A.G.G. n° 7 - Maggio - giugno 2012

AGG n° 7
Prigionieri!
Nell'immaginario della Grande Guerra la figura del prigioniero è vista sempre in chiave negativa, rapportata all'imboscato, allo sconfitto, al vile, senza alcuna sfumatura dialettica. Scrive a tale proposito Joseph Roth ne La cripta dei Cappuccini:
Sentirei un bisogno impellente di riferire sui particolari sentimenti che agitano un prigioniero in guerra. Ma so bene quale grande indifferenza incontri oggigiorno un racconto del genere.
Con il protrarsi del conflitto, il numero dei prigionieri  superò ogni previsione e la loro detenzione cominciò a rappresentare per ogni nazione un notevole problema logistico. I soldati avversari, una volta catturati, avrebbero dovuto essere trasportati fuori dal campo di battaglia, alloggiati e sostenuti in sicurezza, secondo condizioni rigorosamente stabilite dalla terza convenzione di Ginevra e dalla convenzione dell'Aja. Ma tali trattati, in una guerra d'inedita brutalità, erano non infrequentemente disattesi, e i prigionieri venivano fatti lavorare anche in prossimità delle prime linee o morivano nei campi per le gravose condizioni (temperatura rigida, approssimative condizioni igieniche, scarsità di cibo, ecc.) in cui erano costretti. 
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Se la propaganda d'ogni paese, per evitare tentazioni, dava grande risalto (spesso esagerandole) alle terribili condizioni che il nemico imponeva ai prigionieri, il governo italiano spinse la sua opera di dissuasione molto oltre, sino a disinteressarsi totalmente della sussistenza dei propri soldati rinchiusi nei campi avversari ed evitando di occuparsi d'inviare loro aiuti, come più o meno facevano invece tutti gli altri paesi contendenti. Il risultato fu che di circa 600.000 prigionieri italiani, ben 100.000 non fecero ritorno alle loro case. Interessante documento sulla vita dei prigionieri italiani nei campi di concentramento tedeschi è I vinti di Caporetto, il racconto autobiografico, vibrante e coinvolgente della segregazione patita dal tenente Guido Sironi, fatto prigioniero il 25 ottobre 1917, durante la battaglia di Caporetto. Di questo testo di notevole finezza psicologica, non più ristampato da lungo tempo, vi proponiamo un'ampia recensione.  Ecco il link: I vinti di Caporetto di Guido Sironi.
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Il destino dei numerosissimi soldati italiani fatti prigionieri nella battaglia di Caporetto fu spesso tragico. Sull'operato di questi combattenti, cui Cadorna imputò fin da subito l'esito infausto della battaglia, montagne di pagine sono state scritte e moltissime ancora probabilmente lo saranno.  Vi presentiamo un capitolo, tratto ancora da I vinti di Caporetto,  dal titolo Intermezzo critico, nel quale l'autore analizza con grande perspicacia le ragioni della disfatta, mostrando che già nel  1922 era possibile darsi delle spiegazioni abbastanza corrette riguardo a questo evento capitale della storia italiana ed europea.  Ecco il link all'articolo I perché di Caporetto (Intermezzo critico di Guido Sironi)
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Anche il sottotenente degli alpini Carlo Emilio Gadda fu fatto prigioniero nel corso della battaglia di Caporetto, finendo internato prima nel lager tedesco di Rastatt quindi a Celle, nello Hannover. Il futuro grande scrittore annotò scrupolosamente gli eventi della propria cattura e segregazione in pagine che non pubblicò mai in vita, da lui considerate tanto disturbanti da essere destinate soltanto a una stampa postuma.  Il prossimo articolo recensisce proprio questo testo: Il Giornale di guerra e di prigionia di Gadda, forse il più enigmatico e controverso tra i libri di memorie scritti dai soldati della Grande Guerra.
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Come è stato raffigurato dagli artisti il prigioniero di guerra? Esiste un'iconografia consolidata che lo contraddistingue? Facendo riferimento alle opere della nostra esclusiva raccolta d'arte, nel seguente intervento vengono proposte alcune osservazioni intorno a questo intrigante argomento: L’immagine del prigioniero nella Prima guerra mondiale
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