ZONA DI GUERRA: il percorso espositivo

L’evento della Grande Guerra fu accompagnato da un’imponente fioritura di immagini ufficiali tese a promuovere la causa del conflitto. In contrapposizione ad esse, un posto del tutto peculiare occupano altre - ben più rare - opere di artisti-soldati e artisti-testimoni, prodotte in modo del tutto spontaneo e al di fuori di qualsiasi commissione istituzionale, il cui fine riguardava invece la volontà di documentare con verità gli orrori che avvenivano al fronte. La mostra ZONA DI GUERRA presenta settantacinque di questi lavori - molti dei quali inediti - tra schizzi, disegni, dipinti, litografie e incisioni, organizzati in cinque sezioni tematiche.

Fig. 1 Henri Marret,
“Forêt d’Apremont (Meuse)”,disegno
Nella prima sezione, Vita quotidiana al fronte, vengono esposte opere di artisti-soldati che combatterono sui fronti occidentale e italiano. Si tratta di schizzi, disegni e dipinti (acquarelli e un olio di piccole dimensioni) realizzati direttamente in zona di guerra con mezzi di fortuna: pezzi di carta, cartoline, fogli di quaderno, ecc. Ispirati dal desiderio e dal bisogno di raccontare e di testimoniare la realtà contingente, questi lavori parlano di lunghe attese nelle trincee (ad esempio i dipinti di Henri Marret - fig. 1 -  e Anselmo Bucci), di stanchezza e fatica (le acqueforti di Paul-Franz Namur, derivate da schizzi prodotti al fronte), e di momenti di intimità e raccoglimento, come quello della lettura e della scrittura cui si dedicano i soldati effigiati su cartoline dal soldato Hans Buschner. Fa eccezione la litografia d’apertura, del maestro simbolista belga Henry De Groux, le cui grafiche, esposte in tutte le sezioni della mostra, furono invece prodotte nel suo studio di Parigi, attingendo alla visione diretta dei campi di battaglia dove l’artista si recò più volte munito di lasciapassare.

Fig. 2 Jean Lefort, Il fronte delle Fiandre, acquarello, 28 10 1917
Nella seconda sezione, intitolata Soldati all'attacco, sono riunite opere di carattere più eterogeneo, che riprendono i momenti densi di pathos e tensione facenti riferimento alla fase più cruenta della guerra, selezionate per l’elevato valore artistico e umano. Dai soldati "crocifissi" del maestro espressionista Willi Geiger che, nelle sue grafiche, si avvale di modalità proprie dell’avanguardia; ai lavori di un De Groux, creatore di alcune tra le più potenti icone della guerra moderna (si veda ad esempio Lanciatore di granate). Oppure di immagini che, utilizzando modalità espressive più tradizionali, permettono all'osservatore di avvicinarsi con naturalezza al sentire dei soldati durante le azioni di guerra o di immergersi nella realtà di eventi e di luoghi dimenticati dalla storia, come il villaggio di Boezinghe in Belgio (fig. 2), teatro di scontri sanguinosi, ripreso dall’artista-soldato Jean Lefort in due straordinari dipinti in mostra.

Fig. 3 Leopold Poiré, Gerbévillier, acquaforte, maggio 1915
La terza sezione, Paesaggi di guerra: le rovine, raccoglie numerose incisioni e disegni riprendenti dei “paesaggi feriti”. Sono rappresentazioni che rivelano uguale attenzione per i monumenti di rilevante importanza storica (la cui devastazione destò, al tempo, forti reazioni di condanna nell’opinione pubblica) quanto per i luoghi della “normalità”, deturpati dalle azioni belliche: i sobborghi, le chiese di campagna, gli scorci delle città. Ampio rilievo viene dato alla figura di Léopold Poiré, grande interprete e poeta del paesaggio, le cui incisioni raffigurano diversi luoghi sfregiati della Lorena: campagne in cui sono disseminati i resti delle battaglie, e città fantasma abbandonate dagli abitanti, nelle quali il dramma che si è compiuto è evocato tramite luci livide e ombre inquietanti (fig. 3). Vanno a illustrare delle differenti modalità di raffigurazione del tema in oggetto, i paesaggi urbani, sconvolti dal disfacimento, di René Georges Hermann-Paul, delineati con un segno vigoroso e al contempo rapido e compendiario; e quelli non privi di attrattiva di Victor Schmitt, artista che sembra mostrare la volontà precipua d’investigare il mistero della bellezza che perdura nonostante l’orrore. A rappresentare, infine, il genere delle rovine di monumenti celebri sono presenti in mostra due incisioni di Marcel Augis.

Fig. 4 Valentine Rau, Corbineau, disegno, 5 6 1915
La sezione Soldati feriti presenta un’importante selezione di opere di un’artista dimenticata, recentemente riscoperta dall'associazione Arte Grande Guerra: si tratta di un nucleo cospicuo di disegni della pittrice Valentine Rau, riprendenti i soldati feriti in cura presso l’ospedale militare di Châlon-sur-Marne (oggi Châlon-en-Champagne), struttura presso la quale la giovane prestava servizio in qualità di infermiera volontaria (fig. 4). Di semplici matite colorate si avvale Valentine per raccontare con forza empatica e sensibilità la sofferenza dei soldati e far sì che di ognuno di loro vengano tramandati un volto e un nome. Si tratta di opere di rilevante qualità artistica, che scaturiscono dall’estrema determinazione di restituire una dimensione umana al combattente, soverchiato dalle modalità annientatrici della guerra moderna. Intento in fondo non troppo dissimile da quello perseguito dalle rappresentazioni che chiudono questa quarta sezione: i due toccanti disegni raffiguranti militari feriti di Georges Barrières e le grafiche di De Groux.

Fig. 5 Pietro Morando, L’attesa, litografia
La quinta e ultima sezione della mostra, La protesta, la morte e il lutto, propone un variegato insieme di lavori che intendono dare voce ai vinti. Immagini nelle quali militari e civili oppressi manifestano rabbia, disagio o prostrazione per le terribili conseguenze di una guerra di immane distruttività e durata. La rivolta, in queste opere, assume forme differenti: quella delle madri, raffigurata da De Groux; quella della follia, evidenziata da André Devambez; quella che scaturisce dalla rappresentazione della disperazione (la madre alla ricerca del figlio di Pietro Morando, fig. 5, e la vecchia di De Groux, entrambe riprese all'interno di campi di battaglia). In altri lavori qui proposti, l’opposizione alla guerra si avvale invece della forza persuasiva del linguaggio satirico (le vignette di Abel Faivre) e allegorico (Paolo Paschetto). Chiudono il percorso espositivo alcune importanti litografie di Henry De Groux e Käthe Kollwitz, che rivolgono coraggiosamente lo sguardo sulle conseguenze profonde della prima guerra globale: in primis verso la dimensione industriale della morte e l’entità del lutto che ha segnato l’esistenza dei superstiti. Rappresentazioni che fanno emergere con evidenza la difficoltà, appartenente a un’intera generazione, di accedere a una qualsiasi costruzione consolatoria che fornisca un significato e un valore all’evento Grande Guerra.

Carol Morganti

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