Satira di guerra: l'universo femminile

Come venne visto e vissuto, in una società arretrata come quella italiana, il vistoso fenomeno dell'emancipazione femminile prodottosi nel corso della Grande Guerra? Cercheremo di comprenderlo, o almeno di intuirlo, utilizzando una delle voci più limpide e dirette che, da sempre, è a disposizione della storiografia: quella della satira. 
La retorica dei discorsi ufficiali trattava la donna più o meno così (versi tratti dal numero 39 de Il giornale del soldato, anno 1915):
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I giornali satirici, nonostante l'indiscutibile vena nazionalista e patriottica imposta dalla censura in quegli anni, possono al contrario dirci molte cose interessanti riguardo al modo di pensare e di ridere degli italiani.
Le illustrazioni che seguono sono tutte tratte dalla rivista “Numero”, che uscì per tutto il corso della guerra.
Diremo subito che le donne vengono bistrattate in gran parte delle vignette, rappresentate sovente come esseri sofisticati, superficiali e viziati, sostanzialmente indifferenti alla terribile realtà del fronte. Il gioco è reso più facile dal fatto che ad essere presa di mira è esclusivamente l'agiata classe borghese, mentre il popolo viene del tutto ignorato.


Cominciamo con una vignetta del 1915, intitolata “Censura”, nella quale l'autore, Sacchetti, oltre che della semplicità della sofisticata donnina, si prende gioco dell'incomunicabilità imposta dalla censura:
- Allora partite stasera?
- ...............................
- E dove andate?
- ...........................

Ma già nel 1916, in “Anno nuovo… vita nuova”, Bianchi asserisce che, in ogni caso, il gergo militaresco non è cosa da donne:
- Sai? Ho deciso di cambiare corpo.
- Non mi desideri dunque più?

Nello stesso anno, nella  vignetta “Partenza!”, Bianchi mostra come la partenza di lei, a differenza di quella dei soldati, sia cosa di cui sorridere:
Partenza!

Né il 1917 porta sostanziali novità alla considerazione di cui gode l’altra metà del cielo, se ancora Bianchi, in “Inverno 1917 - 1918”, può ironizzare con tanta levità sull'indifferenza delle ragazze verso i fidanzati che stanno in prima linea:
- Quante lettere d'amore, che frasi ardenti!...
... Ecco risolto il problema del riscaldamento!


Il 1918, ultimo anno di guerra, si apre con un'immagine materna di lugubre festosità:
Non più l'arco e lo strale, ma un 305!


Chiudiamo questa sommaria disamina con una vignetta di Golia, uno dei maggiori illustratori dell'epoca, che, a guerra finita, celebra il momento in cui il  soldato e l'amata si ritrovano dopo tanto patire. Nel disegno, dal titolo "Patria e famiglia", la frase della ragazza pare di un conformismo nazionalista che rasenta il cinismo, negato tuttavia dall'espressione partecipe con cui accoglie il combattente. Ne risulta una situazione sommamente ambigua in cui la donna non fa una gran figura. La scena, in definitiva, altro non parrebbe che il chiaro auspicio di un rapido ritorno alla situazione pre-bellica: uomini e donne, come se nulla fosse successo, devono affrettarsi a tornare nei ranghi.
Adesso ti permetto di pensare a me!

Dario Malini

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