"Tranquillino… dopo la guerra vuol creare il mondo… nuovo"

Tranquillino… dopo la guerra vuol creare il mondo… nuovo, scritto nel 1915 ed edito da Treves nel 1916 (nota 1), contiene, oltre al frontespizio, 29 disegni in bianco e nero a piena pagina, realizzati da Golia a corredo del testo in versi composto da Vittorio Emanuele Bravetta.
Le illustrazioni rivelano in molti casi la dimensione di un artista modernissimo che anticipa alcune tematiche dell’arte e della narrativa successive. Vi si riconoscono delle iconografie metafisiche nelle quali irrompe il tema dell’assenza, che denunciano una sensibilità pre-calviniana (si potrebbe addirittura ipotizzare che Italo Calvino ne abbia tratto delle suggestioni). Mentre in altri casi si trovano delle visioni di tipo apocalittico.
A differenza di Pentolino e la grrrande guerra (vai alla recensione), questo racconto non contiene elementi di prorompente comicità, ma sembra piuttosto perseguire un intento di tipo educativo. La narrazione intende far riflettere il giovane lettore sulle cause delle guerre, che sembrano avere radici profonde, dimorando negli istinti brutali insiti nell’essere umano. La presenza di situazioni e personaggi fiabeschi lo configurano come una sorta di fantasy cui però l'assenza della tradizionale struttura dicotomica basata sull’opposizione tra bene e male, elimina alla radice qualsiasi possibilità di lieto fine. Se, come in ogni fantasy, vi sono delle “prove”, qui i protagonisti non riescono mai a superarle. La conclusione della storia è dunque problematica, nonostante sia presente una sorta di “scappatoia” liberatoria, messa evidentemente lì a bella posta per non deludere eccessivamente le attese del lettore. 
La guerra rappresenta l’antefatto di questa vicenda: all'inizio della favola è già conclusa. E nel peggiore dei modi possibili, ossia con la distruzione totale del mondo
Fig 1 Golia, La guerra distruttiva
Due suggestive immagini di Golia sintetizzano questi eventi catastrofici. La prima mostra la guerra distruttiva osservata dall'esterno del globo terreste. Da diversi punti si dipartono delle esplosioni che, come dei fasci di luce, vanno ad accumulare immani e densi fumi intorno alla terra (fig. 1). 
Fig 2 Golia, Visone apocalittica
La seconda raffigurazione è una visione apocalittica. Lo scorcio di una porzione di suolo terreste, colto da un punto di vista rialzato, mostra ciò che è rimasto dell’umana stirpe, ossia un immenso cumulo di macerie sotto la volta di un cielo stellato (fig. 2). 
A questo punto entrano in scena i protagonisti della storia: due ragazzini, Tranquillino e Sirenetta, il primo emerso vivo dal sottosuolo per una sorta di miracolo, l’altra da una scatola di mostarda.  
Il nome di Tranquillino va a sottolineare il lato principale del carattere del personaggio. Golia lo ritrae, con il consueto tocco di eleganza, come un bravo ragazzo della borghesia agiata, conferendogli una caratterizzazione sociale mancante nella narrazione di Bravetta. Un bel coordinato di pantaloni scuri di mezza lunghezza, una giacchetta chiara, delle scarpette chic con bottoni per finitura, ne fanno un vero damerino, degno compagno dell'amichetta che lo segue in tutta l’avventura, senza sfigurare con indosso un bel vestitino a strisce, fasciato in vita, e delle scarpette del tutto simili a quelle di lui.  
Fig 3 Golia, Tranquillino e Sirenetta
I due ragazzini avviano una ricognizione nel mondo distrutto dalla guerra. Scavalcando le macerie (fig. 3), trovano ciò che resta di colossali eserciti, falciati a metà dalle granate in una maniera tanto stramba (ad un tempo lugubre e giocosa) che di loro sopravvivono solo delle mezze gambe. 
Fig 4 Golia, I soldati dimezzati
Golia dà del dimidiamento una rappresentazione surreale-metafisica che ha quasi un sapore calviniano: davanti agli occhi sconcertati dei protagonisti si apre una distesa di stivali di soldati, allineati in infinite schiere (fig. 4). 
Fig 5 Golia, L'investitura
Questi desolanti spettacoli inducono il protagonista a prendere un decisione importante: ricostruire un mondo nuovo. In questa impresa è Dio stesso – che appare con la sua lunga barba bianca –  a dargli l’investitura di “muratore” e a dotarlo di una cazzuola atta allo scopo (fig. 5). 
Fig 6 Golia, Sull'asino
A cavalcioni di un asino (fig. 6) Tranquillino e Sirenetta vengono quindi condotti a una assemblea di animali dove si proclama il disarmo universale.
Fig 7 Golia, Il leone
Qui un leone – per mettere in atto il proposito pacifista – chiede al ragazzo di tagliargli le unghie così da renderlo inoffensivo (fig. 7). 
Fig 8 Golia, Il bombardamento
Quando però il felino propone di chiamare “uomo” e non più “bestia” chi non rispetta le nuove regole, Tranquillino s’offende, perde il controllo e, scovato un monoplano, vola sopra l’assemblea e la bombarda fino a distruggerla interamente (fig. 8). 
La prima prova, dunque, non è superata (questo non è detto nel testo, è l’implicito che il lettore deve ricavare). Tranquillino, allora, pentito, ritorna al proposito iniziale: rifare il mondo su basi nuove. Ma come? 
Uno gnomo gli suggerisce di rifarlo sotto terra, metodo che gli permetterebbe di rifuggire ogni negativa influenza del vecchio mondo. Proposta accettata: tutti insieme discendono dentro una tortuosa galleria, dove il ragazzo si mette a scavare, frugare, esplorare. 
Fig 9 Golia, L'elmo dell’imperatore Guglielmo
Anche qui riaffiorano truci ricordi: insieme a ogni sorta di strumento d’offesa (armi, patiboli, ecc.), riemerge perfino l’elmo dell’imperatore Guglielmo (fig. 9). Vedendo ciò,  Tranquillino si arrabbia con il nano  e gli sferra un pugno così vigoroso che lo fa sprofondare nel terreno. I due bimbi, per effetto del colpo, vengono rimbalzati in riva al mare sopra la groppa di una sirena.
Anche la seconda prova è dunque fallita. 
Ora si tenterà di rifare il mondo nuovo nelle profondità marine, dove la sirena posa i due, che si giocano l’ultima possibilità: come in ogni fiaba, infatti, anche qui le prove non possono essere che tre. 
Fig 10 Golia, Nelle profondità marine
Purtroppo, però, anche laggiù si evidenziano delle difficoltà. Stavolta sono i relitti della precedente guerra, riaffiorando, a impedire l’opera: un’ancora, un siluro e poi cento corazzate crivellate di colpi, mine e sommergibili (fig. 10). 
Fig 11 Golia, Il Tritone
Ma a creare problemi è soprattutto un curioso personaggio (fig. 11). Si tratta di un Tritone che, prima d’essere un nume acquatico, era vissuto in terra con il nome di Palamidone: 

In vita faceva il nesci, 
dormiva sempre e non pigliava pesci.

Vi si riconosce senza troppa fatica la caricatura di Giolitti, già oggetto delle sferzate sarcastiche di Golia nelle pagine della rivista “Numero”. L’acredine con cui si esprime costui, indispettisce Tranquillino che non riesce fare a meno di tiragli contro una torpedine. Per effetto del lancio, i due bimbi vengono catapultati fuori dal mare. 
La terza e ultima prova è anch'essa fallita. 
Atterrati sani e salvi sopra un’isola, non tardano ad imbattersi in altre tracce di offese umane: delle frecce conficcate nella corteccia di un albero. A questo punto Tranquillino decide di abbandonare la grande impresa di rifondare il  mondo, non sentendosene degno. Invoca quindi il Padre Eterno cui esprime il pentimento per avere “presunto troppo”. Impietosito, questi alza la mano per attuare una nuova creazione. Ma, proprio allora, Tranquillino compie l'ennesima azione malvagia, calpestando un rospo repellente che gli si para davanti. 
Rattristato da questa nuova crudeltà, Dio si ferma, comprendendo che l'edificazione di un mondo nuovo è davvero un'impresa impossibile, poiché la violenza dimora dappertutto, anche nei bimbi. 
Fig 12 Golia, In volo
Così Dio si limita a prendere  Tranquillino Sirenetta tra le braccia, portandoseli in Paradiso (figg. 12 e 13). 
Fig 13 Golia, In Paradiso

La strana e malinconica fiaba di Tranquillino termina così, senza alcuno reale scioglimento narrativo. Golia, che dalle pagine della rivista satirica "Numero" appoggia con fervore le tesi interventiste, sembra qui preda di presagi funesti. La guerra non è ancora iniziata per l’Italia, ma altrove già imprime segni devastanti sulla carne e sulla Terra. Segni che l'artista, avvertendone tutta la dolorosa valenza, non può fare a meno di rappresentare.
Carol Morganti
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(nota 1) Come in Pentolino e la grrrande guerra, non vi sono cenni alla partecipazione dell’Italia al conflitto, per cui si dovrà desumere che la stesura dell'opera sia precedente al maggio del 1915.

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