La disillusione nel volto dei soldati

Piove, piove, piove. Il mio animo, invece d’essere banalmente rannuvolato, è colmo d’acqua. È autunno e i pensieri nostalgici si staccano dal mio albero come foglie secche. L’Isonzo in piena è cupo e limaccioso, e cupo e limaccioso sono anch’io.
Walter Giorelli 
(da Il sorriso dell'obice di Dario Malini, Mursia editore)

L’esame delle raffigurazioni di militari impegnati nella Grande Guerra, realizzate in diversi periodi del conflitto, permette di caratterizzare le varie fasi dalla realtà bellica.


I soldati che marciano di Le Blant presentano la tipologia del volontario del 1914, che intende la guerra come progetto nazionale e comunitario e ne incarna con entusiastica incoscienza le aspettative ideali. I soldati effigiati in due incisioni dello stesso artista, Le peristile de la gare de l’est e Soldati seduti in attesa, rimandano invece al tipo dell’esausto e del rassegnato, fatale germinazione della guerra industriale in tutte le sue dimensioni e in tutta la sua potenza distruttiva.


In Le peristile de la gare de l’est , datata 1916, i soldati seduti sugli scalini all’ingresso della stazione appaiono spossati e sfiduciati. Pur mescolati ai civili, sono come chiusi in un mondo parallelo, marchiati da una sorta di fatale diversità.


Analogamente, Soldati seduti in attesa, del 1917, mette in risalto la spossatezza, l’abbandono, la passività e l’estraniazione di uomini fortemente provati dall’esperienza vissuta.
Nei militi, via via che una guerra interminabile ne spezzava le difese psichiche, si andavano delineando ora i segni della nevrosi da combattimento ora il distacco malato che comporta l’adattamento a un ambiente inaccettabile. Per poter sopravvivere, il sodato fu costretto a diventare, per utilizzare alcune pregnanti espressioni dello scrittore Leed, «enigmatico nei confronti di se stesso», «straniero ad uomini e cose della sua precedente esistenza».

Carol Morganti

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