La nostra visita alla "Guerra invisibile" (relazione dei ragazzi della III C di Cassina)

Il 12 febbraio 2014 siamo andati a Bresso, un paese nella provincia di Monza-Brianza, per visitare la mostra 1914-2014 La guerra invisibile sulla Prima guerra mondiale.
Arrivati all’ingresso siamo stati accolti da Guido, un pensionato esperto d’arte, che, prima di mostrarci i vari dipinti, ci ha dato un’infarinatura sul conflitto. Dopodiché Guido ha cominciato a mostrarci le opere, suddivise in due parti: la prima era dedicata ai quadri dei sei autori principali della mostra; la seconda trattava temi sulla vita quotidiana nelle retrovie e al fronte, ritratti di guerra, allegorie e c’era anche qualche rappresentazione del massacro.
Anselmo Bucci, Lungo la strada,
puntasecca, 
1915-17, mm 93 x 70 (lastra)
Il primo autore è Anselmo Bucci, che realizzava i suoi capolavori utilizzando come tecnica la puntasecca. Bucci (1887-1955) si arruolò il 23 maggio 1915 nel battaglione lombardo volontari ciclisti automobilisti (3° compagnia, 8° plotone), ma poi fu trasferito nel 68° reggimento di fanteria. Si sfogava disegnando e quindi il suo segno era pervaso da forte dinamismo. Il quadro che ci è piaciuto di quest’autore è Lungo la strada.
Fritz Gärtner, Pionieri, 1916, acquaforte, mm 205 x 265 (lastra)
Il secondo artista esposto è Fritz Gärtner. La tecnica da lui usata è l’acquaforte. Gärtner (1882-1958) probabilmente era un ufficiale e studiò all’accademia di Monaco nel 1908. Il quadro che ci ha colpito maggiormente è stato Pionieri dipinto nel 1916.
André Devambez, Crateri d’obice, 1915-17,
acquaforte e acquatinta, mm 314 x 235 (lastra)
L’autore seguente è André Devambez. Nei suoi quadri utilizzava molto l’acquatinta. Devambez (1867-1944) si offrì volontario per la guerra, rimase in ospedale per molto tempo (1915-1917) e nelle sue opere c’erano contrasti potenti. I suoi quadri che ci sono piaciuti di più sono Schrapnell e Crateri d’obice.
Henry De Groux, Cavalieri erranti, 1915,
acquaforte, mm 247 x 183 (lastra)
Anche Henry De Groux usava la tecnica dell’acquaforte come Gärtner. Nacque nel 1866 e morì nel 1930, non combatté di persona al fronte e fece molte opere dopo il conflitto, che ritraevano la realtà.
Charles Harder, “Soldati addormentati”, 1914 - 15,
 litografia, mm 170 x 268 (inciso)
Il quinto pittore è Charles Harder, che usava come tecnica la litografia. Purtroppo non ci sono informazioni sulla sua biografia. Di Harder è stato rintracciato solo un portfolio di litografie, intitolato I Prodi, del 1915. Queste opere raccontano di un gruppo di soldati in trincea, che furono mandati al fronte per la cosiddetta “mobilitazione svizzera”: temendo un’invasione i soldati furono mandati al confine, ma non entrarono mai in azione. Le condizioni dei Prodi (i fanti del battaglione di cui faceva parte Harder) vengono riverberate dai contrasti intensi del chiaroscuro che domina le scene. 
G. Focardi, “Malato che mangia”, 21 agosto 1917,
disegno, mm 180 x 270
L’ultimo autore della prima parte della mostra è G. Focardi, ma non si sa nulla di lui: né il sesso, né il mestiere, solo che passò del tempo in ospedale, ma neanche su questo punto c’è chiarezza. Infatti questo personaggio potrebbe essere stato sia un paziente che un dottore, o persino un’infermiera. Il suo cognome rimanda a una nota famiglia di artisti toscani, ma non si può documentare nessun legame di parentela.

Nella seconda parte della mostra, come abbiamo già detto, quadri e disegni rappresentavano la vita quotidiana al fronte e nelle retrovie, i massacri, le allegorie e molti ritratti.


All’inizio, appena arrivati nella sala che ospitava l'esposizione, ci siamo seduti sulle sedie che c’erano al centro della stanza e abbiamo osservato la struttura di cartone davanti a noi. Moltissimo nella mostra era fatto con il cartone (sulle colonne, vicino alle didascalie…): era strappato in certi punti, dando l’idea di qualcosa di vecchio, consumato, adatto a ricreare l’ambiente dove dovevano essere esposte cose di un secolo fa. Sulla struttura erano attaccati poesie e quadri; c’era anche un verso di Ungaretti: “non sono mai stato tanto attaccato alla vita”. Quest’ultimo ci ha fatto molto riflettere, considerando che il poeta era in guerra, in una trincea dove bastava un assalto per perdere tutto, o una bomba per far dimenticare al mondo chi eri stato…

Guido ci ha anche raccontato della vita e del tempo impiegato dai soldati in guerra. In più la guida ci ha detto che era sconsigliato parlare tra le trincee e non si potevano soccorrere i feriti, che quindi venivano lasciati lì! Questo succedeva perché se ci si esponeva al di fuori della trincea si entrava nell’area di tiro nemica, e con la scusa di soccorrere un uomo se ne potevano perdere più di venti senza riuscirci. Ovviamente questa non era una cosa buona per gli eserciti e in particolare per gli alti comandi: era il “fenomeno” della disumanizzazione. 
Dopo aver introdotto la seconda parte della mostra, l’abbiamo visitata. I quadri erano per la maggior parte dei ritratti, molti erano fatti a matita. Erano molto belli ed era curioso osservare con quanta precisione i soldati disegnavano tenenti e superiori e che con la stessa cura ritraevano il più debole dei compagni. 
Abbiamo quindi visto tutti i dipinti e siamo arrivati al punto di partenza. 
La mostra però era anche basata su una specie di diario, più precisamente un taccuino, trovato su una bancarella d’antiquariato in Germania e diventato poi un delle più grandi testimonianze del primo conflitto mondiale. Il libricino si chiama Taccuino di un nemico (pubblicazione di Dario Malini) e parla di Otto, un giovane soldato tedesco di origine ebraica, e delle sue vicissitudini nei quattro terribili anni di guerra, incluso Caporetto. La storia è vera.

La visita è terminata e così siamo tornati a scuola. È stato molto interessante e ci ha aiutato a capire il conflitto anche attraverso una linea artistica e diversa da come si studia sui libri. È stato molto istruttivo e speriamo vivamente di avere di nuovo la possibilità di vedere qualcosa di simile in futuro.


Secondo Sofia questa mostra è stata molto interessante ed istruttiva, ma soprattutto l’ha aiutata a capire questo avvenimento storico sotto un’altra angolazione: non ha più visto solo i rappresentanti delle nazioni (gli alti comandi) o addirittura solo la figura del Paese a combattere, ma si è immaginata uomini, soldati, che pur avendo divise diverse provavano le stesse emozioni di paura, timore  voglia di vivere. Per lei la mostra era molto ricca e il dipinto che le è piaciuto di più è quello di Fritz Gartner, intitolato Pionieri. Le è piaciuta molto e spera di andare a rivederla.

Secondo Erik questa mostra è un’importante testimonianza storica, presentata sotto un altro punto di vista, invece del solito testo che troviamo sui libri. In più la guida è stata brava a spiegare ogni quadro in modo specifico. I dipinto che gli sono piaciuti di più sono: Cavalieri erranti di Henry De Groux, fatto nel 1915 con la tecnica acquaforte, e La guerra di Sergio Sergi, fatto nel 1919 con la silografia.


La mostra La guerra invisibile è stata per Stefano a dir poco meravigliosa. Appena entrato si è trovato davanti i quadri, come si aspettava, ma anche dei reperti risalenti alla Grande Guerra. Si è subito domandato come gli organizzatori della mostra avessero fatto a riunire tanti reperti e tanti dipinti; quando ci hanno detto che ci avevano impiegato dieci anni lui si è sorpreso: di sicuro ci è voluta molta forza di volontà! Inoltre, vedendo la mostra, ha capito che quegli artisti-soldati volevano “dire” a noi posteri cosa era successo durante il conflitto. Nei quadri regnava una tristezza che significa che la guerra non era voluta dai sodati, piuttosto disprezzata. Anche a Stefano il quadro che gli è piaciuto di più è stato Pionieri.

Questa esposizione è piaciuta particolarmente a Noemi, perché hanno fatto vedere dei quadri che rispecchiano in pieno le emozioni dei soldati durante la Grande Guerra. È stata affascinata da un  paio di quadri. Il primo è un dipinto di Anselmo Bucci, intitolato Lungo la strada, che le è piaciuto perché fa vedere bene le condizioni dei soldati, e le ha trasmesso delle emozioni forti sulla solitudine, la malinconia e l’abbandono dei vari uomini, costretti ad andare in guerra in condizioni pessime, per difendere un principio che veniva inculcato loro dai capi di stato. Il secondo è di André Devambez, chiamato Schrapnell, che rappresenta una trincea con dei soldati morti, colpiti appunto da questa arma nuova che incuteva molto terrore. Noemi spera che questa mostra venga riproposta ad altri ragazzi, e che si possa avere la possibilità di assistere ad una cosa simile in futuro.



Sofia Marietti, 

Noemi Regina,
Stefano Ronchi,
Erik Turin
III C - Scuola Secondaria Giovanni Falcone di Cassina De' Pecchi (MI)

Nessun commento:

Posta un commento