Breve biografia del giovane Mussolini

Nato il 29 luglio 1883 a Predappio, laborioso paese in provincia di Forlì, Benito Mussolini ebbe un'infanzia felice, sotto l'influsso indelebile della rude figura del padre Alessandro (gran tempra di fabbro, amante del gentil sesso, con inclinazioni rivoluzionarie e una solida fede socialista). A ciò seguì un percorso di studi un poco faticoso, da cui emerse nel luglio 1901  con una "licenza d'onore" abilitante alle funzioni di maestro. Dopodiché la gioventù di Benito fu piuttosto frenetica, contraddistinta da frequenti spostamenti in Italia e all'estero (in Svizzera, in particolare), e dal lavoro di maestro. Gioventù segnata dalla smania d’emergere in politica, dall’adesione al marxismo e dal più confusionario attivismo anticlericale e antimilitarista. 

Misantropo, selvatico, megalomane, lunatico e poco comunicativo (tranne che nei discorsi pubblici), fu a lungo, nei vari luoghi in cui si trovò a soggiornare, organizzatore di adunanze, proteste e scioperi dimostrativi d’ogni genere: esordi certo modesti nella politica, che tuttavia lo fecero conoscere nell'ambiente militante. 

L’adesione al socialismo, partito ancora piccolo e indeciso sulla posizione da tenere nello scenario politico italiano, fu sovente minata dalle posizione estremiste del giovane Benito, che non credeva nelle riforme per sanare le ingiustizie sociali, auspicando invece la rivoluzione armata. Scrive a tale proposito De Felice in Mussolini il rivoluzionario
Per Mussolini [...] la conquista del potere non poteva che essere rivoluzionaria, contro lo stato borghese.
Le sue idee intransigenti ebbero, all'inizio, poco o nessun seguito nel partito, e neppure l’appoggio locale che gli arrivò da Forlì, dove dal 1909 dirigeva il settimanale La lotta di classe,  lo aiutarono a trovare appoggi più consistenti. 
La svolta si ebbe a partire dall’agosto del 1911, quando, dalle pagine di La lotta di classe, tuonò contro eventuali interventi militari colonialisti del governo Giolitti, che egli considerava utili solo a distrarre il popolo dai suoi veri problemi. Così nel momento in cui, nel settembre del 1911, Giolitti decise effettivamente di conquistare la Libia, Benito poté organizzare, a Forlì, diverse azioni dimostrative contro la guerra. Se il tutto venne sedato abbastanza facilmente dalle forze dell’ordine (i tafferugli produssero comunque alcuni morti e fecero notevole rumore), il processo che ne seguì diede a Mussolini una fama che usciva finalmente dagli stretti ambiti della città di Forlì. Occupatosi baldanzosamente in prima persona della propria difesa, Benito venne condannato a cinque mesi di prigione, durate i quali lesse, scrisse la sua autobiografia (a soli 29 anni!), elaborò piani ambiziosissimi. Ecco come riassume la sua vita fin lì, nelle pagine scritte in carcere:

Ho avuto una giovinezza avventurosa e tempestosa. Ho conosciuto il bene e il male della vita. Mi sono fatto una cultura e una salda scienza. Il soggiorno all'estero mi ha facilitato l'apprendimento delle lingue moderne. In questi dieci anni ho deambulato da un orizzonte all'altro: da Tolmezzo a Oneglia, da Oneglia a Trento, da Trento a Forlì. Sono tre anni che mi trovo a Forlì e già sento nel sangue il fermento del nomadismo che mi spinge altrove. Io sono un irrequieto, un temperamento selvaggio, schivo di popolarità. Ho amato molte donne, ma ormai su questi amori lontani stende il suo grigio velo l'oblio. Ora amo la mia Rachele e anch'essa profondamente mi ama. Che cosa mi riserva l'avvenire?
Benito Mussolini, La mia vita 

Uscito dal carcere, si immerse nella preparazione della partecipazione dei socialisti forlinesi e romagnoli all'ormai imminente congresso nazionale di Reggio Emilia. In questo periodo, tra l'altro, scrisse diversi articoli su La lotta di classe nei quali, oltre ad auspicare un "congresso della sincerità", chiedeva di estromettere dal partito gli uomini più compromessi con Giolitti e la monarchia, quelli che chiamava tripoleggianti e giolittiani. Una posizione sostanzialmente allineata a quella ufficiale della frazione rivoluzionaria che scriveva su La soffitta. Sebbene tanto premurosamente preparato, era del tutto imprevedibile che il congresso di Reggio Emilia potesse presagire l'ascesa di Mussolini ad importantissimi posti di comando all'interno del partito. A proposito di ciò, scrive  Gaudens Megaro in Mussolini, dal mito alla realtà:

Egli fu una rivoluzione inaspettata, e il suo discorso un trionfo oratorio. Il mistero della sua luminosa apparizione nel cielo degli astri socialisti è da ricercarsi nelle spiccate qualità direttive di Mussolini, nella scarsezza di uomini audaci e nelle amichevoli relazioni dello stesso con quattro autorevoli esponenti rivoluzionari: Costantino Lazzari, G. M. Serrati, Francesco Ciccotti ed Angelica Balabanoff.
In ogni modo, al congresso del partito socialista di Reggio Emilia le istanze radicali del non ancora trentenne romagnolo, portate avanti con discorsi focosi e apparentemente improvvisati, studiati in realtà a tavolino nei minimi dettagli, trovarono rispondenza entusiastica nell'auditorio, sino ad avere l’effetto di far effettivamente espellere gli elementi della classe dirigente del partito che avevano appoggiato l’impresa libica. Ecco un estratto da una cronaca del tempo:
A Reggio c'era il pubblico... il grande pubblico. Il loggione era zeppo. Reggio operaia e socialista ha seguito - fremente - le memorabili discussioni. La folla interveniva, partecipava ai lavori, interrompendo, urlando, plaudendo, tramutando per un minuto il Congresso in un comizio.
Ed in questo tumultuoso ambiente, Mussolini seppe far valere le sue capacità di grande trascinatore di popolo, quelle stesse qualità che avrebbero fatto dire poco più tardi al riformista Giovanni Ziboldi: «Noi non vogliamo burattinai che muovano a loro piacimento il proletariato, ma che questo sia cosciente e responsabile di se stesso». 
In ogni caso Mussolini fu il vero trionfatore del congresso, cosa che gli creò l'assillo di trovare una tribuna stabile tramite cui comunicare con le masse. A tal fine, il giornale romagnolo su cui scriveva, La lotta di classe, non bastava, serviva un quotidiano nazionale di grande prestigio: l'Avanti!, la cui direzione era vacante, sarebbe stato l'ideale. La strada che lo condusse a diventarne il direttore fu intricata, complessa, in parte sotterranea. Parte importante fu certamente la campagna favorevole a Mussolini apparsa su La folla, rivista violentemente anticlericale e antimonarchica, che utilizzava un linguaggio elementare e diretto assai accessibile alle masse.  In ogni modo, alla riunione della direzione socialista dell'inizio di novembre 1912 si scelse, a sorpresa, il nome di Mussolini per la direzione dell'Avanti!. Disse a tale riguardo Angelica Balabanoff:
Non abbiamo scelta, del resto la nomina è provvisoria. Voi mi direte che Mussolini è giovane, privo d'esperienza; ma io vi ripeto che dobbiamo incoraggiare i giovani. Del resto, appunto perché è giovane, potremo più facilmente controllarlo...
Dunque Benito Mussolini, ardente romagnolo sempre scarmigliato, assurse alla direzione del quotidiano socialista, mantenendo tale incarico, a partire dal dicembre 1912, per circa due anni. 

La sua direzione del quotidiano socialista sarà autoritaria (molti validi giornalisti reputati incompatibili con la nuova linea del giornale verranno rapidamente epurati), passionale, basata su tematiche d’impatto e su continue campagne esplosive. Riportiamo a questo proposito una felicissima disamina di De Felice nel suo già citato Mussolini il rivoluzionario
La nomina di Mussolini all'Avanti! era stato frutto di un duplice ordine di fattori: la mancanza di una candidatura alternativa e l'abilità con la quale Mussolini aveva costretto i suoi compagni di direzione a sceglierlo. Con simili premesse la sua posizione si presentava molto precaria [...]. Di ciò Mussolini dovette rendersi pienamente conto, così come che alla sua influenza sarebbero sempre sfuggiti  il gruppo parlamentare e la CGL [..]. Per uscire da questa difficile posizione, Mussolini agì, sin dai primissimi giorni, in due direzioni. All'interno del giornale cercò di liberarsi di coloro che potevano condizionarlo e li sostituì con persone a lui fedeli o, in ogni caso, della frazione rivoluzionaria [...]. All'esterno del giornale e attraverso di esso iniziò un'azione ad ampio raggio volta a a battere definitivamente la corrente riformista e ad attizzare il partito e le masse con continue agitazioni.
Il giornalismo per Benito Mussolini non rappresentava un mezzo per informare o istruire, era invece una potente arma di mobilitazione delle coscienze e di lotta per il potere (anche personale). Con tutto ciò, egli fu certamente un ottimo giornalista, attentissimo a ciò che poteva muovere i suoi lettori e il suo tempo. La linea politica del giornale, votata all’intransigente promozione di un socialismo estremizzato, puntava ad un pubblico sempre più vasto, che si estendesse anche alle classi inferiori. Obiettivo che centrò in pieno se l’Avanti!, sotto la nuova direzione, passò dalle 20.000 copie giornaliere a oltre 50.000, con punte di quasi 100.000 copie. 

Con l’avvicinarsi della Grande Guerra il giornale si schierò apertamente contro l’intervento italiano, a favore della neutralità assoluta. Ancora il 26 luglio 1914 (a quasi un mese dall’assassinio dell’arciduca d’Austria Francesco Ferdinando e di sua moglie a Sarajevo), Mussolini affermava la necessità della neutralità italiana, sostenendo che il proletariato non doveva farsi coinvolgere in un nuovo macello, peggiore di quello libico. Notissima la sua affermazione del 22 agosto: «Il proletariato offre la materia bruta, la carne da cannone colla quale gli Stati fanno la loro storia». Ma solo qualche mese dopo, come è noto, il grande trasformista cambiò idea, rendendosi conto, con un intuito politico che non si può non riconoscergli, che la guerra poteva trasformarsi in una grande occasione di visibilità personale. Il 18 ottobre pubblica l’editoriale famosissimo “Dalla neutralità assoluta alla neutralità attiva ed operante”, nel quale disconosce la posizione pacifista sino ad allora sostenuta dal PSI e da lui stesso, con una apertura alle tesi di chi voleva la guerra. A proposito di ciò, scrive Pierre Milza nel suo Mussolini:
Se Mussolini aveva creduto di poter forzare la mano ai compagni, si era sbagliato di grosso. Il suo articolo provocò un'autentica levata di scudi nei ranghi del partito, e soprattutto all'interno della maggioranza rivoluzionaria che, riunitasi a Bologna il 19 e il 20 ottobre, respinse all'unanimità meno un voto (quello di Zerbini) l'ordine del giorno col quale Mussolini definiva «ormai troppo impegnativa e dogmatica» la neutralità assoluta, e votò un testo che egli fu il solo a respingere.
Pierre Milza, Mussolini

Il partito non lo seguì dunque su questa china. Il 20 ottobre Mussolini si dimise dalla direzione dell’Avanti!, andando a fondare (prima uscita il 15 novembre) un nuovo giornale, Il Popolo d'Italia, schierato su posizioni interventiste a fianco dell'Intesa. Ciò rese inevitabile la rottura con il PSI, da cui venne espulso nel novembre del 1914. 

Dopodiché la guerra per l'Italia arrivò davvero. Allora Mussolini stesso venne chiamato alle armi, cosa che egli desiderava ardentemente e che non mancò di utilizzare a fini di propaganda personale. Il 25 dicembre 1915 Il Popolo d'Italia annunciò
Nei prossimi giorni, inizieremo la pubblicazione sulle colonne del Popolo del «Giornale di guerra» del nostro Direttore Benito Mussolini. «È la guerra vista e vissuta giorno per giorno: la guerra con tutto il suo fascino strano e il suo orrore. Sono pagine scritte, assai spesso, mentre crepitavano le mitragliatrici, o tuonavano i cannoni: pagine di verità, senza letteratura. È la vita durissima, bellissima e primitiva della trincea ch’è stata, nella sua quotidiana vicenda, fissata ed esaltata nelle pagine di questo diario di guerra, insieme con la tenacia, la resistenza, la disciplina e il coraggio dei soldati italiani, destinati alla certa e gloriosa vittoria». 
 Tali interventi, riuniti assieme, vanno a comporre il libro Il mio diario di guerra. 1915-1917.

Dario Malini


L'excursus sulla figura di Mussolini in rapporto alla Grande guerra continua con l'articolo Mussolini giornalista: dalla neutralità all'interventismo

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