Seconda battaglia dell'Isonzo



La seconda battaglia dell'Isonzo fu la prima vera carneficina sul fronte orientale: circa 42.000 italiani tra morti, feriti e dispersi. Numerose le perdite anche tra “il fiore degli ufficiali” – ha scritto Emilio Faldella nel primo volume de “La Grande Guerra” - costretti a guidare gli assalti dei propri reparti contro le postazioni nemiche avanzando alla loro testa con la sciabola in pugno. E' ancora Faldella, sicuramente non un detrattore del generalissimo, a denunciare nella sua opera che la morte di così tanti comandanti causò un “grave danno per l'inquadramento”. Solo dal gennaio del 1916 Cadorna si decise ad abbandonare l' ormai desueta tecnica garibaldina (nel frattempo erano già state combattute quattro delle dodici battaglie), consentendo anche ai suoi ufficiali, come già facevano gli austriaci dall'inizio delle ostilità, di guidare gli attacchi all'arma bianca da dietro le truppe.
“Per oltre due settimane – fa notare Indro Montanelli in “Storia d'Italia. La prima Guerra Mondiale” - le fanterie seguitarono ad ammucchiare morti sui reticolati austriaci in cui le artiglierie non riuscivano a far breccia, e le forbici per tagliarle non erano ancora arrivate. “Una guerra da pazzi” scriveva nel suo diario il generale Caviglia. Il 3 agosto anche Cadorna se ne rese conto e diede l'ordine di sospendere il massacro: i guadagni fatti si contavano in centinaia di metri, pagati con decine di migliaia di cadaveri. Il Generalissimo provvide subito a scaricarsene la responsabilità silurando un centinaio di ufficiali superiori e scrivendo a Salandra che non avrebbe più ripreso l'offensiva fin quando il governo non gliene avesse fornito i mezzi: il che sottintendeva
che fin allora aveva fallito perché questi mezzi non gli erano stati dati. Egli tuttavia fu l'unico a non dubitare della bontà della sua tattica”. Con questa ostinazione e sicurezza, incurante dei costi umani, il Capo di Stato Maggiore continuò a basare i suoi prossimi scellerati piani di guerra.

Giancarlo Romiti


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