenta, questa volta, a leggere un libro.


Fig. 5 Peter Thelen, Bruges, Belgio 1914, acquarello
Anche nel raffigurare quella che è forse la sua città natale, Bruges, Peter Thelen si avvale di un registro minimalista. Così la splendida città medievale (i cui abitanti, terrorizzati dalle notizie della presa sanguinosa di Anversa, si arrenderanno ai tedeschi senza fare opposizione nell'ottobre 1914), viene raffigurata in quello che potrebbero apparire un luogo e una circostanza banali. L'opera mostra solo un'insignificante stradina percorsa da una vecchia con bastone, forse ancora la nonna dell'artista-soldato. Una raffigurazione di notevole essenzialità che fissa uno stato d'animo e un luogo del tutto quotidiani, fattisi d'improvviso, per il rischio di essere spazzati via per sempre dalla guerra (il luogo come lo stato d'animo), motivo visivo di struggente nostalgia. 


Fig. 6 Peter Thelen, Bruges - Quai des Marbuirs
Belgio 1914, disegno
Ed è ancora Bruges il soggetto dell'ultima immagine che proponiamo. Qui il disegno si limita a riprendere un preciso canale della città (citato con tanto di nome della via): lo scorrere sereno dell'acqua sotto il ponte, il passeggiare indaffarato della gente, le case e i monumenti inamovibili sullo sfondo. La guerra appare lontanissima: evento inimmaginabile.

Si nota una evidente frattura nel sentire espresso dal soldato in questi disegni, che affrontano due tematiche del tutto separate e quasi non comunicanti: la raffigurazione della guerra e quella degli affetti. In tutto ciò, se le opere di guerra appaiono, come detto, un poco retoriche e magniloquenti, le altre sono invece intime e personali, vibranti dell'incanto posseduto dalle rappresentazioni della memoria. Si configurerebbe dunque un peculiare stato mentale nell'artista-soldato, scisso tra due istanze contrapposte: da una parte la volontà di aderire agli irrealistici ideali guerreschi veicolati dalla propaganda, dall'altra il desiderio di "salvare dall'oblio" il proprio personale mondo interiore di affetti e di ricordi. E, al centro, una esacerbante lacuna, la pressoché completa rimozione della realtà terribile della prima guerra industriale: i bombardamenti di impensabile distruttività, le ferite deturpanti dei compagni, la morte di massa. Elementi che non vengono mai rappresentati. Nessun disegno del taccuino, infatti, ci riporta i sanguinosi eventi delle battaglie reali che si succedevano in quei mesi, che pure l'artista stava vivendo in prima persona. Nonostante ciò (anzi, proprio in ragione di tale lacuna), questi disegni ci mettono in qualche modo in contatto con uno degli effetti più perniciosi della guerra, permettendo di avvicinarci a ciò che lascia la battaglia nel mondo mentale del combattente. Già in quel 1914, in Belgio, quando ancora tanti orrori dovevano succedersi in tutta Europa, la guerra mostrava la sua faccia più devastante e la sua natura essenzialmente patologica. Analizzati nel loro insieme, infatti, gli schizzi del soldato Thelen evidenziano un vissuto il cui significato supera l'esperienza individuale, andando a connotare la scissione lacerante prodotta dagli eventi bellici nell'interiorità dei combattenti. Al tempo stesso queste opere celano forse un messaggio segreto, non meno universale, rivelando con terribile chiarezza come la guerra si cibi, oltre che dei corpi dei soldati, anche delle loro anime.  


Dario Malini

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