Dello stesso Victor Saville è Dark Journe (Le tre spie), uscito qualche anno più tardi, nel 1937. Classica storia d’amore e spionaggio, con la protagonista femminile, una bella ragazza francese, che fa il triplo gioco: semplice indossatrice, alla luce del sole, si finge spia al soldo dei tedeschi mentre è in realtà una spia per gli Inglesi. La sua difficoltosa storia d'amore con il barone Karl von Marwitz, che si rivelerà un agente germanico, rende obbligatorio procrastinare il lieto fine al termine della guerra.
Tra i film russi degli anni Venti e Trenta, dedicati alla Prima guerra mondiale, è assolutamente necessario citare almeno i seguenti.
Stefano Cò
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Note
1) Sul regista Anthony Asquith e la sua importanza per la produzione inglese, dagli anni Trenta in poi, citiamo la definizione del critico Georges Sadoul «[ Anthony Asquith è] la personalità più forte del cinema inglese anni Trenta insieme con Hitchcock» vedi la scheda di Lorenzo Codelli nel Dizionario dei registi del cinema mondiale, vol. I, cit., pp. 84-85 e il saggio di David Robinson, “Cinema inglese: gli anni trenta”, in L’Europa. Le cinematografie nazionali, vol. I, pp. 506-ss; sui film di Victor Saville, il primo in cui alcuni critici riconoscono il talento anche nei film drammatici, e il secondo sceneggiato dallo scrittore americano John Monk Saunders, e la sua figura nel cinema inglese del decennio, vedi il saggio di David Robinson, citato sopra, pp. 520-523 e la scheda bio-filmografica di Luke McKernan nel Dizionario dei registi del cinema mondiale, vol. III, p. 275-77; per l’attraversamento dei generi, tra commedia, dramma e biografie, di Herbert Wilcox e il suo successo presso il pubblico nel cinema inglese del decennio, vedi il saggio di David Robinson, cit., passim tra le pp. 508 e 519.
2) Film che gli storici del cinema hanno collocato al centro di una trilogia sulla presa di coscienza del proletariato russo, tra La madre (1926) e Il discendente di Gengis Khan (1928), La fine di San Pietroburgo fu infatti prodotto nel decennale della Rivoluzione di Ottobre con un evidente intento celebrativo ma l’assenza di sottigliezza psicologica, la semplificazione quasi manichea dei caratteri, a partire dall'origine sociale dei personaggi, sembrano congeniali alla concezione del regista sul ruolo dell'attore come prestatore di fisionomie e gestualità, e alla sua predilezione per attori non-professionisti come il protagonista Ivan Šuvelev che, quasi a sottolineare la sua funzione rappresentativa di un’intera classe sociale, viene definito unicamente come «il ragazzo»; è al gioco di luci ed ombre, all’angolazione delle inquadrature, che viene sostanzialmente affidato il giudizio morale sui diversi personaggi, tra i quali il regista appare nel ruolo di un ufficiale tedesco, e nel film Pudovkin dimostra il suo assoluto controllo sulle potenzialità espressive del montaggio, da lui individuato, in sede teorica, come elemento specifico del linguaggio cinematografico; sul cinema «lirico-emozionale» sovietico di quegli anni vedi e sull’importanza del film vedi Natal’ja Nusinova, “Il grande cinema sovietico, 1925-28”, in L’Europa. Le cinematografie nazionali, vol. I, cit., pp. 275-77; sul suo successo e la percezione che sia il suo film più innovativo sotto l’aspetto del montaggio vedi la scheda di Natal’ja Nusinova nel Dizionario dei registi del cinema mondiale, vol. III, cit., p. 108.
3) Il film è stato prodotto infatti per commemorare l'insurrezione degli operai dell'arsenale di Kiev contro il governo nazionalista ucraino nel gennaio 1918 e in una perfetta simbiosi tra uomo e maschera, il protagonista Svasenko, all'epoca, divenne un simbolo della Rivoluzione, mentre nel 1929 è stato indicato tra i migliori film stranieri dell'anno dal National Board of Review of Motion Pictures (ripreso da scheda sui siti FilmTv e Wikipedia); per il riferimento al cinema «lirico-emozionale» sovietico vedi le pagine del saggio citato sopra di Natal’ja Nusinova e sulla vena epica e poetica e i rimandi pittorici delle immagini del film vedi la scheda di François Albera sul regista nel Dizionario dei registi del cinema mondiale, vol. I, cit., pp. 534-35.
4) Sobborghi è forse, il film migliore, sicuramente il più conosciuto (ma scoperto in occidente soltanto 40-50 anni dopo) di B. Barnet di lontana origine britannica, maestro riconosciuto di quelle qualità che gli furono rimproverate come difetti dalla critica ufficiale sovietica all'uscita dei suoi film; per il riconoscimento del felice montaggio poetico, della rilevanza data al lavoro con gli amici e con gli sceneggiatori, sia in questo film che in altri, vedi la scheda di François Albera sul regista nel Dizionario dei registi del cinema mondiale, vol. I, cit., pp. 116-117.
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