Soldati all'attacco


Vedevo i ragazzi salire di corsa all’assalto, entro e fuori i camminamenti, e scendere, quasi in numero uguale, in barella o portati a spalla da qualcuno, con le braccia o le gambe divelte dalle granate. Il senso del dovere e il coraggio dei soldati, assieme ai due grandi motori della guerra, la coercizione e l’alcol, davano sostanza e una sorta di ordine all’immane carneficina.
Walter Giorelli
(da Il sorriso dell'obice di Dario Malini, Mursia editore)

Alla staticità che caratterizza le scene di trincea si contrappone il movimento delle rappresentazioni di battaglia. E non è probabilmente senza significato se nelle operazioni di attacco gli artisti rappresentino tanto di frequente degli uomini senza espressione, simili l’uno all’altro come foglie autunnali di uno stesso albero.


fig. 1
Duri, insensibili, lo sguardo impenetrabile, i militari raffigurati da André Fraye nell’acquaforte “Soldati all’attacco” (fig. 1) appaiono tutti uguali, privati dalla guerra di ogni connotato individuale.


fig. 2
Ugualmente anonimi e antieroici sono i militari ripresi alla puntasecca da Anselmo Bucci in En tire (fig. 2), del 1917. Si direbbe che il grande gioco della guerra miri a soffocare e uccidere, ancor prima dell’esistenza fisica, l’interiorità dei soldati. Ed ecco che la parte più intima e profonda del combattente si fa fredda, dura, prosciugata, totalmente disanimata, come pietra.


fig. 3
I soldati bavaresi tratteggiati dall'artista espressionista tedesco Walter Teutsch in Stürmende Bayern (fig. 3), caricano alla baionetta preda di un vero e proprio furore guerriero: sono macchine di distruzione senza più alcun barlume di umanità. A questa potente immagine non troviamo miglior commento che il seguente brano di Remarque, nel quale il momento dell'attacco risuona di puro delirio di autoconservazione:
«Corriamo curvi come gatti, travolti da quest'onda che ci porta e ci fa crudeli, ci fa briganti, assassini, demoni magari, da quest'onda che moltiplica le nostre energie nell'angoscia e nella rabbia e nella sete di vita, e ci fa cercare e conquistare la salvezza» (Erich Maria Remarque, Niente di nuovo sul fronte occidentale).
fig. 4
Per Luc-Albert Moreau, il momento dell’attacco diviene occasione di una rigorosa riflessione formale sull’essenza stessa della guerra. Nell’olio L’heure H (fig. 4), datato 1935, in cui l’artista rielabora dopo anni la sua esperienza al fronte, i protagonisti dell’azione non sono che puri elementi geometrici disposti lungo una linea che taglia il quadro in diagonale: lungi dall’apparire degli eroi, essi sono semplici macchine da guerra, elementi privi di volontà, perfettamente compenetrati nel paesaggio come nel ruolo loro assegnato dai piani dei generali.


fig. 5
Infine, il maestro belga Henry De Groux nell’acquaforte Le gas (fig. 5), del 1915, inaugura la nuova iconografia dell’attacco con i gas venefici (impiegati per la prima volta proprio nel 1915, nella seconda battaglia di Ypres). L’aspetto grottesco dei soldati diviene il modo di denunciare il nuovo orrore e l’orribile metamorfosi, ad un tempo esteriore ed etica, capace di trasformare l’uomo in un mostruoso essere distruttivo.

Carol Morganti

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