Militari all’Ospedale di Viareggio: disegni di G. Focardi (agosto-settembre 1917)

Fig. 1 G. Focardi, Distesi nel letto (16-8-17)
Il tema della tristezza costituisce il sottofondo poetico di una parte non marginale della produzione d’arte nata in seno alla Grande Guerra, accomunando voci disparate di artisti d'ogni fronte sui valori universali dell’antimilitarismo, del rifiuto della guerra e delle sue orribili conseguenze. 
In questo intervento presentiamo in esclusiva una raccolta inedita di disegni, recentemente rinvenuti dall'associazione ArteGrandeGuerra: una testimonianza artistica e umana della vita quotidiana dei soldati all'interno di un ospedale militare, un corpus di 26 disegni (tutti datati tra la seconda metà di agosto e la fine di settembre del 1917) in cui il silenzio e la tristezza rappresentano la nota dominante.  

Le opere raffigurano uomini feriti o in convalescenza presso l’Ospedale Territoriale della Croce Rossa di Viareggio, come si può desumere dalla scritta apposta su una di queste opere: “A VIAREGGIO (Osp. C.R.)”. Sappiamo che in questo ospedale (la cui sede si trovava in Palazzo Moretti, poi sede dell'Istituto Professionale "G. Marconi" e oggi di proprietà privata) giungevano dalle zone di combattimento numerosi feriti e che molti vennero curati dal professor Guido Zeppini, fondatore e direttore della struttura (nota 1). La totalità dei disegni reca la firma di “G. Focardi”, maestro di cui non abbiamo potuto rintracciare l’identità (nota 2). Le opere non forniscono elementi, neppure indiretti, per capire a quale titolo l’autore potesse trovarsi nell’Ospedale toscano. È ipotizzabile che fosse un paziente, ricoverato in quanto ferito in guerra, oppure che appartenesse allo staff del personale dell’ospedale: in tal caso si potrebbe pensare a un medico oppure a un’infermiera.

Esaminando le rappresentazioni di questo carnet, vi si coglie, assieme a un’evidente e personalissima omogeneità stilistica, una ricerca espressiva fortemente connotata dal sentimento della tristezza. Ne costituisce il tratto saliente il segno sintetico ed evocativo con cui l’artista ritrae i pazienti dell'ospedale, immersi nel silenzio, sprofondati in un'immobilità malinconica e pensosa. Da rilevare la non volontà di pervenire a una definizione psicologica dei soldati, l'assenza nell'immagine dei loro drammi che sembrano invece riaffiorare da altri elementi, farsi attribuito non dei soggetti ma degli oggetti. Si noti a questo proposito il valore fortemente espressivo delle pieghe increspate dei tessuti (sorta di sinuose radici abbarbicate fin nell'inconscio dei pazienti), che connotano numerose scene. 

Le opere eseguite tra la metà e la fine di agosto del 1917 sono quelle maggiormente caratterizzate da atmosfere di mestizia e depressione. Nella fig. 1 una ripresa leggermente rialzata va a cogliere la vita silente e monotona di una camerata, dove l’ordine perfetto degli oggetti e il geometrico ripetersi degli elementi dell’arredo (caraffe, tavolini, spalliere dei letti) fanno da contrappunto ai corpi dei soldati malati distesi nei loro letti. 
Fig. 2 G. Focardi, Uomo disteso (17-8-17)
Nella fig. 2 è raffigurato un malato di spalle, disteso nel suo letto in atteggiamento pensieroso. Davanti a sé l'uomo vede solo dei letti vuoti, ordinatamente ubicati nello spazio della camerata secondo una monotona quanto rigorosa simmetria. A cosa mai penserà? Agli eventi traumatici del conflitto? Alla guarigione?  Alla casa lontana? Forse. Di ciò lo spettatore non può sapere nulla di preciso. L'interiorità del militare, la sua profonda prostrazione, gli si rivela però dal senso d'inerzia e d'innaturale immobilità che domina la scena. 
L'ambiente dell’ospedale potrebbe sembrare, in queste opere, una “realtà separata” dal mondo esterno, una sorta di artificiosa negazione del disordine e del caos distruttivo della guerra; e gli stessi pazienti che vi compaiono, cupi e sconsolati, sembrano del tutto partecipi di tale atmosfera (ma torneremo su questa considerazione, ribaltandola in parte, al termine del presente intervento). Le più tipiche manifestazioni interiori prodotte dai traumi vissuti dai soldati in guerra, come vengono descritte dai medici che le hanno documentate, erano proprio uno stato di inerzia, indolenza, inoperosità, assopimento, depressione, ottusità, e nei casi più gravi, follia (A. Gibelli, L’officina della guerra, p. 127).  
Fig. 3 G. Focardi, Malato che mangia (21- 8-17)
Perfetto nella sua essenziale e quasi metafisica bellezza è il disegno che raffigura un malato seduto (fig. 3), la testa visibilmente fasciata, totalmente assorto nell’atto di consumare la sua zuppa. Circondato da oggetti d'uso comune, distribuiti dall'artista con l'abituale rigore geometrico, il protagonista della scena appare tanto profondamente immerso nella vita immobile delle cose dell'ospedale da sembrare lui stesso parte integrante di questo mondo silenzioso e inanimato.
Fig. 4 G. Focardi, Malato che dorme I (27-8-17)
Nell'opera di fig. 4 viene riproposta la prospettiva di una camerata d’ospedale. Vi si scorge un degente che dorme nel suo letto, le gambe rialzate lungo una traiettoria obliqua che interrompe le linee verticali delle testate dei letti.
Fig. 5 G. Focardi, Malato che dorme II (27-8-17)
In questa serie di disegni, costituiti da un numero ridotto di elementi ossessivamente ripresi, l'osservatore diviene recettivo anche alle più piccole variazioni apportatevi dall'artista. Nella fig. 5 alla ripresa frontale e rialzata, comune a diverse raffigurazioni, si aggiunge un elemento che mette in rilievo, per contrasto, la rigorosa struttura spaziale della scena: si tratta delle ombre minacciose che si proiettano sulla parete di fondo, dietro al letto su cui riposa un malato disteso su un fianco. In un luogo dove tutto è immobile e nulla sembra poter accadere, quelle ombre vibranti (messaggere del Tempo che comunque continua a scorrere) assumono un ruolo sinistro e perturbante.
Fig. 6 G. Focardi, Uomo seduto che medita (31-8-17)
Il disegno di fig. 6, datato 31 agosto 1917, ritrae, con superba penetrazione psicologica, la muta solitudine di un paziente, il cui sguardo fisso e il gesto teso con cui stringe a sé una gamba, lasciano trasparire un malessere, un disagio esistenziale. Non infrequente, tra le sindromi descritte dai medici, erano gli stati di agitazione, di turbamento, di tremore e la difficoltà a riposare in soggetti “sottoposti a lunghi bombardamenti e che hanno visto cadere molti compagni” (A. Gibelli, L’officina della guerra, p. 127).

L’atmosfera di tristezza che costituisce la nota dominante dei disegni visti fin qui, non si allenta neppure nelle opere che ritraggono dei personaggi in situazioni di maggiore distensione, come in quelli datati al mese di settembre del 1917. 
Fig. 7 G. Focardi, Uomo seduto a terra davanti a una balaustra (2-9-17)
Nel disegno di fig. 7 il protagonista è un paziente convalescente, seduto a terra nei pressi di una balaustra cui ha poggiato la sua stampella. Nonostante la scena sia ambientata all'aria aperta e l'uomo mostri una posa rilassata, il suo sguardo non punta verso l'esterno ma nella direzione dell'ambiente claustrofobico dell'ospedale (invisibile all'osservatore)  e pare seguire pensieri malinconici. 
Fig. 8 G. Focardi, Uomo che legge a letto (8-9-17)
Anche il malato assorbito nella lettura, raffigurato nel disegno di fig. 8, evidenzia nella spossatezza con cui si abbandona tra le coltri del suo letto, un senso di profonda mestizia. 
Fig. 9 G. Focardi, Degente in meditazione (9-9-17)
Lo stesso sentimento traspare negli occhi di un militare con una croce apposta sulla casacca (forse una croce al valore) in un disegno del 9 settembre 1917, fig. 9, e nel volto di un altro che sta scrivendo una lettera, fig. 10, cui però la presenza di alcune linee curve nella testata metallica del letto dona una particolare levità.
Fig. 10 G. Focardi, Uomo che scrive (11-9-17)
Misteriosi e indecifrabili sono i pensieri che sembrano occupare la mente dei due pazienti distesi sul letto, con le mani incrociate dietro la nuca, rappresentati nei disegni eseguiti rispettivamente in data 13 e 30 settembre 1917 (figg. 11 e 12). 
Fig. 11 G. Focardi, Uomo che dorme (13-9-17)
Solo un vago senso d’infelicità si percepisce nell’espressione del loro viso colto da tratti spessi e indagatori.
Fig. 12 G. Focardi, Uomo disteso con le gambe sollevate (30-9-17)
A conclusione di questa disamina, è imprescindibile domandarsi cosa rappresenti il cosmo-ospedale per l'artista. Come abbiamo visto, l'ospedale viene sempre raffigurato come uno spazio rarefatto, quasi metafisico, scandito da oggetti d'uso quotidiano ossessivamente disposti in un ordine rigoroso. I pazienti sembrano isolati, bloccati in una stasi malinconica e abbandonati a loro stessi: medici e infermiere sono del tutto assenti dalle immagini. Un vuoto congelato e spersonalizzante domina la vita dei soldati, non troppo diversamente, in fondo, da quando si trovavano in trincea. In questo senso l'ospedale e le sue atmosfere alienanti non si oppongono alla guerra ma ne rappresentano una fase necessaria. Il malato è ridotto a cosa, non rappresenta che un prodotto di scarto della macchina insaziabile della guerra, che deve essere rimesso in ciclo.

Carol Morganti
Dario Malini
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nota 1: Cfr.: su Guido Zeppini, grande benefattore cittadino, attivo dapprima come medico professionista nella città e poi volontario nella cura dei malati colpiti da epidemia di colera e vaiolo e ricoverati nei lazzaretti, si veda la testimonianza di Claudio Bolelli nel catalogo della mostra Il Piave mormorò. La grande guerra nelle foto del capitano medico Guido Zeppini, Calci 2012, p. 4
nota 2: Il cognome Focardi potrebbe rimandare alla nota famiglia di artisti toscani, che ebbe i suoi maggiori rappresentanti in Ruggero, pittore e incisore (Firenze 1864 - Quercianella 1934), e nel fratello Giovanni, scultore attivo in Inghilterra (Firenze 1842 - ivi 1903); tuttavia, sulla base delle informazioni in nostro possesso, non è documentato alcun legame di parentela del disegnatore con questi illustri personaggi. 


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